Recensione di ‘Chisciotte e gli invincibili’

Creato il 17 aprile 2014 da Valeria Vite @Valivi92

“Il cavaliere dell’eterna giovinezza
seguì, verso la cinquantina,
la legge che batteva nel suo cuore.”

.

‘Chisciotte e gli invincibili’ è uno spettacolo teatrale del 2006 che è stato trasformato in un cofanetto costituito da libricino e dvd. Gli autori sono Polmone, il cui vero nome è Gabriele Mirabassi, uno dei massimi virtuosi odierni al clarinetto a livello internazionale, Trinità, Gianmaria Testa, colui che “le canzoni le canta, le suona e le fa“, e Erri de luca, la mente e la voce narrante di tutto lo spettacolo.

Qui non si mette in scena Chisciotte, si prende Chisciotte come titolo di una figura perfetta di eroe non raggiungibile, ma sotto questo nome solenne andiamo a individuare un po’ di storie affini, di perone che potrebbero iscriversi alla sua discendenza.” Afferma Erri de Luca per descrivere la trama del suo spettacolo e in effetti, più che raccontare le avventure di Don Chisciotte (senza il don, perché per i napoletani risulterebbe equivoco), si tratta di una summa dei suoi personaggi letterari, storici o di attualità preferiti.

La scenografia è un tavolo attorno al quale sono seduti i tre amici, una sedia vuota invece da le spalle alla platea ed è per tutti coloro, uomo o donna, che meritano di essere i Don Chisciotte di oggi. Ogni volta che il pubblico applaude gli artisti si versano un bicchiere di vino, come se fossero in osteria. Erri De Luca al proposito racconta: “ [...] questo tavolo di osteria. Uscire sulla scena senza questa certezza… insomma io vengo qua, da tante serate passate all’osteria a cantare e raccontare, e a sentir cantare. Dunque senza questa solida base sulla quale mi appoggio mi sarebbe difficile affacciarmi su una platea così solenne, davanti alle persone che si spostano da casa per venirmi a sentire. Mi avvalgo della facoltà di essere cliente di questo tavolo da molto tempo, e di avere amato questo modo di passare insieme le serate.

Altri oggetti di scena sono il fantoccio di Don Chisciotte rappresentato da un attaccapanni che brandisce un ombrello e indossa uno scolapasta (che poi diventerà in alcuni punti dello spettacolo anche il copricapo degli artisti); sullo sfondo sono proiettate delle immagini molto suggestive e la luce in scena viene accesa da Erri De Luca azionando simbolicamente una lampada che pende dal soffitto.

Lo spettacolo inizia considerando i primi Don Chisciotte i migranti, sia gli italiani nel passato sia gli africani di oggi, poi gli scalatori e gli amanti. Anche una radice come la patata può essere un Don Chisciotte perché ha salvato molti dalla fame, oppure un personaggio biblico e balbuziente come Mosè o l’intellettuale Izet Sarajlic, che non fuggì da Sarajevo per la convinzione che ogni intellettuale debba restare vicino al suo popolo. I tre artisti aprono poi un paragrafo dedicato alla guerra e in particolare alla poesia di Ungaretti (“Un’intera nottata buttato vicino ad un compagno massacrato” a versi alterni), all’olocausto, agli aviatori italiani morti per nulla e al cantautore francese Boris Vian, reinterpretando in italiano la canzone Il Disertore. Ne proponiamo una versione in italiano di Ivano Fossati.

De Luca parla poi dell’indifferenza, di cui sono affetti gli ipocriti che non sanno distinguere la realtà dalla finzione e si comportano come se fossero gli spettatori di uno spettacolo di fantasia, cui sono chiamati ad applaudire anziché intervenire. Lo stesso Don Chisciotte, in un passo del libro, interverrà in uno spettacolo di marionette. Viene poi cantata la canzone di De Andrè dedicata ai suicidi. Lo spettacolo continua con “Canzone per una prigioniera” e infine un “Elogio ai piedi“, recitata da Testa dopo essersi tolto le scarpe.

Oltre al racconto di storie vere o fantastiche, nel corso dell’opera si ascoltano emozionanti a oli al clarinetto, canzoni e poesie musicate.


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