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In breve..L'arpa è uno strumento di origine antichissima, magico, ipnotico e seducente: per questo Noga ha deciso di dedicarvi la sua vita, nonostante sia meno comune di un pianoforte o di un violino. È anche considerata simbolo di tranquillità e allegria e forse è per questo che la lontananza forzata dal suo strumento pesa molto a Noga, costretta a trascorrere tre mesi in Israele affrontando un passato che sperava di poter dimenticare.
Noga è una donna israeliana che ha lasciato Gerusalemme per inseguire il suo sogno di suonare l'arpa. È infatti membro di un'orchestra filarmonica olandese. Non si è mai costruita una famiglia perché il marito Uriah l'ha lasciata dopo aver capito che lei non gli avrebbe mai dato un figlio. Suo fratello Honi, al contrario, è rimasto nel paese natale, si è sposato e ha dato ai genitori dei nipoti. Ormai Noga ha quarantadue anni ed è in menopausa, soddisfa i suoi appetiti con il flautista della compagnia e sembra essere soddisfatta così, pensando di aver chiuso definitivamente il capitolo "è così sbagliato non volere figli?".
Dopo la morte del padre, il fratello Honi propone alla madre di trasferirsi in una casa di riposo di Tel Aviv, per essere più vicina a lui e condurre una vita più serena. La donna accetta di fare un periodo di prova di tre mesi, a patto che qualcuno viva nel vecchio appartamento di Gerusalemme che, per uno strano tipo di contratto, non può essere lasciato vuoto ma nemmeno affittato a estranei. Tocca quindi a Noga chiedere un periodo prolungato di ferie e tornare in Israele: per non annoiarsi durante la sua permanenza, invita suo fratello a trovarle qualche lavoretto e inizia così a fare la comparsa in film e pubblicità. Interpretare ruoli tanto diversi l'uno dall'altro la distrarrà dalla sua stessa vita o al contrario la costringerà a guardarla da vicino?
ApprofondimentoConvinta com'è che la madre deciderà di rimanere a casa sua, il periodo di prova è più per lei che per la vedova. Dovrà innanzi tutto scontrarsi con i nipoti dei vicini che, affascinati dalla televisione, hanno trovato il modo di intrufolarsi a qualunque ora per vederla, essendo a loro vietata per motivi religiosi. Inoltre troverà nella sua vecchia camera giocattoli, quaderni di scuola, vestiti e la sua prima piccola arpa, regalatale dal padre. Ma è quando dal passato ricompare l'ex-marito Uriah, ancora avido di chiarimenti, che Noga è costretta ad affrontare un argomento che credeva ormai archiviato: il suo rifiuto nei confronti della maternità, che di fatto è il tema dominante de La comparsa.
Cos'è il tuo amore? Un'entità a se' stante? - Sì, lo è. Mi perseguita anche dopo che ti ho lasciato. - È impertinente. - Sì, è autonomo, ribelle e indomabile. - Forse lo domerò io. Lo coglierò di sorpresa. - E come? - Con una frusta.
Il tema della maternità viene proposto al lettore, oltre che a Noga, in modo martellante. Una donna non può considerarsi pienamente tale se rifiuta di avere figli, è innaturale che non ne voglia; le altre persone cercano ostinatamente di capire perché una donna debba opporsi alla procreazione e si mostrano offese e deluse da questo atteggiamento. Noga risente di tutto questo in Israele, ancora più che in Olanda: Gerusalemme è ormai una città "tinta di nero", in quanto popolata da ortodossi radicali.
In questa insistenza sulla maternità non c'è l'interferenza dell'opinione di Abraham B. Yehoshua, il cui scopo è descriverci una donna con le sue scelte e i suoi dubbi. Di fatto non c'è una vera e propria trama, è più che altro un romanzo descrittivo con un finale - non finale che lascia a bocca asciutta. Nel complesso è un romanzo piuttosto noioso e cupo, che emoziona poco e rimane in una dimensione distaccata e lontana.
Uno dei pochi elementi che ho apprezzato de La comparsa è stata l'ambientazione in un quartiere ultraortodosso di Gerusalemme, che ci permette di conoscere un po' gli usi e costumi di questa religione. L'ebraismo ortodosso segue le leggi della Torah scritta e di quella orale ricevute, secondo la tradizione ebraica, da Mosè direttamente da Dio sul monte Sinai nell'anno 2448 del calendario ebraico.
In una recente intervista, Yehoshua ha spiegato che il termine "comparsa" in ebraico si dice nitzevet, che significa "comparsa" nel senso in cui lo intendiamo noi, al cinema o in teatro, ma è anche l'espressione con cui Mosè si riferisce al rapporto tra Dio e il popolo d'Israele dopo lo stabilirsi dell'Alleanza: l'uomo non deve più mettersi in ginocchio, ora può stare in piedi alla presenza del Signore. È curioso che anche il più alto grado della polizia israeliana si chiami così, nitzevet.
About Abraham B. Yehoshua
Abraham B. Yehoshua (Gerusalemme 1936), insegna letteratura comparata presso l'Università di Haifa.