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Recensione Cabaret Compagnia della Rancia: la vita e’ un Cabaret? - Visto: 14 novembre 2015 - Teatro: Teatro della Luna Assago (MILANO).

Creato il 17 novembre 2015 da Luana Savastano @VistaSulPalco
Recensione a cura di Luana Savastano.

Dimenticatevi Pinocchio, dimenticatevi Grease, dimenticatevi Frankenstein Junior: questa volta la Compagnia della Rancia ci offre uno spettacolo dal sapore amaro e, per certi versi, tormentato. Struggente nella sua totalità. Uno spettacolo dalle evidenti tinte dark pur avendo nel titolo tutta quella vivacità e quella leggerezza da... Cabaret (il testo di Joe Masteroff si basa sulla commedia di John Van Druten e sui racconti di Christopher Isherwood). Ma è solo apparenza.

Dimenticatevi anche le due precedenti edizioni di Cabaret (quella del 1992 e quella del 2007). Ora, il regista Saverio Marconi fa un lavoro più introspettivo, che tocca le corde più dure della nostra esistenza e ci costringe a mettere in dubbio le nostre certezze, facendoci restare sospesi in aria fino alla fine. E che fine, da brividi!

Il tutto si riflette nelle componenti sceniche, a partire dal sorprendente allestimento. Sorprendente perché ogni elemento non si trova sul palco solo per "aiutare" gli attori ma è lì perché ha un preciso compito da svolgere. A partire dal grande panno che invade il palcoscenico, disposto per creare un drappeggio reso ancora più vivo dal disegno luci ( Valerio Tiberi); oppure dalle pedane, dai tiranti, dalle corde che diventano il mezzo per sostenere i personaggi. La scenografia è frutto di un prezioso lavoro d'intesa tra Gabriele Moreschi e lo stesso Marconi; volutamente "a vista", mostra e non nasconde ciò che solitamente non si vorrebbe far vedere.

L'aspetto più ludico della storia è rappresentato da colui che ci apre le porte del Kit Kat Klub: il Maestro di Cerimonie, qui incarnato (è proprio il caso di dirlo) da Giampiero Ingrassia. Il suo invito iniziale a lasciarci travolgere dall'atmosfera licenziosa del locale, dimenticando i problemi della vita reale, nasconde in realtà una morale ben più oscura, quasi decadente. Ingrassia, anche questa volta, raccoglie e vince la sfida, portando in scena un personaggio ben lontano dai soliti cui eravamo abituati vedere. Favorito, in questo, da un trucco capace di amplificare quel senso di inquietudine che pervade la scena dall'inizio alla fine: come se Joker, il Corvo e Gene Simmons (il cantante dei Kiss) si fossero uniti in un'unica maschera, una maschera che Ingrassia "colora" di mille sfaccettature, senza mai farsi coinvolgere dai fatti e rispettando il ruolo di accompagnatore all'interno del Klub.

Si conferma la diva per eccellenza Giulia Ottonello che, ancora una volta (come se ce ne fosse bisogno), dimostra quanto i ruoli più esuberanti le calzino a pennello. La sua Sally Bowles, però, non è solo questo: è sì, una stella del club berlinese che sogna di diventare una star (anzi, un pianeta!) ma è anche una ragazza fragile, nei suoi 19 anni, in balia delle circostanze e per nulla consapevole di quello che sta succedendo fuori (si chiederà: "La politica? Ma che c'entra con noi?"). Qualità vocali di indiscutibile levatura e presenza scenica possente: intensa e toccante nel brano "La vita è un Cabaret" del secondo tempo, riesce ad usare tutti i colori della sua voce con estrema facilità (basti ascoltare anche "Maybe This Time").
Accanto a lei c'è Mauro Simone, sempre perfetto nei tempi e rispettoso della natura del personaggio. È lui a dare volto e voce al giovane romanziere americano in cerca di ispirazione e di fortuna, Cliff Bradshaw. Tra i due scoppia l'inevitabile passione.

Coppia più matura e consapevole di ciò che sta per iniziare nella Berlino dei primi anni Trenta, è quella formata da Fräulein Schneider e Herr Schultz, che scelgono di sacrificare il proprio sogno di una vita insieme. Lei, austera affittacamere; lui, riservato, un po' timido, ebreo. A interpretarli con l'autorevolezza dei tanti anni di palco sono Altea Russo e Michele Renzullo (anche produttore esecutivo dello spettacolo). Ben riuscita la scena dell'avvenuta consapevolezza, dove il panno di scena diventa simbolo della loro separazione.

Molto bravi anche Valentina Gullace e Alessandro Di Giulio nei ruoli, rispettivamente, della libertina Fräulein Kost e del nazista Ernst Ludwig.

E poi ci sono le coreografie di Gillian Bruce, il cui lavoro coreografico abbiamo avuto il piacere di apprezzare anche in recenti spettacoli (, e Dirty Dancing, per citare qualche titolo), che tingono di sensualità, ammiccante quanto basta e in linea con le atmosfere licenziose del locale, i movimenti scenici delle ragazze del Cabaret ( Ilaria Suss, Nadia Scherani, Marta Belloni) e del resto del cast: Andrea Verzicco e Gianluca Pilla. Di pari passo vanno i costumi di Carla Accoramboni, frutto di una certosina ricerca storica e per questo in grado di impreziosire i quadri scenici.

Straordinaria e insostituibile è la colonna sonora di Cabaret, composta da brani diventati famosi in tutto il mondo (musiche di John Kander e liriche Fred Ebb. Traduzione italiana di Michele Renzullo), eseguiti interamente dal vivo da un'orchestra diretta da Riccardo Di Paola, con la supervisione musicale di Marco Iacomelli.

L'affetto di Saverio Marconi per questo spettacolo si vede a scena dopo scena. E proprio per questo, forse, ha voluto regalare un allestimento del tutto nuovo, in grado di aprire gli occhi e le menti dello spettatore che non potrà che uscire dal teatro con qualche interrogativo in più. E "Auf Wiedersehen", sia. O forse no?

Cabaret sarà in scena al Teatro della Luna fino al 22 novembre. Vi consiglio di non perderlo!

Gallery Cabaret il musical - Compagnia della Rancia


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