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Recensione di Il violino nero di Maxence Fermine

Creato il 02 settembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

0 Flares 0 Flares × Recensione di Il violino nero di Maxence FermineIl violino neroMaxence Fermine
Pubblicato daBompiani
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:AsSaggi
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:

“Voi l’avete mai suonato?”

“Solo una volta. Tanto tempo fa. Da allora non l’ho più toccato. È come l’amore. Quando hai amato una volta - e mi riferisco all’amore vero, al grande amore - fai di tutto per dimenticartene.”

Johaness Karelsky è un musicista di grande talento. La sua è una storia che ha del miracoloso e che ha sfidato le leggi del tempo e dello spazio per imprimersi nella memoria umana. All’età di cinque anni inizia a suonare il violino e da allora la sua vita sarà una dura ricerca dell’opera perfetta. Il suo sogno, giunto all’età di trentun anni è di comporre la più grande opera musicale della sua vita. L’unica e la sola in grado di renderlo eterno. Dovrà affrontare la guerra, il dolore, la morte, il senso di perdita e l’irrefrenabile voglia di amore prima di giungere ad infrangere il suo più grande sogno: possedere il violino nero.

Il violino nero di Maxence Fermine è un romanzo breve, quasi un racconto che lascia tracce di sé durante tutta la lettura che non è soltanto una semplice conoscenza della storia ma diventa un continuo affondo nell’anima. Il protagonista è un uomo francese dal grande talento musicale, un violinista, che giunto all’età di trentun anni decide di abbandonare la carriera che lo ha portato in giro per il mondo e che lo ha reso a suo tempo un bambino prodigio per cercare di comporre la grande opera simbolo di tutta la sua esistenza. La copertina del libro è nera, il titolo bianco e osservarla in silenzio mentre pensiamo a cosa ci troveremo dentro, non può che far affiorare sin da subito un leggero brivido che accarezza la pelle perché diciamola tutta, qui e adesso: questo libro non racconta nulla di originale ma è il modo in cui lo fa a lasciare inevitabilmente il segno. Johaness sin da bambino non ha bisogno di imparare a suonare il violino, i maestri sono sorpresi, sanno di non avere nulla da insegnargli. Egli è tutt’uno con lo strumento e possiede la capacità di sentire la sua musica con il cuore. Sente il suono del violino vibrargli le corde dell’anima, sente di amarlo e di suonarlo per sfiorare lo spirito dell’umanità. “Johannes possedeva entrambe tali qualità.

Egli sapeva ascoltare il proprio strumento. E sapeva sentirlo vibrare all’interno di sé.” Un protagonista nero ed intenso, avvolto dal fumo della solitudine e dell’inquietudine di chi conosce se stesso e vorrebbe esprimerlo nell’unico modo che conosce: la musica. Un’atmosfera drammatica, che trasuda dolore e guerra lo accompagna nel percorso di crescita esistenziale fino alla conoscenza con Erasmus, un vecchio liutaio di Venezia che gli mostrerà come rendere reali i suoi sogni e raggiungere anche ciò che appare più irraggiungibile: l’amore. Johannes è convinto di essere stato salvato da morte sicura, durante un ferimento in battaglia, da una donna, un’amazzone con una cappa nera, che lo ha raggiunto con un cavallo nero e lo ha abbeverato. Dopo ha iniziato a cantare, ammaliando l’uomo con una voce talmente pura da essere paragonata a Dio. Erasmus è colui che possiede il violino nero e che lo inizierà ad una storia di mistero e magia che ha il sapore della leggenda. Johaness capirà che è sempre e soltanto l’amore la chiave di tutto.

Un amore straziato, addolorato, tragico che non può essere vissuto perché fin dal principio maledetto. Quel violino nero carico di oscure promesse e di un potere inconoscibile diventa simbolo di tutto ciò che l’uomo ha da sempre desiderato inconsapevolmente. In esso si concentra la donna dei suoi sogni, l’amazzone nera e la passione per la musica, unico mezzo per unire l’anima racchiusa nel corpo attaccato alla terra che subisce il fascino del cielo, della sua purezza. Lo stile narrativo è carico di poesia sussurrata, appena accennata, di misticismo, di paura e di ombra. E’ una storia triste, carica di nostalgia, ma anche di incontaminato, di puro e pulito, come può esserlo solo il miracolo della creazione. Non vi nasconderò che è la morte a farla da padrone, ma il violino nero è una storia che si legge in un pomeriggio come tanti rendendolo un po’ speciale. Perché questo è uno di quei libri che se lo senti arrivare fin dentro, senti esattamente quel violino suonare, quella voce raccontare di anime e di mondi senza mai poterli afferrare.

La musica è libertà, è profumo di vita, è infinito, un intenso ed indimenticabile momento che ha i colori a volte accecanti della follia. Vi dico di leggerlo perché è tutto lì, chiuso in poche pagine, in frasi brevi e potenti, alcune come schiaffi, altre come lampi che squarciano il buio di quel sogno chiuso in un segreto che si chiama violino nero. Io l’ho sentito suonare, l’ho sentito accarezzare la mia follia, perché in fondo tutti aspettiamo qualcosa e nel frattempo è bello scoprirsi a tremare. Ancora.

“Aspetta che il tuo sogno si avveri, e sarai liberato. Prima o poi succede sempre. Basta aspettare.”

Antonietta Mirra



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