Laurana è una casa editrice nata nel 2010 e che, da allora, ha pubblicato 29 libri distribuiti in 3 collane: Rimmel, di narrativa italiana; Dieci, che tratta, attraverso elenchi di persone, motivi, idee, argomenti d’attualità; Europe, che è una serie di guide-reportages da città europee.
Quelle che seguono, e che precedono la parte sull’ultimo romanzo di Grugni, sono piccole considerazioni sui numeri dell’attività narrativa di Laurana. Non di vendita, solo di pubblicazioni.
I titoli della collana Rimmel, dal settembre 2010 ad oggi, sono 13, che vuol dire una media di un’uscita ogni due mesi, approssimativamente. Trovo questi numeri interessanti, seppure la scansione delle pubblicazioni non sia quella reale, perché possono dare un’idea del lavoro che sta dietro ai libri, e delle persone che lo svolgono. Mi sembrano, solo i numeri, indice di un comportamento, di un’attitudine nei confronti del libro. Aldilà del valore dei romanzi, delle raccolte di racconti. Come sono i libri di narrativa Laurana, o come dovrebbero essere?
Sul sito, nella pagina di presentazione della casa editrice, si trovano tra le altre queste parole:
“Laurana Editore si propone così di mandare in libreria una decina di titoli l’anno. L’interesse principale va a quegli scrittori che mostrano una spiccata attenzione per il contesto attuale del nostro Paese: un contesto sia strettamente legato a questo inizio del nuovo millennio, sia inteso come affresco degli ultimissimi decenni. Perché questa scelta? Vale a dire: come mai si è deciso di investire la narrativa di un ruolo che ci verrebbe spontaneo attribuire solo alla saggistica?
Perché grazie alla narrativa le cose si possono “far vedere”, si possono “mettere in scena”, e così rendere evidenti. […] Laurana Editore cercherà dunque di pubblicare letteratura che mostri le solite cose, ma in modo completamente diverso.”
Come si può notare, i numeri ci dicono che il proposito dei 10 libri annui non è stato raggiunto, per quel che riguarda la narrativa, mentre è stato di poco superato se si considerano tutte le collane. A me questi sembrano fatti indicativi di scelte che non inseguono novità ad ogni costo, se non si ritengono di valore.
Detto ciò, il romanzo di cui qui si parlerà è La geografia delle piogge, di Paolo Grugni, che rientra a pieno nella definizione di libro attento al “contesto attuale del nostro paese”. Le “solite cose” non sono così “solite”, e il “modo” non è “completamente diverso”, a mio avviso, ma quando mi è successo di parlare di questo romanzo, tra amici, una volta finita la lettura, le parole che mi son saltate in mente sono state: È un libro che si divora.
La prosa veloce e scorrevole, i capitoli brevi, le azioni che si susseguono velocemente, tutto contribuisce a che il lettore si immerga nelle trame e sottotrame, con una pagina che tira l’altra come fossero ciliegie, e intorrempere diventa non scontato, sei lì che volti pagina e magari ti dici: Ora smetto, ora devo andare, ora devo dormire, ora faccio altro. Ti ritrovi invece con gli occhi ancora piantati sulle lettere, sulle parole, sulle frasi, e il rischio diventa di farne indigestione, di non riuscire a metabolizzare tutto quanto è scritto, di non cogliere le sfumature di un narrato denso e leggero al tempo stesso. Bravo Paolo Grugni a maneggiare un materiale così ricco lavorando sulle superfici e riuscendo a rendere il senso di ciò che si agita in profondità.
Ma da quale materiale è composto questo libro?
La geografia delle piogge ha per protagonista Mauro Casagrande, ex-giornalista d’inchiesta dedito adesso alla vendita di libri usati su internet. La storia comincia con il funerale di sua madre, l’incontro con il padre, che da anni non sentiva più, e con lo zio. Quindi entrano gli altri personaggi: la sua compagna Federica, avvocato in un grande studio legale, e il suo collega di lavoro, Stefano, direttore di una biblioteca, che rifornisce di libri il suo commercio.
E tutto precipita, come pioggia.
La madre di Federica che sta male, Stefano che ha bisogno di soldi, una donna, Gloria Massari, che ha provocato la morte del proprio neonato, portatore di handicap, e che difesa da Federica chiede l’aiuto di Mauro, e suo zio Nino, gestore di un bar di provincia, che paga il pizzo alla ‘ndrangheta (siamo in quel Nord dove qualcuno negava ci fosse la malavita organizzata).
In mezzo a tutto questo, le dediche dei libri usati, che Mauro annota e sceglie per farne un libro, che porta a compimento verso la fine, e che interrompono ed al tempo stesso integrano la narrazione.
Non si può proprio dire che i temi d’attualità manchino. Si possono scrivere pagine e pagine su ognuno di questi, e da un punto di vista narrativo le difficoltà sono, a mio avviso, nel donare loro una sorta di leggerezza.
Se la scrittura di Grugni, centrata sul protagonista come io narrante, con il fondersi dei dialoghi nella narrazione, riesce a fare questo, d’altra parte, come scrivevo prima, il rischio di farne indigestione è reale ed ecco che le dediche che Casagrande trova nei libri usati diventano quasi pause di riflessione, atte a far rifiatare e pesare meglio quel che accade.
Le dediche sono d’amore, d’addio, di arrivederci, e sono di persone che le hanno ricevute e adesso, dando via i libri, se ne vogliono liberare. Quelle che Mauro sceglie compongono “una raccolta di cicatrici. Ho cassato ogni romanticheria regressiva e ho selezionato quasi esclusivamente messaggi che non escono dal recinto psichiatrico della frustrazione. L’amore è per gli altri speranza e rigenerazione, per me, ne trovo ora conferma, è avaria.” (pag. 153)
Nonostante questo, le sue azioni vanno in altra direzione: scrive, dopo avere passato ore con la Massari, una dichiarazione che lei leggerà in tribunale (ecco l’aiuto che richiedeva l’imputata); sta al fianco dello zio perché la ‘ndrangheta non l’abbia vinta. E Federica, e Stefano.
C’è, secondo me, uno scarto fra pensiero e l’atto che genera, che magari non è speranza e rigenerazione, e neppure avaria, è qualcosa che avviene dopo quest’ultima, e prima delle precedenti, se possibile, un movimento che possa rendere il terreno fertile per altro.
La geografia delle piogge non va letto di corsa, anche se corre. O almeno, come mi dice un ricordo di anni fa, quando leggete, “accelerate piano”.
Edizione esaminata e brevi note
Paolo Grugni è nato a Milano nel 1962. Ha pubblicato i romanzi Let it be (Mondadori, 2004; Alacran, 2006; Jackson Libri, 2008; Giallo Mondadori, 2009), Mondoserpente (Alacran, 2006; Giallo Mondadori, 2010), Aiutami (Barbera, 2008), Italian Sharia (Perdisa pop 2010), L’odore acido di quei giorni (Laurana 2011). Il suo racconto 12/9 è apparso nella raccolta Anime nere reloaded (Mondadori, 2008).
Paolo Grugni, La geografia delle piogge, Laurana, Milano, 2012
Sito dell’editore: qui
Pagina del libro: qui
Curiosità: da dove viene il nome Laurana?
“Paolo Laurana è il protagonista di A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia, un professore curioso che, proprio per la sua curiosità, ci rimette la pelle. Francesco Laurana, invece, era uno scultore vissuto intorno al 1500, un artista con uno sguardo anticonvenzionale che ha lasciato anche in Sicilia bellissime opere» ,spiega Gabriele Dadati, editor della casa editrice fondata dal siciliano Calogero Garlisi, già amministratore delegato di Melampo.”
ab gennaio 2013 (versione già apparsa sul sito lankelot, senza il cappello introduttivo sull’editore)