Il
mondo non è perfetto, e non abbiamo il dono
del tempo che hanno tutti gli altri. E abbiamo paura, e ci sentiamo
confusi, e forse facciamo qualche sbaglio. Forse proviamo a
masturbarci con il burro e combiniamo un casino. Ma tu devi morire a
testa alta. Titolo:
Deathdate Autore:
Lance Rubin Editore:
De Agostini Numero
di pagine: 331Prezzo:
€ 14,90 Sinossi:
Denton
Little ha diciassette anni e una sola certezza: morirà la notte del
ballo di fine anno. Ma - escluso il pessimo tempismo - nulla di
strano. Perché il mondo di Denton funziona così: tutti conoscono la
data della propria morte, e tutti aspettano il fatidico momento
contando i minuti. Per questo, fino a oggi, la vita di Denton è
stata piuttosto normale: la scuola, gli amici e Taryn, la fidanzata.
Ma ora mancano due giorni al ballo... e Denton sente di non avere più
un secondo da sprecare. Non soltanto perché vuole collezionare più
esperienze possibili in meno di quarantotto ore - la prima sbronza,
la prima volta, e il primo tradimento - ma anche perché le cose
sembrano essersi improvvisamente complicate. Chi è l'uomo sbucato
fuori dal nulla che dice di avere un messaggio da parte di sua madre,
morta ormai da molti anni? È soltanto un pazzo? E allora perché suo
padre ha iniziato a comportarsi in modo tanto bizzarro? D'un tratto
le ultime ore di Denton Little si trasformano in una corsa contro il
tempo, una disperata ricerca della verità. E forse di una via
d'uscita. La recensionePer mettere alla prova il loro coraggio, in quello che forse è il mio film
preferito in assoluto, un gruppo di bambini si spingeva fino alle
porte di una casa cupa e decadente, in una notte di metà estate.
Bussavano e, prima di scappare via, si trovavano davanti una strana
signora: curva, spettrale, inquietante. Avrebbero spiato, così,
nell'occhio di vetro della strega, una porzione di futuro.
Precisamente: il momento del loro triste trapasso. Chi caduto da una
scala traballante, chi colto da un imbarazzante infarto sul
gabinetto; chi – come Edward Bloom – destinato, invece, a una
morte senza precedenti; per lo spettatore, un segreto agrodolce fino
all'ultima, magica sequenza. Se fosse possibile, al posto dei
protagonisti, dareste anche voi una sbirciatina dall'altra parte,
oltre il confine, per non essere colti impreparati quando l'ora
fatale si avvicina? Sì, no? E se, in un futuro non precisato, non
aveste possibilità di scelta? Nel mondo di Denton Little – lontano
nel tempo da quel che ci è dato da sapere, ma per il resto identico
al nostro – si nasce con una data di scadenza impressa: una piccola
indagine, un test e, durante il primo giorno di vita, per i genitori
e i parenti, è già possibile conoscere l'ultimo. La data: non
l'ora, né la causa del decesso. C'è chi muore anziano -
per angosciarsi, quindi, sai quanto tempo c'è; chi, come Denton, ha
un'esistenza dal capolinea vicinissimo: lui morirà a
diciassette anni, nel fiore della gioventù. Deathdate - romanzo
di esordio di Lance Rubin – racconta,
in ordine, la storia del suo ultimo giorno al mondo. Un countdown che
ha inizio la mattina, da un confuso risveglio in uno sconosciuto
letto di ragazza, e termina la notte successiva, durante il ballo
della scuola, ma in sospeso; senza svelarvi troppo, mi sembra
necessario dirvi che il finale, infatti, è aperto ma d'impatto e
che, previsto per chissà quando, si aspetta molto volentieri
l'arrivo di un seguito. Il simpatico
Denton, nei giorni direttamente precedenti al grande congedo, almeno,
è sempre stato un ragazzo modello: un amico leale, un figlio
rispettoso, un fidanzato fedele. Cosa non gli si perdonerebbe, insomma, durante
il festeggiamento della sua morte imminente? Sbandate, pazzie e
incidenti di percorso, infatti, sono permessi quando è l'ultima
volta per dare colpi di testa, osare un po'. Tutto filerebbe come
programmato – un prefunerale in cui a lui, ancora vivo e in salute,
tocca il discorso più atteso e toccante; una veglia con compagni e
parenti in cui, sempre vivissimo, trascorrere i momenti rimanenti in
mezzo al conforto di chi c'è sempre stato - se non fosse per la
comparsa, tra una lacrima e un abbraccio, di episodi curiosissimi,
che vanno dal comico al misterioso. Tradisce la fidanzata
recalcitrante con Veronica, la sorella maggiore del suo migliore
amico; il bullo della scuola, perfino in quella data, vuole dargli
barbaramente filo da torcere; un dottore sbucato dal passato, amico
intimo di quella mamma che è morta mettendolo al mondo, ha un piano
imperscrutabile da rivelargli. Il tutto, mentre con brio si scivola
dalle istanze dello young adult a quelle di una grottesca spy story e
il protagonista, insieme a chi gli è stato carnalmente vicino,
inizia a coprirsi di chiazze viola. Lance
Rubin, con in testa un'idea originalissima e, per il resto, simpatico di suo, esordisce con un romanzo che non è come
sembra. Deathdate è
uno stravolgimento e una libera parodia, per me, di quei romanzi così
numerosi, dopo il boom di Colpa delle stelle,
da meritarsi un sottogruppo tutto per loro, nella narrativa per
ragazzi: li chiamano “sick lit”. Ma sì, quelli in cui uno dei
protagonisti, dal destino segnato, sta morendo e, con amici e
fidanzate varie nei paraggi, si interroga sul senso del tempo, della
vita, dell'amore; viaggiando e, finché si è in forze e giovani,
vivendo ogni giorno come fosse l'ultimo. Una cosa del genere. Con
Rubin si ride a crepapelle lì dove si dovrebbe piangere e tutto
l'ordine è infranto, tutto è il contrario di tutto: all'inizio il
discorso di Denton al suo stesso funerale – simile a quello di Gus
e Hazel, eppure diverso: uno sfogo semiserio più ironico che
affranto, controcorrente – e a metà le cose da ragazzi –
fraintendimenti, gelosie, inimitabili siparietti in cui l'umorismo
nero e il nonsense vincono a mani basse. Ha lo stesso difetto, però,
che riscontro nei romanzi dalle ore contate; quelli ambientati in
tempo reale: si pensa al qui e ora – il futuro è un buco nero, il
passato è una terra straniera – e ai protagonisti, gente che vive
nel presente, manca oggettivamente un po' di profondità. Resoconto
di notti rocambolesche e libertine in cui tutto o quasi è lecito,
Deathdate comunque
piace per un linguaggio più colorito del solito – qualcuno ha
capito che non esistono diciassettenni che parlano come libri
stampati – e per personaggi da sitcom. Ho pensato alla deliziosa
serie british Scrotal Recall –
comedy in cui una malattia venerea era una scusa per pensare
all'amore dato e ricevuto: agli amori andati – grazie
all'esilarante amico Paolo, alla tentatrice e scostante Veronica,
alla leziosa Taryn, a genitori epici e a chiazze colorate che, come
un virus o la morte stessa, si diffondono. Nonostante la trama sinistra e un epilogo potenzialmente tragico in agguato –
è nei patti che, salvo colpi di scena, il protagonista muoia nelle
battute finali – Deathdate è
più American Pie che
In Time. Un gaudente e
ironico giro di prime (e ultime) volte e non una corsa alla vana ricerca del
tempo perduto.Il
mio voto: ★★★Il
mio consiglio musicale: Good Charlotte – Last Night