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Recensione di Il matto affogato di Elda Lanza

Creato il 09 febbraio 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Recensione di Il matto affogato di Elda LanzaVoto:
Informazioni sul libro
Titolo:Elda Lanza
Pubblicato da:Salani
Genere:Gialli
Formato e pagine:
Social:Goodreads
Disponibile su:
in offerta
scontato
usato
Trama:

Max Gilardi torna a Napoli per fare l’avvocato. E per cercare di dimenticare il recente doloroso passato, ritrovando i vecchi amici e le vecchie usanze. Ed esattamente nelle vecchie usanze andranno inquadrati i due delitti che lo coinvolgeranno, come amico e come avvocato, in una Napoli che lui crede ancora di conoscere.


Pensavo fosse solo un giallo. In realtà Il matto affogato è una storia come tante che accadono, mostrando la varia umanità del mondo.

Max Gilardi torna a Napoli. Per ricominciare, pare. Ma al momento deve accettare quello che gli offre (anzi, gli impone) suo padre, perché è figlio e nipote di cotanta genealogia del foro. Si fa subito riconoscere: lui è diverso, è cresciuto professionalmente al nord, quindi sembra dimentico dei legami che si sono creati un tempo e rafforzati adesso nella cerchia della gente che conta.

Si prende subito cura di un ragazzo, scuro di pelle: in fondo la moglie morta è sempre presente, in tutto il romanzo, come un diamante purissimo ed inscalfibile che causa blocchi continui ai meccanismi emozionali, blocchi che fanno quasi ricadere il protagonista nel solito cliché dell’uomo che non deve chiedere ma che non dà.

La morte di un giovane, inizialmente presentata come suicidio, dà una scossa alla città. Max viene ingaggiato dalla madre del ragazzo, che non crede al suicidio, e si inizia a delineare la Napoli dei sotterfugi, dei piaceri fatti e resi, delle invidie e delle maldicenze.

Contemporaneamente, mentre frequenta senza impegno una donna molto più giovane di lui, Max viene incaricato di far luce sulla morte del fratello, accaduta tempo addietro. Ed anche qui si riaprono finestre sulla Napoli che ci aspettiamo: accordi, piaceri, mafia e ’Ndrangheta. Tutto mascherato, con amabile ed accurata attenzione, dall’amore.

Non ci sono colpi di scena, tutto scorre tranquillo come un fiume ormai in pianura: Max non ha mai troppa fretta, a meno che non debba provare la veridicità di una delle sue intuizioni. Non si ha suspense, c’è solo il racconto di come le cose accadono, di come si arriva alle conclusioni, mettendo insieme come un puzzle le frasi prese dai diversi personaggi. E resta piacevole il fatto di non anticipare mai le connessioni già legate nella mente del protagonista, facendole apparire, durante gli interrogatori e i ragionamenti, quasi come curiosità di poco conto, ingannando il lettore ed attirando la sua attenzione su altri argomenti, i quali si rivelano, alla fine, solo un corredo di informazioni.

Max è un vecchio volpone. Un bell’uomo che non si mostra troppo in giro, fa crescere il mistero su di sé, sceglie con cura le donne da frequentare in modo tale da non innamorarsi ancora.

Max ha troppi ricordi, vissuti sia in quella città sia altrove, e ci convive forzatamente. La correttezza è la sua corazza e il suo rifugio. Sembra comunque vegetare e non vivere. Si concede di godere ma non gode. Non si riesce mai a vederlo davvero felice, indossa sempre un velo di distacco: mentre giudica di tralice il padre, mentre gioca al gatto e topo con Elena, mentre cerca di far cadere in errore Rosina, mente apre cassetti segreti con l’ex procuratore Giussani.

I personaggi de Il matto affogato fanno da corte all’avvocato: alcuni sono ben delineati, perché necessario per il racconto, mentre altri sembrano far parte di una coreografia pur rivestendo ruoli rilevanti ma non importanti ai fini delle indagini. Perché i due casi di cui tratta il libro non sono altro che la scenografia in cui si muove il protagonista: sono la miccia che accende le polveri che faranno luce sulle abitudini della città, le sue usanze (il caffè, il re incontrastato di ogni incontro), le chiacchiere (Avvocato, ma lei non ne sa niente? Lo hanno detto pure i giornali!), i segreti (… e nessuno lo deve sapere!), le paure, le amicizie ed i legami, veri e presunti (… l’amore della mia vita, era!).

Approfondimento

Il libro parte molto bene: mi è piaciuto “sentire” i pensieri dell’avvocato mentre visita i luoghi dov’è vissuta Natj, con le descrizioni in terza persona immersa che rendono partecipi delle emozioni del protagonista.

Peccato che una volta che Max torna a Napoli lo stile cambi e la narrazione rallenti. Come il protagonista, che non sembra più di tanto realmente interessato a reintegrarsi nella società di una città che non ha vissuto da tempo, anche lo stile inizia ad allungare le frasi, spesso mancanti di punteggiatura, a volte come pensieri lasciati liberi senza una struttura o un fine.

Poi si ha il primo delitto. L’avvocato si sveglia e la narrazione riparte: stavolta le descrizioni hanno una motivazione, i pensieri ed i sentimenti si confanno alla utilità ed allo scopo di scoprire la verità. Una narrazione in terza persona immersa… ma non emozionante come nel primo capitolo.

Una cosa che dispiace, ed oltretutto destabilizza, è un errore marcato e ripetuto: com’è che Gioia, la fidanzatina di Carlo, viene chiamata Gloria dalla sua stessa madre? (vedi capitolo 21).

Come oltremodo destabilizzanti (in fondo è un giallo, ogni cosa detta e fatta è un particolare che dovrebbe portare alla scoperta della verità) sono i dialoghi dove, nonostante ci siano più di tre persone, non riportano chi dice cosa. Capisco che l’importante sono le cose che vengono dette e non chi le dice, ma indicarlo renderebbe più semplice leggere i dialoghi senza doversi soffermare ed addirittura rileggere per arrivare a capire se le parole sono dette da chi è interrogato o chi interroga (vedi capitolo 11: chiacchierata di Max e Giacomo con Aziz e gli amici di Carlo). Ma non glielo ha corretto nessuno?

Il matto affogato è comunque gradevole nell’insieme, incuriosisce e si ha voglia di vedere come andrà a finire, nonostante il fatto che i personaggi, eccetto Rosina, non sembrino molto napoletani. Le storie di letto con le due signore non sono utili al fine del romanzo, fanno solo corona alla necessità di mostrare che il protagonista è un uomo che non deve sbattersi molto per avere una donna con cui trastullarsi. Perché lui è innamorato della moglie morta e quindi non può vivere una storia con altre… Ma non mi serve sapere questo se leggo un giallo: mi aspetto altro.

Io personalmente sono rimasta delusa anche perché mi aspettavo un collegamento che non c’è stato. E anche perché mi aspettavo un giallo. E questo libro non lo è.

Eliduin

Elda Lanza

Elda Lanza è nota al grande pubblico come prima presentatrice della televisione italiana. È stata giornalista, scrittrice ed esperta di comunicazione, docente di storia del costume.
Nel giugno 2014 è stata insignita del titolo di Commendatore al merito della Repubblica Italiana dal presidente Napolitano.



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