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Recensione di Ivan il terribile di Alcìde Pierantozzi

Creato il 31 maggio 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

0 Flares 0 Flares × Recensione di Ivan il terribile di Alcìde PierantozziIvan il terribileAlcìde Pierantozzi
Pubblicato daRizzoli
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Scala italiani
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:

Ivan è un adolescente uscito dal riformatorio. Il suo ritorno a casa, in un paesino delle Marche, condizionerà la vita di altri due adolescenti: Sara e Federico. Un’adolescenza raccontata e vissuta in maniera cruda e inaspettata.

Non tutti i libri possono piacere, no? Ivan il terribile di Alcìde Pierantozzi non sarà annoverato fra i miei preferiti. L’autore ci presenta la realtà di un piccolo paese delle Marche, Roccafluvione, dove le vite di tre adolescenti si incontreranno e incastreranno in un modo davvero insolito. Ivan, uscito di riformatorio da qualche settimana aiuta il padre, rimasto in sedia a rotelle dopo un tragico incidente, nella gestione del maneggio di famiglia. È un adolescente spregiudicato, strafottente e maleducato (o almeno è questa l’impressione che dà). Sara, giovane ragazza con un sogno nel cassetto: vincere una gara di equitazione. Per raggiungere l’obiettivo lavora al maneggio della famiglia di Ivan in cambio dell’alloggio della sua cavalla. Federico, trasferitosi dal Nord da poco e figlio di una nota pittrice, che diventerà l’oggetto del desiderio dall’aspetto esotico, del piccolo paese. Il suo personaggio è idolatrato e odiato allo stesso tempo, ma tra attrazione e ripudio troverà presto il suo ruolo in quel piccolo mondo.

L’incontro e lo scontro di queste tre personalità, dei loro sogni, delle loro illusioni e delle debolezze darà l’avvio ad una vicenda quanto mai tragica. Ivan, Sara e Federico vivono le loro giornate in balia delle eventi, cercando perennemente qualcosa che accenda la loro voglia di vivere. Sara farà di tutto per attrarre, da adolescente sgraziata qual è, il terribile Ivan che con i suoi magnetici occhi verdi l’ha stregata fin dal primo sguardo. Sarà con la promessa di un inganno, che desterà l’attenzione del “piccolo delinquente” appena uscito di prigione; e con la complicità di Federico, suo malgrado, organizzeranno una fuga nascosta per raggiungere un’utopia, un sogno.

Ciò che più colpisce non è però la sbandatezza dei protagonisti, ma la totale assenza di genitori in grado di educare, insegnare, comunicare, comprendere. Gli adulti presenti in Ivan il terribile sono essi stessi perenni adolescenti, ancora alla ricerca di un’identità personale e di una direzione sicura: sono incostanti, volubili, insicuri, egoisti. Il loro dolore e la loro ottusità non permettono ai figli di eleggerli a figure di riferimento alle quali rivolgersi in un periodo di estremo trambusto emotivo. I dialoghi sono diretti, sboccati, a volte gretti e privi di sensibilità. Emergono tutti i problemi che contraddistinguono il periodo adolescenziale: la ricerca di una sessualità, la paura del giudizio degli “altri”, le prime sbronze, le prime droghe, la percezione falsata di una realtà sentita perennemente come ostile, i programmi televisivi presi a modello di vita, i social network utilizzati in modo sconsiderato. La vicenda è ambientata in una dimensione povera dell’Italia, e non parlo di povertà economica, ma di ottusità culturale. La realtà del paese dove le cose non cambiano mai, ed è necessario far parte del gruppo sociale vincente che dà le direttive della vita comunitaria – in questo caso rappresentato dal mondo dei Testimoni di Geova – per essere preso in considerazione, emerge in tutta la sua preoccupante modernità.

La narrazione procede con un ritmo piuttosto serrato e si percepiscono l’urgenza e la disperazione con le quali i personaggi si abbandonano alle esperienze di vita per non essere sorpassati, per non essere da meno. Rispetto ad altri romanzi dello stesso genere di autori emergenti, Ivan il terribile ha un qualcosa di artificioso che non mi convince. Voglio sperare che il quadro dipinto dall’autore non sia verosimile. Voglio credere che una storia simile non capiti realmente nelle piccole realtà del nostro Paese. Il tutto diventa troppo duro e pesante da digerire perché ha il sapore dell’incredibile. Detto ciò, ne consiglio comunque la lettura, soprattutto a chi ama scrittori che trattano tematiche simili, come Valentina D’Urbano e Silvia Avallone.

Stefania Crepaldi



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