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Recensione di Il confine di Bonetti di Giovanni Floris

Da Leggere A Colori @leggereacolori

30 Flares 30 Flares × Recensione di Il confine di Bonetti di Giovanni FlorisIl confine di BonettiGiovanni Floris
Pubblicato daFeltrinelli
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Fuochi
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:

"Io e Bonetti eravamo amici da sempre. E lo saremmo stati per sempre, se non fosse che a un certo punto io ho cominciato a odiare la vita, mentre lui non ha mai smesso di amarla".

Il confine di Bonetti è il romanzo d’esordio del giornalista Giovanni Floris, il conduttore di Ballarò. Prima di cimentarsi nel campo della narrativa, egli aveva scritto saggi a carattere economico e politico. Pubblicato da Feltrinelli nel marzo 2014, nella collana “Fuochi”, il libro racconta la storia di un gruppo di amici romani, dalle avventure della loro adolescenza negli anni Ottanta, alla disgraziata conclusione della loro rimpatriata avvenuta oltre vent’anni più tardi. A raccontarla è il facoltoso e stimato notaio Roberto Ranò, quarantaseienne sposato con Ornella e padre di due figli. Ranò si trova in carcere a Rebibbia, per una storia che troverà un chiarimento solo alla fine e, attraverso una lunga confessione ad un pm, egli racconta di una generazione, quella degli anni Ottanta, che è stata anche la realtà in cui è cresciuto Floris. Nonostante egli abbia negato radici autobiografiche, si avverte che quell’atmosfera l’ha vissuta in pieno e che ne conserva un nitido ricordo. Lui, classe 1967.

In carcere Ranò è finito con gli amici di sempre, compagni di scuola persi di vista nell’età adulta e riapparsi per un’ultima “notte da leoni” finita male.

Il “confine” di cui si parla nel titolo è la linea che separa quello che si può fare da quello che invece è proibito. Il notaio Ranò, il regista in odore di oscar Marco Bonetti e tutti i loro amici, sono sempre stati abituati, fin dai tempi delle medie, a vivere sul confine. Ranò crescendo si allontana dall’amore per la trasgressione e perde il gusto della vita. E adesso, lì in prigione, a quasi cinquant’anni, se ne rende conto. E realizza che la parte migliore di sé l’ha data negli anni Ottanta, quando ancora riteneva che tutto fosse possibile. L’autore ha cercato di raccogliere nei suoi personaggi aspetti comuni che si trovano in ognuno di noi e nei quali ci possiamo identificare. Non vi è nostalgia per gli anni andati, bensì vi è il rimpianto per quel tempo in cui si aveva la sensazione di poter diventare qualunque cosa. In cui ci si sentiva tutti alla pari.

Nei ricordi di Ranò si rivivono gli anni Ottanta, con i riferimenti ai vestiti, alla musica, ai programmi tv che andavano di moda. L’amicizia fra uomini è cameratismo, dura a lungo, perché nascono meno invidie rispetto a quella fra donne. Ranò è un uomo normale, ora entrato in crisi, che odia il suo lavoro e la vita; il suo alter ego è sempre stato Bonetti, un ragazzo brillante e trasgressivo, che si è distinto per la fiducia in se stesso, che è riuscito a diventare un regista famoso. La sua regola è sempre stata “se non sfondi, cambia posto”. Sesso, droga e notti brave: gli ingredienti in questo debutto da romanziere di Floris ci sono tutti. La scrittura è fluida, ironica, e ci si trova spesso a fare delle sane risate. L’opera però contiene un problema esistenziale di fondo: come abbiamo perso di vista i sogni di quando eravamo giovani? È la domanda di base e lo scopo del libro è quello di riportarci un po’ tutti su quel “confine”.



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