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Recensione: "Cercando Alaska" di John Green

Creato il 12 maggio 2014 da Saraguadalupi
Ho sentito talmente tanto parlare di questo libro che, non appena ho avuto l'occasione, l'ho comprato per curiosità. Volevo capire cosa avesse questo romanzo di tanto speciale da collezionare opinioni positive in ogni parte della blogsfera: ora che l'ho letto, ho trovato la risposta..

"CERCANDO ALASKA" di John Green
• Editore: Rizzoli • Pagine: 299 • Prezzo: 15,00 € (cartaceo) - 9,99 € (ebook) Miles Halter, sedici anni, colto e introverso, comincia a frequentare un'esclusiva prep school dell'Alabama. Qui lega subito con Chip, povero e brillantissimo, ammesso alla scuola grazie a una borsa di studio, e con Alaska Young, divertente, sexy, attraente, avventurosa studentessa di cui tutti sono innamorati. Insieme bevono, fumano, stanno svegli la notte e inventano scherzi brillanti e complicati. Ma Miles non ci mette molto a capire che Alaska è infelice, e quando lei muore schiantandosi in auto vuole sapere perché. È stato davvero un incidente? O Alaska ha cercato la morte?



«passi la vita inchiodato nel labirinto, pensando al modo in cui un giorno ne uscirai, e a come sarà fantastico, e immagini che il futuro ti trascinerà pian piano fuori di lì, ma non succede. É solo usare il futuro per sfuggire al presente.»
Premetto che non ho mai letto niente di John Green, così, pronta ad affrontare la novità mi sono addentrata nel mondo di "Cercando Alaska", senza sapere esattamente cosa aspettarmi.
Come potete leggere dalla trama, il protagonista è un sedicenne, Miles Halter, nessun amico e tanta intelligenza, con una grande passione per le "ultime parole famose". Quasi nessuno va alla festa organizzata da sua madre in occasione della sua partenza per una scuola preparatoria in Alabama, ma Miles già lo sapeva..sapeva che il suo carattere introverso aveva fatto sì che nessuno si avvicinasse troppo alla sua persona, così come alla sua vita. Tutto però cambia nel momento in cui mette piede a Culver Creek e, nel giro di pochi giorni, ecco lo stesso Miles (che, a casa, passava il tempo da solo,) scorrazzare per i corridoi della scuola fumando ed organizzando scherzi talmente intricati da far invidia ai piani di spionaggi della mafia russa, insieme a Chip - suo compagno di stanza e beneficiario di una borsa di studio - e Alaska - intraprendente, attraente e preda della maggioranza degli studenti maschi della scuola. Insieme ridono, scherzano, corrono e si raccontano..ma Miles non ci mette molto a capire che dietro gli occhi di Alaska, non ci sono solo i desideri dell'adolescente che è.
Come Miles, anche io, nell'addentrarmi in questa lettura, ero alla ricerca del mio"Grande Forse". Cercavo una lettura in grado di scuotermi, di lasciare un segno nella mia mente e devo ammettere che è stato davvero così. L'ambientazione in sé - i corridoi e le stanze di Culver Creek - mi hanno ricordato molto lo sfondo del film "L'attimo fuggente" (il mio preferito in assoluto!), così come Miles, Chip ed Alaska, mi sono sembrati come i membri della Sette dei Poeti Estinti, troppo intelligenti, troppo intraprendenti per accontentarsi ed accontentare gli altri. Sono degli esploratori curiosi e senza paura, disposti a provare tutto ciò che può dar loro un brivido, un segno della vita che scorre nelle vene. Avevo paura che i personaggi, essendo adolescenti, si lasciassero andare in frivolezze e stupidi piagnistei..ma John Green mi ha regalato tre personalità forti anche nelle loro debolezze, con una finestra su quella categoria di adolescenti già grandi, che pensa con il proprio cervello e non con quello della televisione spazzatura, che ha il coraggio di andare contro corrente e di distinguersi in mezzo alla massa. I nostri tre amici hanno la loro bella dose di vita sulle spalle, nonostante le giovani età, ed è questo che li rende già grandi e che fa si che questo libro venga apprezzato davvero da tutte le generazioni: Miles, nella sua continua ricerca del "Grande Forse", Chip - il Colonnello non ricco in termini monetari, ma furbo ed estremamente intelligente (che è la più grande ricchezza), ed Alaska che non si può descrivere se non con le parole dello stesso Miles "se gli esseri umani fossero stati precipitazioni, io sarei stato una pioggerellina, lei un ciclone". Nel libro ci sono diversi paragoni come questo e devo ammettere che li ho trovati molto utili per capire al meglio i pensieri del giovane protagonista ed entrare in sintonia con le sue emozioni.
Certo è che, John Green non ci presenta tre personaggi, ma semplicemente tre ragazzi, tre amici se volete, nei quali è facile immedesimarsi e che riescono ad invadere il lettore con le loro emozioni proprio come se fossero dei cicloni: prima una leggera brezza che ti scuote il cuore e che si fa sempre più forte, fino al culmine in cui ormai sei nell'occhio del ciclone, in preda a mille emozioni che non riesci neanche tu a spiegare, ma che vengono espresse con chiarezza dai pensieri e dalle espressioni di Miles, tanto da farti venir voglia di entrare nel libro e abbracciarlo, nella speranza di alleviare il tormento che lo segue.
«L'uomo vuole avere delle certezze. Non riesce a sopportare l'idea che la morte sia un nero e immenso nulla, il pensiero che i suoi cari non esistano più, e tanto meno può immaginare se stesso come non esistente. Conclusi affermando che l'uomo crede nell'aldilà perché non ha la forza di non crederci.»
Non vi dirò altro sulla trama, perché rischierei di cadere nello spoiler e non vorrei rovinare la lettura a coloro che ancora non si sono addentrati nel mondo di John Green. Posso dirvi però che ho riempito il libro di post-it, segnando decine di frasi che mi hanno lasciato qualcosa dentro, che mi hanno anche solo fatto fare "si" con la testa, come a sottolineare la ragione di certi pensieri e riflessioni. "Cercando Alaska" è un labirinto dal quale non è semplice uscire, perché ogni pagina mette in moto un processo riflessivo che porta a riempirsi di domande, di incognite che riguardano la storia narrata, così come la nostra stessa storia vissuta. A questo punto, concludo con uno dei pezzi che, più di tutti, ho adorato:
«Quando gli adulti, con lo stupido sorriso di chi crede di saperla lunga, dicono “I giovani si credono invincibili”, non sanno quanto hanno ragione. La disperazione non fa per noi, perché niente può ferirci irreparabilmente. Ci crediamo invincibili perché lo siamo. Non possiamo nascere, e non possiamo morire. Come l’energia possiamo solo cambiare forma, dimensioni, manifestazione. Gli adulti, invecchiando, lo dimenticano. Hanno una gran paura di perdere, di fallire. Ma quella parte di noi che è più grande della somma delle nostre parti non ha un inizio e non ha una fine, e dunque non può fallire.»
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