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Recensione di L’assassino, il prete, il portiere di Jonas Jonasson

Creato il 01 febbraio 2016 da Leggere A Colori @leggereacolori

Informazioni sul libro
Titolo:
Autore: Jonas Jonasson
Pubblicato: Bompiani
Collana:Narratori stranieri
Genere: Narrativa Contemporanea
Formato: BrossuraPagine:

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Giudizio sintetico: four-stars


Cosa ci fanno insieme un assassino, un pastore donna e il portiere di un albergo di bassa lega? Mettono in moto una creatività piuttosto particolare finalizzata alla sopravvivenza, che li porta a costituire una nuova Chiesa.

Torno subito” disse il responsabile della reception. “E vedi di non scendere dal camper! A proposito, che tipo di vino vuoi?”.
“Fa’ tu a patto che sia rosso e che abbia un po’ di vigore. Io e Gesù non siamo schizzinosi su questo genere di cose”.

Quando la disperazione e la necessità di sopravvivere si incontrano, ci sono due strade percorribili: quella buona e quella cattiva. Quando, poi, a condividere un simile stato sono l’assassino Johan Anderson, detto Anderson l’Assassino, Per Persson, portiere dell’albergo/bordello Pensione Punta Lago, e Johanna Kjellander, pastore donna della Chiesa Protestante, la questione si fa ancora più spinosa. Specialmente se a smuoverli è un autore sagace e irriverente come Jonas Jonasson. Accomunati da un passato burrascoso, talmente tragico da diventare praticamente comico, i tre mettono su un’agenzia di dubbia moralità per soddisfare clienti in cerca di vendetta. E tutto nasce da un semplice incarico affidato al pastore e al portiere dall’assassino: quello di andare dal conte per farsi dare le 5.000 corone che gli doveva. Si apre, così, un sipario sulla storia del conte e della contessa, chiamati così non per il loro essere nobili, ma per l’eleganza dimostrata nel minacciare le persone che dovevano loro dei soldi. Osservando la questione da un punto di vista molto più ampio, si apre in realtà un sipario sulla criminalità fiorente che popola la Svezia, pronta a tutto pur di ottenere quanto desiderato.

L’attività messa su dal pastore, dal portiere e dall’assassino frutta una quantità ingente di denaro: in molti vogliono saldare i conti i sospeso con i propri rivali, spaccando una rotula o più semplicemente un braccio. Anderson l’Assassino, in quanto avanzo di galera, è un vero esperto nel portare a termine questi compiti poco morali, ma molto proficui dal punto di vista economico. Gli affari vanno a gonfie vele, ma un giorno, Anderson l’Assassino, decide di parlare con Johanna della sua (non) vocazione, e scopre di avere, o forse di volere, un ruolo ben delineato: quello di intraprendere la retta via di Dio e di Gesù. Ne consegue la chiusura in tronco dell’attività di vendetta su commissione e una serie di donazioni a enti benefici che causano non pochi danni all’allegra combriccola. La conseguenza successiva è la necessità di trovare un altro metodo per guadagnare la stessa ingente quantità di denaro. La soluzione? Fondare una Chiesa. La Chiesa di Anderson l’Assassino.

Jonas Jonasson è famoso per il suo essere così politicamente scorretto e per i geniali plot che regala sempre ai propri lettori. Approcciarsi per la prima volta alla sua scrittura lascia, in un primo momento, esterrefatti: ci si trova a ridere da soli illuminati da un abat-jour, per le soluzioni comiche e ciniche sfruttate a pieno dall’autore per rendere il più piacevole possibile la lettura.

L’assassino, il prete, il portiere è il risultato di un sismografo intellettuale che procura alti e bassi continui: le situazioni fanno appena in tempo a presentarsi, che subito cambiano completamente aspetto, ribaltandosi o contorcendosi per virare verso l’assurdo. Se le premesse, dalle prime pagine del romanzo, sembrano promettere molto bene, a circa metà del racconto si tende a perdere un po’ l’attenzione per poi recuperarla nel finale.

A photo posted by Leggere a Colori (@leggereacolori) on Jan 9, 2016 at 7:15am PST

Approfondimento

Jonas Jonasson non è semplicemente un autore politicamente scorretto che sa sfruttare molto bene i meccanismi di una comicità molto appuntita. Con L’assassino, il prete, il portiere mette in risalto alcuni spunti per lasciarsi andare a riflessioni molto interessanti: la dubbia moralità delle azioni compiute dai protagonisti e, più in generale, da tutti i personaggi che si incontrano, ripaga più della moralità. Tra le figure più morali, il sagrestano Börje Ekman, pur non essendo esattamente uno stinco di santo, prova a smuovere le coscienze piuttosto sporche dei tre protagonisti, e finisce male. Anche l’operatore del fisco che fa visita alla chiesa di Anderson l’Assassino, emblema dunque della legalità e della disciplina, non se la passerà meglio.

In questo romanzo tutto è ribaltato: chi cammina sulla retta via, finisce per pagare delle conseguenze che non ci aspetteremmo. Chi invece intenta la strada del sotterfugio, della criminalità, del ricatto, finisce per uscire dalle situazioni in maniera vincente.

Un elemento molto interessante del romanzo, poi, è sicuramente la figura del pastore: Johanna Kjellander non ha mai creduto in Dio, ha sempre avuto una vena particolarmente misantropa che può finalmente trovare la sua gemella in quella di Per Persson. È stata costretta, non solo dal padre ma anche dalla vita, a diventare un pastore della Chiesa Protestante, pur non avendo un briciolo di fede dentro di sé: forse è per questo motivo che il pastore è, in effetti, la mente dietro a tutte le architetture criminali che fungono da sostentamento per i tre.

Per Persson, invece, è un uomo con un retaggio familiare molto particolare, che un giorno esce di casa per trovare la propria strada, finendo in un albergo di copertura per un bordello.

Anderson l’Assassino è l’unico in grado di redimersi, anche se in maniera del tutto folle: ha trovato la sua strada con Gesù – e soprattutto, con il sangue di Gesù –, ha imparato a fare del bene e a trarne piacere, rendendosi conto di quanto sia più soddisfacente rispetto al fare del male. E si è trovato tutti i ponti tagliati da una macchinazione diabolica a opera di un pastore e di un portiere.

Eleonora Vaiana




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