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Recensione: Come un fiore ribelle

Creato il 18 ottobre 2013 da Miriam Mastrovito @miriammas
Recensione: Come un fiore ribelleTitolo: Come un fiore ribelle 
Autore: Jamie Ford 
Editore: Garzanti 
Pagine:  352 
Prezzo: 16,40
Descrizione:
Seattle. È l'alba e il piccolo William si stropiccia i grandi occhi neri. Ancora avvolto nelle coperte, riesce quasi a sentire quelle canzoni sussurrate alle sue orecchie in una lingua antica. Ma è da cinque anni che non ascolta la voce di sua madre. Da quando è entrato nell'orfanotrofio e la disciplina ha preso il posto delle carezze. E l'odio è diventato la regola. Perché William è diverso da tutti gli altri, William è cinese. Eppure oggi è un giorno speciale.È la data fissata per il compleanno di tutti i bambini dell'istituto e finalmente William trova il coraggio di fare la domanda più difficile. Vuole sapere cosa è successo a sua madre. Le parole sono vaghe, ma lasciano intuire una risposta che trafigge il suo cuore come una lama: è morta. William non ci crede. Non vuole arrendersi a questa verità. Lui sa che è ancora viva. E c'è solo una persona con cui confidarsi: Charlotte, una cascat di capelli rossi e la pelle delicata come un fiore. Le sere passate con lei ad ascoltare la radio, a mangiare caramelle alla menta piperita o abbracciati, di nascosto, per paura di un temporale, sono i pochi momenti di felicità per William. Charlotte è l'unica a credergli e insieme decidono di fuggire dall'orfanotrofio per cercare sua madre. Ma ad aspettarli c'è un mondo pericoloso e oscuro. Il mondo violento delle strade di Seattle nei primi anni Trenta. Il mondo proibito dei locali, delle scintillanti insegne dei teatri e dei club. Proprio qui, William incontra uno sguardo che non ha mai dimenticato. Quello di una giovane cantante cinese. Deve scoprire chi è e cosa nasconde. Nessun ostacolo è troppo grande da superare. Ci sono domande che per anni sono rimaste soffocate. E adesso la speranza forse può tornare a crescere. La speranza di essere amati e finalmente al sicuro. 
L'autore:Recensione: Come un fiore ribelleJamie Ford è cresciuto presso il quartiere cinese di Seattle e discende da uno dei pionieri delle miniere del Nevada, il bisnonno Min Chung, emigrato nel 1865 dalla Cina a San Francisco, il primo della famiglia ad assumere il nome Ford.
Autore di racconti pluripremiati, vive nel Montana con la moglie e i figli.

La mia recensione:
Pr gli orfani del Sacro Cuore di Seattle, quello del compleanno collettivo è il giorno più bello. Ricorre per tutti nella stessa data, quella dell’elezione a Pontefice del venerando Leone XII, poiché quasi nessuno sa con precisione quando è nato. Non ci sono torte o regali ma i bambini hanno ugualmente due validi motivi per far festa: possono uscire dall’istituto, sebbene rigorosamente scortati dal personale, e possono ottenere un’informazione riguardante la loro famiglia di origine.
A William tuttavia, il dodicesimo compleanno collettivo porta qualcosa in più, qualcosa che somiglia alla realizzazione del suo più grande sogno.
Durante la libera uscita si imbatte nella locandina di uno spettacolo teatrale che di lì a breve si terrà proprio nella sua città. La protagonista femminile si chiama Willow Frost, il nome gli è estraneo, però non esita a riconoscere la sua ah-ma nel volto di quella donna. Da piccolissimo la conosceva con un altro nome; Liu Song, era così che la chiamavano anche i suoi vicini di Chinatown, ciononostante è sicuro che si tratti della stessa persona.
William nasconde la foto e torna in orfanotrofio con un unico pensiero: scappare per andare a quello spettacolo. È l’unica chance che ha di rivedere sua madre, di scoprire perché lo ha abbandonato e soprattutto perché non è mai tornata a riprenderlo. Domande che le suore eludono ma che reclamano delle risposte, anche se fanno paura…
Comincia così Come un fiore ribelle, con la fuga disperata di un bambino e una speranza d’amore appesa a un filo ma, strada facendo, l’orizzonte narrativo si allarga fino a comprendere due differenti trame che si intrecciano.
La prima parte narra la storia di William, della sua infanzia trascorsa tra le fredde pareti del Sacro Cuore, sospesa tra il desiderio che la madre torni a prenderlo e il terrore di rimanere abbandonato per sempre. È un tempo scandito dalle cinghiate delle suore, dal lavoro che si sostituisce ai giochi, dalle minestre in cui galleggiano insetti; un tempo privo di tenerezza, in cui l’unico tepore è quello emanato da pochi ricordi sbiaditi ma che a William regala anche la dolcezza di un’amicizia sincera.
Charlotte, con i suoi occhi lattiginosi privi del dono della vista, è il suo punto di riferimento nell’istituto e, per un po’ lo sarà anche fuori, giacché lo affiancherà nella fuga.
La seconda parte, invece, accende i riflettori su Willow che, forse per la prima volta nella vita, smette di recitare un ruolo per raccontare la sua vera storia. Una confessione schietta e crudele la sua, che ci rende conto di un’esperienza non meno drammatica di quella vissuta piccolo William.
Nel passato di Liu Song c’è la povertà, c’è l’emarginazione legata alle sue origini cinesi e al suo essere figlia di una donna di spettacolo e c’è la violenza di un patrigno che per anni ha abusato di lei. Nel suo passato c’è una legge maschilista e una morale discutibile che la etichetta come donna inadeguata a crescere un figlio fino a privarla dell’unico affetto per cui ha sacrificato tutto.
Anche nella sua solitudine c’è un picciolo spiraglio; nel suo caso è un uomo di nome Colin a cui Willow ha affidato la speranza di un futuro migliore, un sogno d’amore, forse, che si concluderà, però, con un brusco risveglio.
Non c’è gioia, non c’è consolazione nei percorsi che accompagnano i due protagonisti, eppure questo romanzo è intriso di dolcezza. Nonostante tutto è l’amore a bucare la pagina e ad affermarsi con forza; è un amore ostacolato, negato, inseguito e perso, un amore che non trova il giusto spazio per esprimersi in libertà ma che non si lascia soffocare.
Un fiore ribelle è William che fugge per inseguire la verità, ma lo è anche Willow che scardina le convenzioni sociali e lotta per difendere la sua maternità e lo è, infine, il sentimento che li lega perché non si lascia domare dalla forza contraria che vorrebbe spegnerlo.
Sono personaggi di fantasia i due protagonisti eppure si lasciano percepire come fossero persone autentiche; allo stesso modo, la loro odissea è fiction ma si radica in un contesto assolutamente reale.
A rendere ancor più vibrante questa straordinaria opera di Jamie Ford sono infatti i riferimenti storici e socio-culturali che ne costituiscono il background. Nel consegnarci un’emozionante storia pregna di sentimento e avventura, l’autore dipinge anche un mirabile affresco dell’America ai tempi della Grande depressione. Per bocca dei suoi personaggi ci narra di quel difficile periodo storico in cui, a causa della crisi economica in corso, molti genitori si videro costretti ad abbandonare i propri figli negli orfanotrofi. Con estremo realismo ci descrive la miseria e il declino di quegli anni, la speranza rappresentata dalla nascente industria cinematografica ma anche la Chinatown di allora e le difficoltà incontrate da chi, come Willow, apparteneva a una minoranza etnica.
Un tuffo nel passato che, allo stesso tempo, solleva tematiche di grande attualità e risveglia emozioni senza tempo.
Da leggere assolutamente.

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