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L'autore: Daniele Borghi. Nato a Roma più di mezzo secolo fa, dov’è rimasto a studiare, vivere e lavorare. Architetto pentito, falegname per vocazione e consulente finanziario per squilibrio ormonale del destino, ha pubblicato la raccolta di racconti Day & Night (Fazi-Libuk, 2001) e tre romanzi: Il nome di una privazione, Pinocchio non abita più qui (Fara Editore, 2003-2005) e L’altra vita di Emma (Fernandel, 2010).
La mia recensione:
Una morte improvvisa e una bizzarra offerta di lavoro. Nell’ordine, sono i due eventi che sconvolgeranno l’anonima esistenza di un ragazzo fresco di diploma e che metteranno in moto il meccanismo narrativo di una storia davvero sopra le righe. Danilo sogna di iscriversi all’università quando il destino beffardo lo chiama a seppellire suo padre e a cercare un lavoro. Un infarto, nemico subdolo quanto traditore, basta a far sì che il giovane si ritrovi con un genitore di meno e una madre imbottita di psicofarmaci perché incapace di tollerare la perdita. Lavorare a quel punto diventa una necessità. Cosicché Danilo, abbandona la guida dello studente e inizia a sfogliare giornali di annunci, fino a che non trova qualcosa che possa fare al caso suo: la casa di riposo Michail Bakunin di Mantova cerca un inserviente. Non sono richieste competenze specifiche e nemmeno esperienza. Per ottenere il posto sono sufficienti due soli requisiti: essere anarchici e piacere agli ex partigiani ospiti dell’istituto. Non si può negare che siano richieste anomale ma… anarchico Danilo lo è, e trasferirsi da Roma per lui non è un problema. Non gli resta che conquistare i vecchi per risolvere almeno uno dei suoi problemi. È così che, volente o nolente, Danilo finisce per voltare una pagina importante della sua vita e lanciarsi a capofitto in un capitolo nuovo, incredibile, a tratti surreale. Sì, perché varcare la soglia della Casa di Risposo non significherà solo ritrovarsi a fare i conti con anziani stravaganti e bellicosi, servire pasti a orari prestabiliti e rassettare stanze sature di vecchi ricordi. Tra le mura dell’ospizio più anarchico che ci sia – non solo per il nome – Danilo troverà nuovi amici ma soprattutto, scoprirà la sacra scintilla della ribellione e il desiderio di farla tornare ad ardere. Casa di riposo Michail Bakunin è un insolito romanzo di formazione ma è anche un romanzo politico, il racconto, ritmato, toccante, sognante, di un’Italia che va alla deriva e di un bisogno di cambiamento che si traduce in un disperato urlo di battaglia. È la storia di un ragazzo costretto a crescere, forse un po’ prima del tempo, ma è anche la storia di un piano folle orchestrato da chi ha vissuto gli orrori della grande guerra e adesso sogna di poter fare qualcosa di concreto per consegnare alle nuove generazioni un futuro migliore. Un’utopia, da un certo punto di vista, che Daniele Borghi riesce a far vibrare tanto intensamente da farla apparire possibile, fosse anche per un solo attimo. Man mano che si procede nella lettura le emozioni si gonfiano come un mare in burrasca e, senza quasi rendersene conto, ci si riscopre a volare con Danilo e con i vecchi anarchici sulle ali di un sogno che guarda al domani trascinandosi dietro il fardello della storia con la S maiuscola, quella che dovrebbe insegnare a non ripetere gli errori del passato e che, sempre più spesso, si dimentica. Intessendo una trama credibile e assurda nel contempo, l’autore ci propone una carrellata di personaggi indimenticabili, di quelli ai quali ci si affeziona al punto di non volerli più lasciare andare. Indimenticabile è Danilo, giovane fuori dal coro; a volte sembra un vecchio intrappolato nel corpo di un ragazzino per la profondità dei suoi pensieri, per la maturità insita nel suo modo di agire e di vivere. Quasi un eroe sui generis, appare dotato di un dono che, al giorno d’oggi rischia di diventare sempre più raro. La forza di Danilo sta nella capacità di ascoltare annullando qualsiasi distanza. Ascolta l’ex prostituta Assunta e il clandestino Burgu, messi al bando da una società che indossa la maschera della tolleranza e continua a spingere al margine i “diversi” ma votati a occupare un posto d’onore nel cuore del ragazzo che li sceglie come migliori amici quando è ancora a Roma. Ascolta i vecchi di Casa Bakunin fino a comprenderli e a farsi ascoltare a sua volta e, accoglie l’ultimo afflato di Anselmo. Certo, le buone intenzioni non bastano a sanare un mondo marcio e, probabilmente, neanche le azioni sono abbastanza. Quella di Danilo e dei suoi originali compagni d’avventura è una vicenda dolce-amara in cui si annida anche il germe del fallimento e il dolore che ne deriva. Non a caso il finale non fornisce alcuna risposta, rimane lì come una porta aperta oltre la quale potrebbe nascondersi il successo, così come una definitiva disfatta. Si rimane sospesi nell’epilogo, proprio come in casa Bakunin, in bilico tra la morte passata e la morte che arriva, in quello spazio di mezzo, meraviglioso e terrificante al tempo stesso, in cui, a dispetto di tutto, si colloca la vita vera.
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