Magazine Cultura

Recensione di I Lanciafiamme di Rachel Kushner

Creato il 19 settembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

5 Flares 5 Flares × Recensione di I Lanciafiamme di Rachel KushnerI LanciafiammeRachel Kushner
Pubblicato daPonte alle Grazie
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Scrittori
Genere:Romanzo Storico
Pagine:
Acquista il libro IN SCONTO
Acquista l´eBook
Il libro su Goodreads
Trama:

Un romanzo impegnativo sul finire degli anni Settanta racconta le esperienze di una giovane artista, che si trasferisce a New York per tentare di fare carriera sulla scena internazionale, ma finisce per scoprire l’altrimenti ignorata dicotomia tra la spocchiosa borghesia degli industriali arricchitisi nel secondo Dopoguerra e la rabbia dei manifestanti negli “anni di piombo”.


I lanciafiamme di Rachel Kushner racconta due storie: una è l’anabasi della famiglia Valera, che inizia con un uomo cresciuto tra la guerra e le prime moto che sfrecciano in una Milano futurista e culmina con la ricchezza data dalla fabbrica e dallo sfruttamento; l’altra, raccontata in prima persona, è la catabasi della protagonista e del miracolo economico, che costituisce la storia principale del romanzo. Siamo nel 1977. Un’artista affascinata dalla land-art e singolarmente appassionata di motociclette decide di trasferirsi a New York lasciando Reno, la città natale che le fornisce anche il soprannome con cui viene chiamata; portandosi dietro una cinepresa mai restituita alla facoltà d’arte, un numero di telefono che si rivelerà non più attivo, tanti sogni e poche certezze, Reno desidera entrare a far parte del mondo dell’arte contemporanea. Tra i discorsi alienanti e le battute illogiche delle sue nuove e stravaganti conoscenze, la ragazza viene introdotta nell’elite artistica della città, e conosce infine Sandro Valera. Questo personaggio è persino meglio descritto della protagonista: uomo del ’39, “troppo ricco per essere preoccupato” secondo gli amici, si è stabilito a New York con l’intento di sfuggire ai cliché impostigli dalla ricca famiglia italiana, la quale produce moto e gomme per pneumatici.

Reno accanto a lui sembra aver trovato la sua strada: l’amore per Sandro e il sesso liberatorio entrano sulla scena proprio nel periodo in cui dalla sua passione per le moto scaturisce l’idea per un filmato artistico che potrebbe aver un certo valore, ma un incidente sulle Bonneville inficia il risultato e la fa tornare a New York a mani vuote. Tuttavia, sin dalla permanenza sulle distese saline, una catena di eventi la collega sempre di più alle rivolte di piazza che stanno sconvolgendo l’Italia, raggiungendo l’apice attraverso il soggiorno nella villa dei Valera, a Como. Dapprima Reno assiste all’indignazione e alla superficialità con cui gli arricchiti considerano i moti di piazza, ma ben presto, scappando da un nemmeno troppo imprevedibile tradimento, finisce dall’altra parte della barricata, trovandosi a prendere parte in modo perplesso e persino opportunista alla lotta armata. Reno conosce in poco tempo la velocità, l’incertezza, l’effetto della ricchezza e poi quello dei gas lacrimogeni: non è un’eroina, è solo un’osservatrice. Lei è il personaggio principale del libro, ma potrebbe benissimo essere definita una “attrice non protagonista”: di fatto la ragazza è calata nei fatti ma si limita a registrarli con indolenza, talvolta apparendo persino stupida; viene sballottata nelle situazioni come la pallina di un flipper finita dentro a un gruppo di campanelle che la fanno rimbalzare nelle circostanze, indifferenti alla sua volontà. Alla fine, nella parte del romanzo in cui finalmente l’intreccio fa incontrare la sua esperienza con la parabola dei Valera e finisce per spiegare molte cose, compresa l’origine del titolo del romanzo, Reno appoggia quasi inconsapevolmente il piano di un possibile terrorista, che la porterà fino a Chamonix. Lì resterà ad aspettare invano mentre la neve cade indifferente sul suo viso e ne punteggia la decisione di tornare infine a New York, sola e ancora priva di risposte.

I lanciafiamme non è un’opera facile da leggere. Non è una storia d’amore intrecciata agli eventi, né un memoire sullo stile di vita borghese, tantomeno un reportage romanzato sui difficili e tesi anni Settanta in Italia. La Kushner, pur costruendo certamente un plot originale e un intreccio basato su fatti troppo spesso dimenticati o poco conosciuti, pone un’attenzione oserei dire maniacale alla ricerca delle parole e si sforza di fare la parte del narratore aulico in un’ambientazione talvolta frivola, talaltra volgare, altre volte ancora rabbiosa. Dappertutto si trovano frasi e sentenze di sicuro valore, ma che commentano e corredano enormi digressioni, atte soprattutto a sottolineare la stravaganza di alcuni personaggi e inserire nella trama elementi assolutamente irrilevanti al fine dello svolgimento della storia, ma di certo inseriti con lo scopo di voler fornire concetti o punti di vista alternativi sui casi della vita. Il ritmo della narrazione è lento, talvolta pesante; si potrebbe definire anche poco avvincente, ma chiaramente l’intento dell’autrice non è quello di fornire una storia avvincente quanto quello di raggiungere stili lirici. L’extradiegesi è molto importante, a tratti rischiosamente pesante, a scapito dei dialoghi, riportati soprattutto in discorso indiretto. Per certi aspetti lo scrivere dell’autrice potrebbe ricordare a tratti Kerouac, a tratti Palahniuk, senza tuttavia poterli raggiungere.

Si colloca certamente nel genere sperimentale, e personalmente sono riuscita a farmelo piacere solo considerandolo come tale. L’idea di narrare fatti storici ed esplosivi calandoli in una realtà che avrebbe voluto non conoscerli è vincente, ma le divagazioni e la celebrazione di gesta di decadenza e dubbio gusto mi sono risultate a un certo punto persino fastidiose, tanto da indurmi a pensare che molti pezzi fossero stralci di racconti dell’assurdo scritti per altri motivi e buttati lì come scampoli a imbottire la trama. Consiglierei I lanciafiamme a un pubblico adulto, armato di una buona dose di pazienza, informato al punto da non poter essere confuso dalla finzione; i flashback corposi e numerosi richiedono certamente un lettore costante, capace di tenere i fili della trama nonostante siano appesantiti da una narrazione lenta e in grado di apprezzare periodi sintatticamente semplici, ma densi di parole ed effetti ricercati.

Alice Stocco Donadello



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :