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Recensione di Gli anni della leggerezza di Elizabeth Jane Howard

Creato il 06 novembre 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Informazioni sul libro
Titolo:
Autore: Elizabeth Jane Howard
Pubblicato: Fazi
Collana:Le strade
Genere: Narrativa Contemporanea
Formato: BrossuraPagine:

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Giudizio: four-half-stars


Il primo capitolo della saga dei Cazalet ci presenta la famiglia in vacanza nel Sussex. È un ritratto delicatamente ironico e deliziosamente pungente della borghesia inglese degli anni ‘30: le apparenze da salvare a ogni costo e i cerimoniali da osservare pedissequamente nonostante la Guerra imminente svelano le piccolezze di una società superficiale e annoiata destinata a cambiare.

Spesso trascurata dalla critica perché autrice per donne, Elizabeth Jane Howard ne Gli anni della leggerezza in realtà critica il gentil sesso: personalmente mi sarei offesa a essere considerata una borghesuccia facilona e annoiata. Vista la poca considerazione di cui godevano le donne, contemporaneamente, le giustifica: istruite in casa, allevate per compiacere e intrattenere, poche riuscivano a salvarsi dalla morsa gentile eppur forte della famiglia.

Ne è un esempio Rachel, unica figlia nubile del Generale e della Duchessa, come vengono soprannominati i capostipiti, che mette al primo posto il benessere e la felicità di tutti a discapito della sua relazione con Sid, la violinista di origine ebrea. L’essere gay è già un problema in quegli anni, ma essere una mezzo sangue è la ciliegina: percepire l’antisemitismo, esserne infastidita, offesa e umiliata e allo stesso tempo grata di essere graziata, perché solo mezzo ebrea, è straziante.

È una delle poche donne del romanzo a riportarci alla realtà storica, l’altra è una bambina: Polly, figlia di Hugh, primogenito del Generale. La nuova generazione Cazalet è la dimostrazione dei tempi che cambiano: dodicenni con problemi esistenziali che le madri neanche si sognano, sono l’anima profonda della famiglia.

Louise, figlia di Edward e Villy, è l’alter ego della Howard: come la scrittrice, nasce in una famiglia ricca grazie al commercio del legname, la madre, ex ballerina, lascia la carriera per dedicarsi alla famiglia e il padre abusa di lei. Villy per amore cerca di adeguarsi all’idea della madre e moglie perfetta, ma è subito evidente che non la rende felice e soprattutto che nulla è perfetto. Per non vedere cosa le succede intorno, si tiene occupata con gli hobby più stravaganti e l’unica sua consolazione è lo shopping compulsivo.

La cognata Zoe, seconda moglie di Rupert, terzogenito del Generale, è annoiata come lei, ma non essendo ricca non può trovare lo stesso conforto. Sembra tanto bella quanto stupida, ma forse è semplicemente troppo giovane. Rupert è combattuto tra l’idea di dedicarsi all’arte e quella di lavorare nell’azienda di famiglia: sa che non può permettersi di vivere da bohémien con una famiglia da mantenere, ma sente che è la sua vita.

Da una generazione all’altra i Cazalet mostrano sempre meno sicurezza nel ruolo che occupano e accettano sempre meno di buon grado i doveri della loro posizione: dalla stoica e vittoriana accettazione dello status quo dei capostipiti, attraverso i dubbi dei loro figli fino ai tentativi di ribellione dei loro nipoti.

Non vedo l’ora di leggere il secondo capitolo della saga per scoprire chi di loro ce la farà e capire quanto diventeranno pesanti gli anni.

A photo posted by Leggere a Colori (@leggereacolori) on Nov 4, 2015 at 8:16am PST

Approfondimento

Il titolo originale, infatti, The Light Years, “Gli anni leggeri”, sembra preannunciare l’arrivo di quelli pesanti.

L’apparente staticità del romanzo rende perfettamente l’atmosfera dell’attesa in un’altalena di desideri e paure: la fine dell’estate che riporterà finalmente le signore annoiate in città e i ragazzi terrorizzati dalla solitudine e dal bullismo in collegio, l’angoscia portata dal radiogiornale e la necessità di sapere se ci sarà di nuovo la guerra.

Trovo azzeccata anche l’interpretazione del titolo da parte dell’editore Fazi: la leggerezza non è solo degli anni, ma è la superficialità, voluta o meno, nell’affrontare i problemi e le vicissitudini della vita, la mancanza di priorità e di significato che solo le nuove generazioni sembrano capire.



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