Il potere delle parole di ferire, di far innamorare, di cambiare il mondo. Il potere di un’immagine di incantare, spaventare, far sognare. Il cinema e poche altre arti riescono a riunire i tanti poteri di parole e immagini, a sfruttarne i pregi e qualche difetto, e a mostrare la bellezza racchiusa in tutte le forme artistiche.
Arte, appunto, il cinema è arte, la pittura è arte, la fotografia è arte, scrivere è arte, l’oratoria è arte, siamo circondati d’arte cui siamo talmente abituati e/o disinteressati da non notarlo più.
“Words and Pictures”, al cinema in questi giorni, porta sullo schermo storie di adulti e di adolescenti, con una trama sentimentale e un retrogusto drammatico. Per la seconda volta in poche settimane, dopo l’ottimo “Begin Again”, ho a che fare con una commedia romantica, confezionata con gusto, recitata con sobrietà, che narra di drammi, di seconde possibilità, di sentimenti e, in questo caso, dei mille e stupefacenti poteri dell’arte (in generale), delle parole e immagini (nello specifico).
Clive Owen in una scena del film
Photo: courtesy of Adler Entertainment
“Words and Pictures” vede Clive Owen vestire i panni di un professore d’inglese, Jack Marcus, scrittore una volta di successo ora in un liceo di provincia ad annegare la carriera e la creatività in ettolitri di vodka. Al fianco dell’eclettico (e rumoroso!) insegnante, geniale ma allo sbando e prossimo al varcare la soglia del punto di non ritorno, ritroviamo Juliette Binoche trasformata in Dina, la nuova insegnante di arti visive, donna esigente e in sofferenza per la costante lotta con la malattia. Un’artista affermata il cui corpo non riesce più ad assecondare le sue esigenze di pittrice.
Una storia di anime sofferenti nella mente e nel corpo, di persone caparbie ma geniali che s’incontrano e i cui battibecchi potrebbero tramutarsi in ancore di salvezza. I due insegnanti, i due amanti, i due ragazzini, i padri, i figli, ce la faranno? Chissà, vedremo…
Clive Owen e Juliette Binoche in una scena del film
Photo: courtesy of Adler Entertainment
Diretti da Fred Schepisi, regista di esperienza quarantennale (che ricordiamo per “La casa Russia”, “Sei gradi di separazione” e “Vizio di Famiglia”), i due attori sfoggiano accenti non loro con disinvoltura e riescono a comunicare una sintonia molto reale. La commedia funziona grazie al confronto/scontro tra i problemi personali dei protagonisti e grazie a quel grande inchino/omaggio alle arti, con il loro potere di arricchire, cambiare, migliorare la vita di ciascuno di noi.
L’arte come sfogo, l’arte come rifugio, l’arte come mestiere, l’arte come ricchezza interiore che ci avvicina agli altri e ci permette di comunicare in una lingua universale. “Words and Pictures” è equilibrato, non é strappalacrime né ci fa scoppiare in fragorose risate. Lo humour è sottile ed è ovunque. Lo script è sagace e le battute risentono dell’influenza del miglior Woody Allen, così come le performance hanno ben presente l’alchimia tra Spencer Tracy e Katharine Hepburn.
Anche se i miti sono ineguagliabili, questo film è gradevole, ben scritto e recitato. Ora speriamo riesca a portare al cinema quella fascia di pubblico over 40 e a tenere testa all’agguerrita concorrenza.
Vissia Menza