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Recensione: Big Hero 6

Creato il 30 dicembre 2014 da Justnewsitpietro

Recensione: Big Hero 6
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Uscita nelle sale: 18 Dicembre 2014

Regia: Don Hall, Chris Williams

Musiche: Henry Jackman

Produzione: Usa

Genere: Animazione

Durata: 108 min.

Nel suo 54° lungometraggio, la Disney dimostra una volta per tutte di aver abbandonato la sdolcinatezza e la leziosità che l’ha caratterizzata almeno fino a prima di Toy Story e di guardare sempre più al di là dei confini nazionali. In Big Hero 6, vagamente ispirato a un fumetto della Marvel inedito in Italia, si recupera un topos fantascientifico, pur mantenendo intatta la poetica del trauma della perdita di un familiare (una costante in ogni lungometraggio: le famiglie felici non esistono).

In una città futuristica, San Fransokyo (incrocio tra San Francisco e Tokyo), il giovane Hiro Hamada si diletta negli scontri clandestini tra robot ma ha bisogno di essere salvato dal fratello maggiore Tadashi, uno studente d’ingegneria. Proprio Tadashi muore in un incendio ma lascia in eredità a Hiro un robot, Baymax, programmato per curare non soltanto il fisico ma anche la mente. Hiro però non si dà pace e vuole vendicare la morte di Tadashi e quando uno dei suoi micro-bot, capaci di materializzare ogni pensiero di chi li comanda (da cui la frase di Hiro, che allude a quella più celebre di Walt Disney: “Se potete pensarlo, i micro-bot possono farlo”) lo conduce da un uomo mascherato, si rende conto che Baymax va riprogrammato e che più che difendere dovrà uccidere.

Non si possono recuperare gli affetti, è il messaggio di questo innovativo film disneyano, che ripropone un robot come protagonista – qui con un’aria molto rassicurante –, cosa già avvenuta in Wall-E della Pixar. Ma in questo contesto, in particolare, è il rapporto tra uomo e macchina che emerge. Baymax sostituisce Tadashi nel cuore di Hiro, diventandone la proiezione inconscia. Per quanto Hiro cerchi di vendicare la morte di Tadashi, si ritrova costretto ad accettarne la morte e a diventare un eroe improvvisato ma assolutamente ben attrezzato, tanto da creare un nuovo programma per Baymax e da dotare, oltre che il robot, se stesso e i suoi amici di corazze da supereroi che preludono a eventuali sequel. Non a caso il film si conclude con un finale aperto che lascia intendere quanto questa sia solo la genesi di una nuova banda di supereroi, giovani ma intraprendenti.

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Le atmosfere avanguardistiche, poco usuali per un film della Disney, contribuiscono a sancire in maniera definitiva lo stretto legame tra il cinema d’animazione statunitense e quello nipponico, che aveva reso famosi i robot per diverse serie di cartoon.

Secondo film d’animazione sui supereroi della Walt Disney Pictures dopo Gli Incredibili della Pixar, Big Hero 6 conferma non tanto che il cinema d’animazione non sia rivolto solo ai bambini quanto piuttosto la grande varietà delle tematiche trattate ma soprattutto che il pubblico prevalente a cui è destinato si aspetta un prodotto contaminato con il mondo dei fumetti e dei videogiochi, più che con quello delle fiabe e dei romanzi per ragazzi. Un’evoluzione inevitabile, vista l’acquisizione della Marvel da parte della Disney nel 2009, che porterà probabilmente tante altre trasformazioni, non soltanto nella grafica, in cui l’uso del computer è diventata una prassi, ma soprattutto nei contenuti.

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