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Recensione: Chiedi alla polvere - John Fante

Creato il 09 gennaio 2014 da Leo Sanguedinchiostro @sdinchiostro
Recensione: Chiedi alla polvere - John FanteTitolo: Chiedi alla polvereAutore: John FantePrezzo: 12.50€Pagine: 260, brossuraEditore: Einaudi (collana Stile Libero)
Trama: Pubblicato per la prima volta nel 1939 è uno dei primi romanzi dello scrittore italo-americano, riscoperto in Italia e in Francia alla fine degli anni Ottanta dopo un lungo periodo di dimenticanza. La saga dello scrittore Arturo Bandini, alter ego dell'autore, giunge in questo romanzo al suo snodo decisivo. L'ironia sarcastica e irriverente, la comicità di Arturo Bandini si uniscono alla sua natura di sognatore sbandato, che ne fa il prototipo di tutti i sognatori sbandati che hanno popolato la letteratura dopo di lui. Al centro della vicenda è il percorso di Bandini verso la realizzazione delle sue ambizioni artistiche e la sua educazione sentimentale dopo l'incontro con la bella e strana Camilla Lopez...Recensione: Chiedi alla polvere - John FanteL'autore: John Fante è nato a Denver (Colorado) l'8 aprile 1909, figlio di un abruzzese emigrato in America nel 1901. Nel 1935 scrive il suo primo romanzo, La strada per Los Angeles, pubblicato postumo nel 1985. Il vero romanzo d'esordio è Aspetta primavera, Bandini, uscito nel 1938. Del 1939 è il suo capolavoro Chiedi alla polvere. Tra gli altri suoi libri ricordiamo Sogni di Bunker Hill, La confraternita dell'uva, Dago Red, La grande fame, A Ovest di Roma, 1933. Un anno terribile, Full of Life, Bravo, Burro!, tutti già pubblicati presso Einaudi Stile libero. John Fante muore l'8 maggio 1983.
Recensione:Chiedi alla polvere… Chiedete alla polvere della strada…”, l’esortazione di Fante è chiara e perentoria, parte dritta dal titolo e riecheggia incalzante per tutto il romanzo. Pagina dopo pagina puoi quasi sentirlo mentre ti sussurra a mezza voce: chiedi alla polvere e forse avrai delle risposte, perché è nella polvere che si annidano le briciole dei ricordi, le pagliuzze dei sentimenti, le ceneri fuligginose delle occasioni perdute e mai più dimenticate.La polvere della strada, la sabbia del deserto, sono questi gli elementi in cui si snoda il romanzo Chiedi alla polvere, capolavoro del 1939 dell’italo-americano John Fante, probabilmente uno degli autori più ingiustamente sottovalutati dell’intera letteratura americana postmoderna. Dopo decenni di inspiegabile indifferenza da parte della critica ufficiale, solo negli anni ’70 Fante fu salvato dall’oblio da Charles Bukowski, il quale lo ammirava a tal punto da riuscire a convincere il suo editore a ripubblicarne l’intera opera. Da allora il suo nome si è sentito più spesso, eppure ancora oggi, parlando di beat generation, solitamente Kerouac, Ginsberg, Burroughs sono i primi che vengono in mente, ignorando il fatto che in realtà è proprio da Fante che partì l’ impulso della mitica “gioventù bruciata”. Abbiamo detto che Chiedi alla polvere esce nel 1939, gli Stati Uniti all’epoca erano scossi fin nelle fondamenta del secondo conflitto mondiale, ma Fante era semplicemente un ragazzo povero figlio di immigrati italiani, insofferente della guerra così come della società, fuggito dalla provincia e giunto a Los Angeles per inseguire il sogno di diventare scrittore.Per raggiungerlo decide di iniziare guardandosi dentro, stillando goccia e goccia il veleno delle proprie inquietudini e riversandolo furiosamente in questo romanzo autobiografico, il cui protagonista è infiammato dal suo stesso sogno, ma ha un nome diverso,  Arturo Bandini.A questo punto accade qualcosa, la storia di Bandini e la biografia di Fante si fondono insieme, arrivano ad essere indistinguibili, penso che non può essere andata diversamente, altrimenti non si spiega com’egli sia riuscito a infondere così tanta vita, incredibilmente vera e bruciante, nell’animo del suo personaggio.Bandini infatti è infuocato di passione, è un impavido che non teme la fame e le rinunce pur di avere ciò che desidera, eppure, a ben guardare, è anche un codardo, uno che dubita costantemente del proprio talento e che si lascia travolgere da un mare di paure. Insomma, egli è tutto e il contrario di tutto, è un super concentrato di idiosincrasie, uno scapestrato pieno di difetti che infondo sono un po’ anche quelli di tutti: è arrogante, saccente, autocelebrativo, narcisista, ma è anche sensibile, appassionato, comprensivo, generoso. È sbarcato a Los Angeles a borgo di un autobus malfermo, ricoperto di stradi di polvere, polvere del Wyoming, dello Utah, del Nevada, tutta la polvere dell’ America sulle sue spalle e in testa un’idea fissa: diventare il più grande scrittore d’ America. L’immensa metropoli della West Coast strappata al rigore del deserto fa da sfondo alle sue peripezie, ma è bene precisare che quella di Bandini non è la Los Angeles patinata e glam di Hollywood o di Bel Air, di Venice Beach o di Pasadena; no, al contrario, la sua è una Los Angeles dei bassifondi, fatta di scalcinati caffe e di locali notturni, di lunghe strade silenziose illuminate dalla luna, con la polvere degli immigrati depositata lungo i marciapiedi e ai lati vecchie case cadenti, reliquie di un passato ormai dimenticato.Bandini vi si muove con andatura incerta, vagabonda qua e là insieme ad altre migliaia di anime abbandonate, cercando disperatamente uno straccio di idea per il suo romanzo, senza soldi in tasca, perennemente affamato, eppure spinto avanti da un’ inesauribile speranza. Tutto questo finché una sera, casualmente, incontra in un caffè la bella cameriera messicana Camilla Lopez, da quell’istante la principale fonte di tutte le sue gioie e di tutti i suoi tormenti. Camilla è la miccia e Arturo la dinamite, insieme sono un’ esplosione, una tempesta tragicomica che si abbatte sull’ignaro lettore. Eh sì, perché arrivati a questo punto ci si aspetterebbe di leggere di una storia d’amore “normale”, di un lento, languido, avvicinamento reciproco, ed invece si resta spiazzati da una specie di buffo balletto schizofrenico, da un maldestro cercarsi e respingersi, amarsi e odiarsi, desiderarsi e subito dopo detestarsi, da parte dei due protagonisti!
Mi baciò ancora una volta e fu come se avesse appoggiato le labbra su un pezzo di arrosto freddo. Ero disperato. (…) Poi sentii che il suo disprezzo si stava trasformando in odio e fu allora che comincia a desiderarla. Evviva, Arturo, gioia e forza, forza e gioia...
Il bello della storia tra Arturo e Camilla è che è profondamente vera, trasuda realismo da ogni poro, lo senti che non stai leggendo una classica fiction romantica e in buona parte inverosimile, qui c’è tutto quello che succede sul serio quando si ci innamora, soprattutto per la prima volta: l’incertezza dettata dalla paura, i sentimenti contrastanti, le montagne russe che ti sballottolano sù e giù tra euforia e depressione. Sentirsi al settimo cielo quando si è corrisposti, e odiare selvaggiamente quando si viene respinti, una crudele beatitudine a cui è difficile sottrarsi, specialmente a vent’anni.  Il tutto è raccontato da Fante con un costante tono umoristico, la sua scrittura guizza veloce, è semplice e leggera e affetta le pagine con tagliente sarcasmo, eppure, occasionalmente, riesce anche a riformularsi in autentica poesia, canto delicato e sofferto di un amore che è soprattutto illusione, che riesce a tirar fuori tanto il meglio quanto il peggio, che rende vulnerabili e quindi spinge ad attaccare per difendersi, per non essere feriti. La meccanica dei sentimenti è un ingranaggio complesso, e Arturo e Camilla ne ignorano il funzionamento. Sbagliano i tempi, sbagliano i modi, vanno alla ceca e di conseguenza non fanno altro che sbandare. Tra i due il più imprevedibile è certamente lui, il tenace antieroe Arturo Bandini, lo scrittore folle e disperato che ama lei ma va a letto con un'altra, che vorrebbe farle complimenti e invece sputa fuori burbere sentenze, che sperpera i suoi primi guadagni per dei vestiti nuovi ma poi li butta perché si sente a suo agio con quelli strappati e vecchi, che vorrebbe fare il duro con alcool e droghe, ma poi si rifugia a pregare Dio in preda al panico per i sensi di colpa.È piuttosto incoerente, Arturo Bandini, e fragile nella sua incoerenza, e spassoso nella sua maldestra ricerca dell’amore e insieme del suo grande, seducente quanto effimero, american dream.Le cose si complicano quando entra in scena il suo rivale, il bel barista Sammy, del quale Camilla si innamora, scatenando la sua gelosia.Come si vede è una storia fondamentalmente semplice, classica se vogliamo, eppure credo che in pochi avrebbero saputo raccontarla così bene com’è riuscito a fare John Fante: mescolando vivacità e umorismo con profondità e introspezione, tracciando una geometria di parole insieme divertente e drammatica.  Inoltre, in Chiedi alla polvere sono già contenuti in nuce tutti gli elementi della scrittura beat:  l’energia febbrile e la filosofia di vita bruciata delle pagine di Kerouac, il grumo di alcool, sesso e disperazione delle folli storie di Bukowski, c’è già tutto, ma nello stesso tempo non c’è ancora niente, perché la grande differenza tra Fante e i successivi autori beat è che lui non si prende mai troppo sul serio! Fante è incredibilmente bravo a smorzare le sue bestemmie e grida di dolore in una risata caustica e irriverente; e pur parlando di polvere, la tanta polvere delle strade d’ America che occulta, soffoca e seppellisce i sogni, non riesce a rinunciare del tutto a un moto di speranza, a quella luminosa sensazione di vita e di libertà che solo la gioventù ci può dare.
Polvere in bocca, polvere nell’anima, via dalla  gente polverosa e verso il verde oceano, via con una ragazza vestita di verde fino a Long Beach…Voto:Recensione: Chiedi alla polvere - John FanteRecensione: Chiedi alla polvere - John FanteRecensione: Chiedi alla polvere - John FanteRecensione: Chiedi alla polvere - John FanteRecensione: Chiedi alla polvere - John Fante
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