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[Recensione] Annabelle (di John R. Leonetti, 2014)
Creato il 07 ottobre 2014 da Frank_romantico @Combinazione_CTU MI FAI GIRAR COME FOSSI UNA BAMBOLA
Oggi parliamo di bambole. No, non sono impazzito, né il blog ha cambiato improvvisamente tematiche. Si tratta invece di un argomento per nulla scontato, colmo di input interessanti e adatto ad introdurre il film di cui parlerò oggi. Quindi, dicevo, bambole. Cosa sono le bambole? Qualcuno potrebbe rispondere semplicemente "giocattoli", qualcun altro invece "oggetti da collezione", altri ancora "la riproduzione di un essere umano". E tutti avrebbero ragione e torto allo stesso tempo. Credo che tutto abbia avuto inizio nel momento stesso in cui l'essere umano, incapace di comprendere l'incomprensibile e svilito dalla propria inadeguatezza a tale scopo, decise di dare all'incomprensibile un nome ed una forma. Il pianeta terra, gli elementi, il cielo, il mare. Dio. Ridurre tutto in scala per porlo al suo stesso livello, facendo quel che egli pensava il creatore avesse fatto con lui: ridurlo a propria immagine e somiglianza. Per questo le prime bambole non erano altro che riproduzioni rituali che permettevano all'uomo di fare quel di cui egli non era mai stato capace: esercitare un controllo.
Quindi la bambola non solo come oggetto, la bambola non solo come giocattolo ma la bambola come "tramite", verso cosa lo decide il creatore o l'utilizzatore. A conti fatti una funzione che rende le bambole inquietanti e attraenti allo stesso tempo.
Umani ma non umani. Incarnazione di un'idea. Le bambole (e i bambolotti) prima dei robot, compagni e strumenti dell'uomo. Limitati, imperfetti. Molto spesso un'imperfezione che riguarda la mancanza più metafisica tra tutte: quella dell'anima. E allora la bambola, nata per essere un tramite, diventa un contenitore, perché quel che è vuoto vuole essere riempito. Ed è da qui che, forse, deriva la leggenda delle bambole maledette.
Le bambole maledette, per quanto mi riguarda, sono la rappresentazione del perturbante. Probabilmente è per questo che, nel cinema horror, hanno avuto tanta fortuna e continuano ad averne, ultimo esempio il film in esame oggi, Annabelle di John R. Leonetti, pellicola spin-off dell'ormai celebre The Conjuring di James Wan (2013) e ispirata alla vera (?) storia di una bambola maledetta che negli anni '70 fece parlare di se. Storia legata, tra l'altro, al nome dei famosi Ed e Lorraine Warren, coppia di indagatori dell'incubo e del mistero riconosciuti persino dalla Chiesa Cattolica.
LA VERA STORIA DI ANNABELLE
Annabelle è una bambola Raggedy Ann che un giorno degli anni '70 l'infermiera Donna ricevette in regalo da sua madre. Una bambola qualunque, molto conosciuta in America, che la ragazza ospitò nella stessa casa in cui viveva con l'amica Angie, sua collega infermiera. Solo che, a quanto pare, Annabelle non era affatto una bambola comune. Donna e Angie lo capirono quasi subito notando gli spostamenti della stessa in giro per la casa, il ritrovamento della Raggedy Ann in strane posizioni e la scoperta di bigliettini scritti con calligrafia fanciullesca e cera rossa all'interno dell'appartamento. In un primo momento, dopo essersi rivolti ad un medium, sembrò che la bambola venisse controllata dal fantasma di una bambina, tale Annabelle Higgins, che non voleva fare altro che abitarla per vivere con le ragazze godendo del loro affetto. Cosa improbabile persino in termini paranormali, poiché uno spirito non può e non potrà mai possedere un oggetto. Quindi, in seguito all'amplificarsi dei fenomeni (che divennero persino violenti), Donna e Angie si rivolsero ad un prete che, a sua volta, coinvolse i coniugi Warren, E a sentire loro, la bambola non era affatto il tramite del fantasma di una bambina bensì quello di un demone che, interessato all'anima di una delle ragazze, provava a sfiancare il loro spirito attraverso le azioni della bambola stessa. Fu così che, in seguito ad un esorcismo, Ed e Lorraine presero il custodia Annabelle che tutt'ora risiede nel loro museo, imprigionata in una teca di cristallo.
Ovviamente, a voler credere a storie come queste, ci sarebbe da impazzire. Perché basta guardare in faccia la vera bambola Annabelle per capire che non è diversa da molte altre Raggedy Ann tanto di moda dall'inizio del '900 alla fine degli anni '70. Ed è proprio di questo che si tratta ed è proprio questo che fa così tanta paura: il comune che diviene straordinario e irrazionale. Non ci passa nemmeno lontanamente per la mente che le bambole, tanti (troppi) anni fa erano utilizzate proprio come strumento magico o sacrale e che in alcune culture lo sono ancora (voodoo), mentre la nostra ormai ha deciso di estromettere questi elementi dal quotidiano.
IL FILM
La Annabelle di celluloide pensata da James Wan in The Conjuring esteticamente non ha molto in comune con la bambola originale, piegata com'è ai canoni estetici del regista malese. Canoni che sono rimasti invariati (ovviamente) anche nel lungometraggio a lei dedicato in cui Wan si autorelega nelle vesti di produttore e la regia passa nelle mani del suo storico direttore della fotografia, quel John R. Leonetti conosciuto dietro la macchina da presa per due film in croce: i bruttissimi Mortal Kombat - Distruzione totale e The Butterfly Effect 2. Poco da aspettarsi, molto da temere e in effetti Annabelle, alla visione, si rivela per quello che è: un film mediocre.
John Farm compra una bambola da regalare alla moglie Mia, collezionista e da sempre alla ricerca di quel modello in particolare. Una notte la coppia, lui dottorando in medicine e lei incinta, viene aggredita da una coppia di satanisti. Per fortuna la polizia interviene ma, poco prima di morire, Annabelle (una degli aggressori) getta una maledizione sulla bambola.
Annabelle si colloca negli anni precedenti a quel che ci viene mostrato all'inizio di The Conjuring quindi, da un certo punto di vista, potremmo addirittura definirlo un prequel. Anche se, no, non lo è, Annabelle è il film sulla bambola maledetta più famosa al mondo e anche solo per questo avrebbe meritato più rispetto. Non mi stupirei nemmeno se la vera Annabelle si stesse rivoltando nella sua bella teca di vetro ed eviterei persino, in futuro, di proiettare il film di fronte a lei, altrimenti povero Leonetti.
Ah, sì, Leonetti. Che a questo regista/direttore della fotografia abbia fatto bene lavorare con James Wan per tanti anni mi sembra addirittura lapalissiano. Basta aver visto i suoi lavori precedenti per capirlo. Anzi, è evidente che questo regista cerchi in tutti i modi di imitare il suo più famoso collega arrivando persino ad identificarsi con la sua poetica. Il bello è che ci prova, quasi ci riesce ma alla fine fallisce miseramente e questo perché Wan, con tutti i suoi difetti, è forse il miglior regista horror commerciale attualmente in circolazione. Il principale problema di Annabelle è tutto qui: è un film senza identità, che prova a fare il verso ad altri film (alcuni ottimi, altri buoni, altri ancora semplicemente brutti) e si perde tra noia e improbabilità. E con questo non voglio nemmeno definirlo un film brutto: sarebbe addirittura troppo. Solitamente preferisco premiare il brutto a scapito dell'insignificante, 'ché il brutto si ricorda per sempre, l'insignificante si rimuove dalla memoria. Leonetti prende quanto di buono aveva fatto Wan con The Conjuring, lo mischia a quanto di pessimo aveva fatto Wan con Insidious, scechera tutto e condisce con citazioni e riferimenti a La Bambola Assassina e Il Messaggero. Il risultato è un cocktail insipido, con una prima parte da coma profondo, tre scene di qualità e paurosissime (che non voglio spoilerare), un finale inutile e scontato, tanti "boooo" col walkie talkie e una fotografia riuscita (e ci mancava sbagliasse pure quello).
In più si permette di citare (ma diciamo anche plagiare) non una ma numerose volte Polanski e il suo Rosemary's Baby così apertamente da far quasi tenerezza. Roba da camicia di forza.
Ora, io non sono un particolare estimatore di James Wan, incapace di imbroccare un finale che sia uno ma a cui riconosco tecnica e conoscenza. Non stimo particolarmente i film di questo regista nonostante siano girati tutti (+ o -) con i controcoglioni. E allora cosa dire di più di Annabelle se non che per me è un film di James Wan senza la bravura di James Wan? E non bastano i momenti riusciti (ripeto, tre in croce) a sollevare le sorti di un qualcosa che praticamente non decolla mai, che fa il pessimo errore di mostrare e di non procedere mai per sottrazione.
Con quegli attori atoni. Con quella musica riciclata. Con quella totale mancanza di polso nel raccontare una storia spaventosa che, appunto, aveva solo bisogno di abilità nell'essere raccontata. E alla fine si rimane sconcertati, delusi o irritati. A seconda dei casi.
Ah, poi è ovvio, la paura e soggettiva. E su quella si può sempre fare affidamento quando si guarda un film horror. Solo che no, per me forse non è più abbastanza. E allora mi vado a rileggere la vera storia di Annabelle, che mi spaventa sicuramente di più.
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