0 Flares 0 Flares × Da New York a Notting Hill per innamorarsi ancoraAli McNamara
Pubblicato daNewton Compton
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Anagramma
Genere:Chick Lit
Pagine:
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Il libro su Goodreads
La trama:
Scarlett O'Brien, giovane irlandese che ormai convive a Londra, nel famoso – grazie al cinema – quartiere di Notting Hill, vola a New York per andare a trovare il padre, ma finirà coinvolta in una serie di avventure grazie alle quali avrà modo di dimostrare il suo buon cuore e, soprattutto, le tornerà ancora una volta utile la sua passione per le commedie romantiche.
Dopo Colazione da Darcy e Innamorarsi a Notting Hill, Ali McNamara torna con un nuovo romanzo che può essere classificato come “rosa”, o come “chick-lit”. Da New York a Notting Hill si presenta come il seguito di Innamorarsi a Notting Hill: per poterlo leggere non è strettamente necessario aver letto il primo romanzo, ma naturalmente vi sono parecchi riferimenti a eventi accaduti precedentemente che sarebbe interessante conoscere. La protagonista, Scarlett, vive ormai stabilmente con Sean a Notting Hill e gestisce la filiale londinese dell’azienda del padre, che produce macchine per popcorn. Tuttavia, la sua personalità inquieta appare insoddisfatta, non sufficientemente appagata dalla quotidianità, e su consiglio del compagno parte per andare a trovare il padre Tom, che lavora a New York. Prima di partire, insieme al migliore amico Oscar, omosessuale, prende con sé, senza un vero motivo, una particolare spilla a forma di libellula da sempre appartenuta alla sua famiglia.
Approdata a New York, Scarlett si imbatterà quasi subito in un reporter televisivo, Jamie, con il quale, pur non essendone attratta fisicamente, percepisce un misterioso legame. La storia si snoda attraverso luoghi di New York famosi per essere comparsi in commedie romantiche e “di consumo”: Scarlett è, infatti, una vera e propria maniaca dei film e del cinema, riconosce citazioni pressoché ovunque e vorrebbe ogni volta essere coinvolta in vicende “da film”. Insieme ad Oscar visiterà musei importanti, parteciperà a svariate feste, e grazie a Jamie scoprirà la storia della spilla a forma di libellula, che ha scelto di portare con se: spilla che li lega indissolubilmente.
Mi sono approcciata volentieri alla lettura di Da New York a Notting Hill perché ho apprezzato i precedenti romanzi della McNamara, in particolare Innamorarsi a Notting Hill, ed ero quindi curiosa di scoprire come l’autrice avrebbe fatto continuare la storia. Purtroppo, questo secondo romanzo è stata una delusione pressoché totale: temo che McNamara si sia fatta trascinare dal successo dei precedenti best-sellers e abbia voluto cavalcarne l’onda, senza produrre nulla di nuovo. Per quanto riguarda l’ambientazione, ci troviamo in una New York cinematografica, come l’abbiamo vista in tantissimi film, da Harry ti presento Sally a Serendipity: questa scelta risponde sicuramente alla necessità di continuità col primo romanzo, e mira a far vedere la città con gli occhi di Scarlett. Personalmente ho trovato la scelta sì carina e originale, ma il continuo susseguirsi di citazioni mi è sembrato un po’ eccessivo, pesante.
Passando all’analisi dei personaggi, Scarlett nel primo romanzo era davvero una figura originale, descritta come di buon cuore ma ossessionata dai film e pertanto irritante, quasi “sciocca”: qui è opaca, sbiadita, praticamente una macchietta. Macchiettistico è anche Oscar, l’amico di Scarlett: è il “classico” gay da film degli anni Novanta, vestito di colori sgargianti, ossessionato dal proprio aspetto fisico, sembra quasi di sentirlo parlare in falsetto. Ho trovato fosse una figura insopportabile: è disegnato con toni pesanti, decisi; del tutto assente l’ironia. Anche Sean, che nel primo romanzo era davvero il prototipo del “principe azzurro” cinematografico, appare noioso, apatico, privo di connotazioni particolari. Le uniche figure che, a parer mio, si salvano, sono Jamie e il padre di Scarlett.
Per quanto riguarda lo stile, l’ho trovato abbastanza piatto, addirittura con un uso errato dei tempi verbali, che non so sia da imputare alla traduzione, nelle prime pagine. La trama non è noiosa di per sé, dal momento che è densa di avvenimenti, ma finisce per stancare, per affaticare, visto il continuo susseguirsi di eventi assurdi, surreali. Ugualmente irrealistici sono i dialoghi, nel corso dei quali i personaggi continuano a pronunciare, “casualmente”, battute tratte da film famosi. Insomma, se nel primo libro poteva essere divertente il gioco di citazioni, qui ha decisamente stufato: come si dice, il troppo stroppia. Come ha avuto modo di dirmi un’amica scrittrice di recente, nessun romanzo rosa è realistico. Eppure, questo tipo di narrativa di evasione piace proprio perché dovrebbe far sognare, rendere possibile l’immedesimazione: in questo caso è veramente impossibile.
Spero che quanto scritto finora possa motivare il giudizio negativo su questo romanzo: diversamente da tante altre lettrici, non ritengo che il romanzo rosa sia da demonizzare o da giudicare negativamente a tutti i costi. Anche la narrativa di intrattenimento merita di essere valorizzata e incentivata, ed è quindi necessario isolare i romanzi meritevoli da quelli come questo, che non riesco a non ritenere semplicemente sciocco.