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Recensione di La mia maledizione di Alessandro de Roma

Creato il 05 gennaio 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Recensione di La mia maledizione di Alessandro de RomaVoto:
Informazioni sul libro
Titolo:Alessandro de Roma
Pubblicato da:Einaudi
Collana:I coralli
Genere:Narrativa Contemporanea
Formato e pagine:
Social:Goodreads
Disponibile su:
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Trama:

Un ragazzo di una famiglia sarda completamente coinvolta nel boom economico e sociale degli anni Novanta si trova costretto a trasferirsi e a condividere il banco di scuola, e poco a poco gran parte della sua vita di adolescente, con un compagno tanto detestabile quanto insostituibile.


Emilio Corona si sente una giovane promessa della gioventù oristanese: ha ottimi voti a scuola, fisico gradevolmente atletico e buone abilità negli sport come nella vita sociale, proviene da una famiglia benestante e ha il futuro assicurato nell’impresa del padre, ingegnere edile in una Sardegna che pare essere la terra più adatta ad essere usata come sfondo per tristi serie di villette e appartamenti di nuova costruzione. Quando però il papà annuncia che tutta la famiglia si trasferirà, almeno per un periodo, a Nuoro, ad Emilio cade il mondo addosso: Nuoro è vista come luogo aspro e grezzo, dove le montagne hanno temprato la gente e non hanno permesso la nascita di quei deliziosi luoghi di ritrovo, quali bar e localini della dolce vita, a cui è abituato. L’idea di passare gli ultimi anni di liceo in quel luogo ostile e privo di allori turba profondamente l’adolescente, ma il peggio si realizza quando egli si trova fisicamente a scuola, dove sin dal primo giorno si trova a occupare controvoglia il banco a fianco di Pasquale Cosseddu: ragazzo sporco, mal vestito, povero e silenzioso, tanto strano da essersi meritato il soprannome “la Fogna”.

Complice il fatto che gli altri ragazzi della classe non paiono affatto interessati al nuovo arrivato, quel compagno di banco diventa ben presto la “maledizione” del rampollo Corona: oltre a essergli vicino durante le lezioni, ben presto Cosseddu diventa compagno di passeggiate e uno strano amico che sa esprimersi meglio tra fango e foglie piuttosto che nel mondo civile, che fa emergere nel paesaggio bucolico l’animo silvestre di cui, in fondo, è dotato anche Emilio. Si instaura tra i due un rapporto che da parte di Emilio viene vissuto con altalenante slancio, talvolta amorevole e talaltra infastidito, in cui si rispecchia perfettamente anche il divario tra coloro che il “progresso” lo vogliono costruire e si mettono sul piedistallo per la loro condizione e quelli che, invece, quello che viene chiamato progresso lo devono solo guardare, magari sognare, smarriti e sempre più coscienti sia della loro povertà economica, sia della propria ricchezza di spirito.

Gli anni passano e i ragazzi diventano adulti; Cosseddu, immerso nella sua comune vita di commesso del supermercato, sembra sempre più alienato, mentre Corona pare davvero essere destinato a diventare quello che ha sempre pensato che sarebbe stato, nonostante molti aspetti di quel sogno ora sembrino tristi e vuoti. Le rare occasioni in cui i due si ritrovano dopo la fine della scuola aggiornano sempre meglio la situazione di disparità: disparità, questa, forse solo apparente, perché l’autore racconta sottilmente e candidamente quei pensieri che il protagonista, come la maggior parte degli uomini, tiene nascosti.

Il finale è l’apice, forse crudele, forse inatteso, di un’evoluzione umana in cui “nessuno dei due era diventato la persona che avrebbe potuto essere”.

Approfondimento:

Alessandro De Roma ci regala con La mia maledizione, accanto a una profonda analisi sentimentale di un ragazzo che cresce nello smarrimento tipico di certe adolescenze, la descrizione di una Sardegna alle soglie di quel processo che la vide diventare, da isola brulla e dagli schietti spazi aperti, un palcoscenico dello sfruttamento edilizio; la materia potrebbe essere trattata in modi pedanti o noiosi, ma lo stile asciutto dello scrittore e il punto di vista di un ragazzo che lotta con le gabbie della propria evoluzione dona invece un romanzo che potrebbe quasi essere l’attualizzazione di una novella di Verga.

I personaggi possono idealmente essere divisi tra coloro la cui mente è svelata e comprensibile e quelli di cui, invece, non si può seguire il filo dei pensieri, perché celati sotto strati di eccentricità, gesti strani, sentimenti repressi e silenzi più eloquenti di mille parole: ci sono infatti Emilio che si incontra e si scontra con Cosseddu, ma anche l’ambizioso ingegner Corona e la sua moglie che ama la vita all’aria aperta e le dita sporche di terra più che i salotti e i ristoranti, il fratello perfetto e la banale moglie di Emilio, gli amici di scuola e la meschina madre della “Fogna”.

Ovunque, nel testo, le parole sono accuratamente scelte soprattutto per dare spessore all’ambiente, alle persone e alle vicende, ma ciò non ha come risultante uno stile pesante e ampolloso, bensì un ottimo modo di narrare, profondo ed equilibrato.

L’extradiegesi è certamente importante per tutto il romanzo, ma l’eleganza della scrittura la fa risultare per niente invadente e arricchisce la storia di aforismi e riflessioni penetranti, certamente da ricordare. I dialoghi sono ridotti al minimo, quasi a interpretare il silenzio in cui si chiudono i giovani protagonisti e dar voce ai pensieri più che al verbo.

Un romanzo davvero buono, piacevole e al contempo spiazzante e per questo assolutamente originale.

Alice Stocco Donadello



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