Recensione: "Blind" (2011-Korea)

Creato il 19 gennaio 2015 da Giuseppe Armellini
Leggo due/tre righe di trama di Blind ed ho quasi la certezza che sia uno degli ennesimi remake-non remake del bellissimo The Eye (che già di suo non era un'idea del tutto originale).
Ma, citando Gaber, "per fortuna e purtroppo" non lo è.
Per fortuna perchè non siamo affatto dalle parti dell'horror e se ci sono presenze/visioni non sono quelle inquietanti della protagonista di The Eye ma oltanto quelle del passato di Soo-Ha, ovviamente quasi sempre generate dal senso di colpa, vero motore, esplicito o no, del 70% delle trame filmiche.
Purtroppo invece perchè il livello, inutile dirlo, è enormemente più basso del mezzo capolavoro dei fratelli Pang.
Quando all'inizio ho sentito urlare il nome della protagonista ("Soo-ah!", "Soo-ah!") alcuni miei neuroni sono andati in tilt, quel grido richiamava altro, probabilmente uno stesso grido, probabilmente uno stesso nome.
Ma sì, dopo 3 minuti ho capito che Soo-Ah era anche il nome della sorella di Woo-Jin in Old Boy, un nome che evidentemente non sono mai riuscito a dimenticare.
Vabbeh.
Blind è un thriller quasi paradigmatico nella sua classicità. C'è un serial killer che rapisce ed uccide giovani ragazze. Anche la protagonista, rimasta cieca anni prima in un incidente stradale, è una delle vittime del killer ma riesce a salvarsi e scappare.
Essendo cieca ha sviluppato talmente bene gli altri sensi che riesce ad aiutare la polizia come e più di una persona vedente.
Il cinema coreano secondo me c'ha un'idea dei poliziotti ancora più comica della nostra.
Vedo Blind, vedo Old Boy (l'inizio), vedo il bellissimo The Chaser, vedo altri, e tutti questi film mostrano le stazioni di polizia come veri e propri circhi equestri di incompetenti, cazzoni e fannulloni. Cavolo, sembrano sketch di Mr Bean quasi. E parlo di film dal forte scheletro drammatico eh.
Qui in Blind uno di questi poliziotti-macchietta è addirittura il protagonista, l'ispettore incaricato di indagare sul caso insieme a Soo-Ah, uno a cui cadono le penne e che reagisce con una specie di banfiano "Oh madonna benedetta" ad ogni cosa che gli succede.
Che dire, è un discreto thriller che ha il tremendo difetto però di non saper essere mai serrato come si conviene dilatando invece le sue vicende all'inverosimile, pieno di riempitivi e scene già viste.
Tecnicamente ineccepibile, ben recitato e con una progressione degli eventi mai pacchiana o inverosimile, il film sembra però non decollare mai del tutto. Anche se la sequenza centrale della metropolitana è davvero notevole per idea, ritmo e montaggio. Scena che poi culmina con un crudelissimo e inaspettato omicidio, quello del cane, che mi ha talmente sorpreso che non nascondo di aver provato un certo malessere nel vederla.
Da lì il film comincia a montare un pò di più per arrivare ad un finale argentiano (l'assassino nascosto dentro casa, al buio, che accende pure lo stereo) che sarebbe pure buono se non celasse all'interno magagne su magagne.
Tipo:
SPOILER!!!
- Ma tutti i bambini dell'orfanotrofio dove sono?
- Ho capito che lei conosce quel luogo benissimo, ma come fa a correre da una stanza all'altra, da un piano all'altro senza mai colpire nulla o inciampare? ma solo io anche in una sola stanza che conosco a menadito, tipo la camera da letto, colpisco con gli stinchi o i pollicioni qualsiasi cosa?
- Lei gli spezza un braccio con una mossa da (ex) poliziotta ma 3 secondi dopo lui muove di nuovo tutto benissimo
- Lei lo brucia, letteralmente, roba da 3 mesi di prognosi in ospedale. E invece lui una volta domate le fiamme si trasforma in una specie di Two-Face che non sembra nemmeno provare il dolore, almeno, di un reduce da una scottatura da uovo al tegamino
Probabilmente il film merita più di quello che può trasparire leggendomi.
E ad un appassionato di thriller lo consiglierei abbastanza a cuor leggero.
Mi vado a leggere due barzellette sui carabinieri coreani va.
( voto 6.5 )

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