Terza riflessione: l’ascolto dei 5 brani che compongono il disco, International Hash Ring del newyorkese Travis Just, In Memoria del milanese Sandro Mussida, Collaborating Objects della statunitense Paula Matthusen, Erosive Raindrops di Vittorio Zago, Untitled, January di Francesco Gagliardi, denota non solo l’uso di strutture aperte con possibilità di improvvisazione da parte dell’interprete ma anche un uso più … “materico” della componente sonora. Il suono della chitarra elettrica viene spesso trattato con l’uso di effetti e utilizzato in un modo molto diverso da quello a cui siamo abituati in altri contesti (rock, jazz, blues) a cui la chitarra elettrica ci ha abituati. Il risultato è una “trasfigurazione” del suono elettrico in modo estremamente innovativo e interessante. In questo disco si va oltre a un “semplice” impiego della chitarra come siamo abituati, un impiego che trascende una possibile struttura melodica e che vedo lo strumento (musicale) utilizzato come strumento (fisico, in inglese potrei usare il termine “tool”) per la generazione di suono in una maniera simile a quella cui gente come Keth Rowe, Fred Frith e Eugene Chaudborne ci ha abituati nel corso degli ultimi 30 anni di libera improvvisazione. Non a caso alcune delle partiture qui utilizzate esulano dalla normale struttura grafica per andare verso elementi visivi come immagini e video atti a stimolare una diversa gestualità musicale da parte dell’interprete, in un “insieme” che ondeggia sempre più verso la pura performance.In questo contesto che forse tanto nuovo non è dato che mi sembra sintetizzare e rielaborare la causale casualità di Cage, l’ironia di Fluxus, il libero pensiero improvvisativo europeo degli anni ’70, l’intellighenzia newyorkese, la fisicità del suono elettrico e laboriosità milanese, avverto la carenza di una nuova “Opera Aperta” alla Umberto Eco che sappia sintetizzare e meglio delineare queste nuove forme … forse bisognerebbe chiedere a Giuliana Bruno di concentrare il suo sguardo semiotico per un nuovo Atlante delle Emozioni (musicali)http://www.setoladimaiale.net/record.asp?id=SM2690§ion=audiohttp://feeds.feedburner.com/ChitarraEDintorni
Magazine Musica
Recensione di LA CHAMBRE DES JEUX SONORES di Alessandra Novaga, SETOLA DI MAIALE SM2690, 2014
Creato il 11 agosto 2014 da Empedocle70Terza riflessione: l’ascolto dei 5 brani che compongono il disco, International Hash Ring del newyorkese Travis Just, In Memoria del milanese Sandro Mussida, Collaborating Objects della statunitense Paula Matthusen, Erosive Raindrops di Vittorio Zago, Untitled, January di Francesco Gagliardi, denota non solo l’uso di strutture aperte con possibilità di improvvisazione da parte dell’interprete ma anche un uso più … “materico” della componente sonora. Il suono della chitarra elettrica viene spesso trattato con l’uso di effetti e utilizzato in un modo molto diverso da quello a cui siamo abituati in altri contesti (rock, jazz, blues) a cui la chitarra elettrica ci ha abituati. Il risultato è una “trasfigurazione” del suono elettrico in modo estremamente innovativo e interessante. In questo disco si va oltre a un “semplice” impiego della chitarra come siamo abituati, un impiego che trascende una possibile struttura melodica e che vedo lo strumento (musicale) utilizzato come strumento (fisico, in inglese potrei usare il termine “tool”) per la generazione di suono in una maniera simile a quella cui gente come Keth Rowe, Fred Frith e Eugene Chaudborne ci ha abituati nel corso degli ultimi 30 anni di libera improvvisazione. Non a caso alcune delle partiture qui utilizzate esulano dalla normale struttura grafica per andare verso elementi visivi come immagini e video atti a stimolare una diversa gestualità musicale da parte dell’interprete, in un “insieme” che ondeggia sempre più verso la pura performance.In questo contesto che forse tanto nuovo non è dato che mi sembra sintetizzare e rielaborare la causale casualità di Cage, l’ironia di Fluxus, il libero pensiero improvvisativo europeo degli anni ’70, l’intellighenzia newyorkese, la fisicità del suono elettrico e laboriosità milanese, avverto la carenza di una nuova “Opera Aperta” alla Umberto Eco che sappia sintetizzare e meglio delineare queste nuove forme … forse bisognerebbe chiedere a Giuliana Bruno di concentrare il suo sguardo semiotico per un nuovo Atlante delle Emozioni (musicali)http://www.setoladimaiale.net/record.asp?id=SM2690§ion=audiohttp://feeds.feedburner.com/ChitarraEDintorni
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