Contractor, giunto nel 2014 alla sesta edizione, continua a rappresentare un utile prisma interpretativo sulla realtà dei conflitti asimmetrici che caratterizza aree sempre più ampie del mondo arabo. Il testo, oltre a squarciare lo spesso velo di ipocrisia e di pregiudizio che avvolge il tema dell’impiego di compagnie di sicurezza private nei teatri di guerra, presenta differenti piani di lettura che sembrano alternarsi e sostituirsi all’attenzione del lettore man mano che si sviluppa “l’esperienza diretta” del conflitto da parte del protagonista.
Un primo livello di analisi è relativo all’imprescindibile ruolo, sia tattico che strategico, assunto dai contractor nelle guerre contemporanee: difesa di obbiettivi sensibili, scorta al personale militare e civile straniero, addestramento delle milizie nazionali, servizi di logistica e comunicazioni. Particolarmente interessanti risultano i dati relativi al numero complessivo di contractor operativi durante la seconda guerra del Golfo, nonché alla percentuale di operatori iracheni: “La maggior parte dei contractor che lavorano per PMC che svolgono servizi di sicurezza è irachena (118.000), 43.000 appartengono ad altre nazioni. Appena 21.000 sono americani, secondo stime ufficiali del Dipartimento della Difesa americano.”
Giampiero Splinelli definisce i contorni di una complessa realtà operativa e descrive con straordinario realismo le violente dinamiche conflittuali che investirono l’Iraq dopo il crollo del regime di Saddam, la cui parabola ha assunto oggi un’evoluzione inedita con l’avvento dell’Isis e con il rafforzamento del ruolo dell’Iran. Tuttavia, i piani di lettura che si intersecano ad un livello più profondo, superando un approccio che sembra inizialmente riecheggiare i temi de Lo sconto di civiltà di Samuel Huntington, investono ad un livello autenticamente “esistenziale” il tema della guerra e del rapporto tra singolo ed il dramma conflittuale.
L’esperienza diretta ed immediata dello scontro sul campo fa crollare ogni tipo di sovrastruttura concettuale, ideologica, religiosa o legata alla nazionalità, riportando tutto all’unica essenziale distinzione che sopravvive nell’ambito di una situazione estrema: la distinzione amico-nemico. Addentrandosi nella lettura di Contractor, calandosi dentro un’esperienza esistenziale vissuta in un contesto estremo, vengono alla mente le riflessioni di Carl Schmitt sul caso estremo: ”La possibilità di una conoscenza e comprensione corretta e perciò anche la competenza ad intervenire e decidere è qui data solo dalla partecipazione e dalla presenza esistenziale. Solo chi vi prende parte direttamente può por termine al caso conflittuale estremo; in particolare solo costui può decidere se l’alterità dello straniero nel conflitto concretamente esistente significhi la negazione del proprio modo di esistere e perciò sia necessario difendersi e combattere, per preservare il proprio, peculiare, modo di vita”.
In uno degli episodi che assumono un’importanza centrale nell’ambito della narrazione è evidente come le linee di contatto e di contrapposizione esistenziale abbiano sistematicamente superato le superficiali distinzioni tra occupanti-occupati, occidentali-iracheni oppure cristiani-mussulmani, e come la realtà del conflitto abbia determinato nuovi livelli di consapevolezza e di causa comune, troppo spesso sottovalutati nell’analisi di quel contesto: “Gli iracheni della base fecero cerchio intorno a noi, capirono benissimo perché eravamo furiosi, perciò aspettarono che gli americani entrassero nel refettorio, si avvicinarono a noi per esprimerci il loro appoggio e la loro solidarietà. In pochi minuti capimmo che eravamo i loro leader e che da quel momento se fosse stato necessario sarebbero morti per noi. Sapevano che per noi erano prima di tutto uomini e poi soldati, non importa se in Iraq, Afganistan o in culo al mondo, per codice d’onore non si lascia nessuno indietro. Nessuno. E loro sapevano che noi non li avremmo abbandonati.”
Autore: Gianpiero Spinelli
Titolo: Contractor
Editore: Ugo Mursia Editore
Collana: Interventi
Anno: 2009