Recensione di Apri gli occhi di Chiara Vitetta

Creato il 24 maggio 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

7 Flares 7 Flares × Apri gli occhiChiara Vitetta
Pubblicato daEdizioni del Poggio
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:I melograni
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:

Apri gli occhi può essere definito come la storia di un incontro tra due persone particolari. Particolari non tanto per il loro carattere, ma per la vita che hanno scelto di condurre: Matteo, ex – insegnante e scrittore mancato, vive come un clochard e Rebecca si guadagna da vivere facendo la prostituta.

Risulta difficile recensire Apri gli occhi senza correre il rischio di scivolare nello spoiler. Questo è uno di quei (pochi, a parer mio) romanzi nei quali il finale conta moltissimo, dal momento che in esso viene esplicitato il messaggio veicolato attraverso il racconto. Nel finale di Apri gli occhi, che a posteriori appare quasi scontato, tutti i piccoli tasselli che Chiara Vitetta ha disseminato nel corso del romanzo trovano posto, andando a completare un puzzle semplice ma commovente. Apri gli occhi, scrivevo, è la storia di un incontro tra due persone, nel senso pieno del termine. Matteo e Rebecca si incontrano casualmente, per strada. È Matteo a notarla la prima volta. Si ritroveranno poco dopo, sotto un ponte dove lei “lavora”, e dove lui “vive”. Con le virgolette non voglio intendere un giudizio di valore sulle scelte di Rebecca e Matteo, ma sottolineare come essi abbiamo rinunciato a vivere davvero, a combattere per la realizzazione di se stessi, per i propri sogni, rinunciando all’autostima, lasciandosi soffocare dalla paura, dal malessere.

I due protagonisti si incontrano nel senso che si vengono reciprocamente incontro, cercano di conoscersi, di capirsi, di essere indulgenti l’uno con l’altra, di perdonarsi. All’inizio, Matteo fatica ad avvicinarsi a lei, in imbarazzo per le proprie condizioni fisiche, trattenuto dal timore più diffuso, e invalidante che ci possa essere: la paura di essere respinti, di soffire. È Rebecca, quindi, a farsi largo nel suo mondo, lì sotto un ponte, ad abbassarsi – realmente, sedendosi accanto a lui – a tirarlo fuori da una vita che forse non ha scelto. Voce narrante della storia è Matteo, che nelle prime pagine si presenta in maniera dettagliata, senza però spiegare come sia finito a vivere per strada: non lo scopriremo mai. All’inizio, avevo annotato sul Kindle un “curiosa” a proposito della scelta, da parte dell’autrice, di presentare in maniera così precisa e “didascalica” il narratore: verso la fine, ho capito pienamente il perché di questa scelta, e l’ho apprezzata molto.

Come è abbastanza naturale che sia, ogni volta che un romanzo è scritto in prima persona, finiamo per conoscere in maniera diversa i personaggi: di Matteo conosciamo i pensieri, le sensazioni, e di Rebecca il vissuto. C’è una sorta di zona grigia, in ognuno dei due personaggi, di cui non sappiamo nulla: del resto, è così anche nella vita reale. Di chi abbiamo di fronte, non conosciamo i pensieri, ma solo cioè che “si vede”, o ci viene raccontato. È soltanto alla fine che capiamo davvero di cosa parla Apri gli occhi: parla di sogni, di speranze perdute. È la storia, commovente, di un passaggio di testimone: il dono più grande che possiamo fare all’altro sono i nostri sogni, chiedendogli di realizzarli al posto nostro.

Venendo ai dati più “tecnici”, meno “emozionali”: Apri gli occhi è scritto bene, con un linguaggio puro, diretto. Tavolta abbiamo un’impressione di infantilismo, di stile non ben sviluppato e troppo costruito quando Matteo descrive i propri sentimenti. Dopo qualche pagina, osservando la sicurezza con cui l’autrice padroneggia registri stilistici diversi, mi sono resa conto che questa artificiosità è voluta: a parlare, a scandagliarsi è una persona che forse non possiamo definire “problematica”, ma certamente border-line. L’unico passaggio in cui non ho apprezzato in pieno la modalità di scrittura è quanto Matteo legge il romanzo di Rebecca, da lei mai pubblicato: si tratta di un testo particolare, onirico, che a mio avviso l’autrice infarcisce di troppi luoghi comuni, usando un tono melenso che stona col resto del racconto.

Degno di nota è anche il gioco di citazioni, di rimandi, di riferimenti intertestuali di cui è intessuto il romanzo: Apri gli occhi è il titolo di un film, di cui Vanilla Sky è in un certo senso il remake, e Vanilla Sky è anche il titolo di un’opera di Monet. Rebecca dipinge, nel chiuso del suo appartamento: opere che sono, ancora una volta, citazioni di dipinti più famosi. Senza svelare il “segreto” del romanzo, basandomi su queste citazioni mi sento dire che Apri gli occhi è, oltre a un messaggio di speranza, una meravigliosa favola postmoderna, un affascinante gioco di specchi, di rimandi. Da leggere.

Giulia Chevron - Blog personale



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