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recensione: Antichrist

Creato il 01 novembre 2010 da Alejo90
di Lars von Trier - Danimarca/Germania/Francia/Svezia/Italia/Polonia 2009 - drammatico/fantastico/horror - 104min.
Lui (Willem Dafoe, straordinario) e lei (Charlotte Gainsbourg, Palma d'oro a Cannes per migliore attrice) copulano senza badare al figlioletto che, attratto dai fiocchi di neve che cadono oltre la finestra della sua cameretta, si sporge fino a precipitare sulla strada, morendo. Lo schock è enorme, soprattutto per la donna, soggetta ad ansia e stati di panico incontrollati. L'uomo, che è anche terapeuta, cerca di curarla, guidandola in un viaggio nel suo subconscio alla ricerca delle sue più profonde paure, per cercare di estirparle. Pare che ci sia un luogo in particolare a spaventarla: Eden, una località boschiva in cui lei aveva passato del tempo con il figlio l'estate precedente, mentre stava lavorando ad una tesi circa la persecuzione delle donne nel corso della storia. I due si recano quindi a Eden con la speranza che lei guarisca.
Ci sono film che sono paradigmatici della filosofia del loro autore (l'esempio più lampante è Matchpoint di Woody Allen); poi ce ne sono altri, rappresentativi del loro pensiero, inteso sia come loro psicologia che come struttura dei loro processi cognitivi, di come essi intendono la realtà e di come funziona il loro processo creativo (INLAND EMPIRE di David Lynch è tutte queste cose insieme); e poi c'è Antichrist di Lars von Trier, che è sia contenitore degli elementi precedentemente citati, sia qualcosa di diverso e opposto.
Questo film, uno dei maggiori capolavori della storia della cinematografia, è innanzitutto la summa del cinema precedente del regista danese: c'è la sua ossessione per la ricerca di uno stile visivo e sonoro unici, del tempo di ripresa perfetto, della provocazione scopica e sensoriale in generale, del racconto allegorico-fantastico mascherato da narrazione iperrealistica.
Con qualcosa in più.
Già dal titolo, il film evidenzia la peculiarità di essere un film CONTRO: contro il precedente cinema del regista, contro il cinema in generale, contro Cristo. Lars von Trier, il "grande masturbatore dello schermo", va contro tutto e tutti, solo e disperato, con un antifilm che disorienta, disgusta, sconvolge, scandalizza, sconquassa. Reduce da una profonda depressione, il regista realizza una pellicola che non lascia scampo dal male aberrante che mette in mostra; i suoi film precedenti erano solitamente tristi e sconsolati, eppure venati di un'ironia beffarda (The Kingdom - Il regno), di un cipiglio sardonico, supponente (Epidemic, "Europa"), di una giocosità fredda che sfiora il sadismo e che ha reso il regista antipatico a molti spettatori (si pensi all'ambiguità di un film come "Le cinque variazioni", o al disprezzo per il genere umano mostrato ne "Il grande capo"), oppure di un finale aperto al cambiamento, alla speranza dell'avvento di un Bene superiore (o quantomeno equivalente) al Male che era stato mostrato nel corso della narrazione (Le onde del destino). Antichrist non è nulla di tutto ciò: non è divertente, non ha un lieto fine, non è per nulla piacevole come visione, anzi è disturbante. La pellicola, dedicata a Tarkovskij, sembra quasi un congedo da tutto ciò che l'ha preceduta: è come se von Trier ringraziasse, ma dicesse no all'uso di schemi, forme e contenuti del cinema che è venuto prima di lui. Come al solito, questo atteggiamento ha spaccato in due critica e pubblico, suscitando critiche spietate da una parte e appassionati elogi dall'altra. E' il corrispettivo di ciò che accade in ambito scientifico quando viene proposta una teoria rivoluzionaria che incontra il favore degli studiosi più progressisti e l'astio di chi ha creduto e lavorato per anni (o per la vita) al modello ritenuto valido fino a quel momento. Questa presa di posizione, che espone il regista e la sua opera ad una pressione ed attenzione altissima, è conseguente al fatto che Antichrist sia l'incarnazione filmica del suo creatore: Lars von Trier è l'Anticristo, colui che distrugge, scardina, frantuma ideali e certezze per darci in cambio dolore, sofferenza e disperazione (Grief, Pain, Despair, i "tre mendicanti" che tanta importanza hanno nello svolgersi degli eventi raccontati).
Il mondo raccontato da von Trier (e quindi, nella sua ottica, la nostra realtà) è infine privo di Cristo, di un qualsivoglia Dio buono e misericordioso. E'anzi un mondo ostile all'uomo, a cominciare dalla Natura, infida, selvaggia, ingovernabile; per non parlare della natura umana, caotica, nichilista, distruttiva e (quindi) autodistruttiva. Ciò si palesa in particolare nel rapporto tra Uomo e Donna: due opposti che si attraggono senza riuscire a conciliarsi, anzi erodendosi a vicenda, e non permettendo la coesistenza di entrambi; uno prevale sull'altro, ed in particolare l'Uomo sulla Donna. "Lascia ch'io pianga la mia cruda sorte/ E che sospiri la libertà" recita la celebre aria del Rinaldo di Handel, colonna sonora del film.
Ma se per la Donna il destino è segnato, non va molto meglio per l'Uomo: torturato, seviziato e infine solo.
Ricco di sequenze magistrali, inedite per intensità e violenza, magnificamente interpretato da due attori eccezionali, contrassegnato da una colonna sonora e una fotografia memorabili, Antichrist è semplicemente un film imperdibile, incredibile ed indimenticabile.
Voto: 5/5

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