Recensione di La morte a Venezia di Thomas Mann

Creato il 26 maggio 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

12 Flares 12 Flares × La morte a VeneziaThomas Mann
Pubblicato daEinaudi
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Einaudi tascabili. Classici
Genere:Classici
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La trama:
Von Auschenbach, celebre autore cinquantenne, dedito all’arte, come strumento di catarsi , da conseguire in modo disciplinato coerente, metodico. Ha ormai raggiunto i vertici dell’ascesi mistica, in cui ha sublimato tutte le sue pulsioni sessuali. Persa la moglie, sente un impulso irresistibile a viaggiare; dopo un approdo a Pola, capisce come in un’illuminazione folgorante che deve andare a Venezia e qui si prepara la sua sorprendente avventura interiore.

Romanzo magistrale La morte a Venezia, pubblicato nel 1912, tra i più famosi dello scrittore tedesco, variamente interpretato, vive nella temperie simbolista e decadente e risente senz’altro di tale atmosfera, in cui è presente la figura del dandy, qui incarnata dal giovinetto Tadzio, ideale della bellezza classica, massima aspirazione dell’autore Von Aushenbach. Questi, arrivato Venezia, è ospite di un grande albergo e vi permane a lungo, tutta la sua attenzione si sposta su tale giovinetto quattordicenne, su cui riversa la sua componente omosessuale, che, o no aveva mai avvertito o aveva rimosso nel corso della sua esperienza artistica. Il nuovo sentimento gli scatena un turbinio interiore in cui l’attrazione si scontra con la legge morale introiettata faticosamente attraverso un elaborato processo interiore . Siamo ai tempi della scoperta dell’inconscio da parte della maestro S. Freud e l’arte è il luogo privilegiato di manifestazione dell’Io e di liberazione dalle perversioni e dalle aberrazioni della mente. Il romanzo, di una grandezza sorprendente, rappresenta un’indagine sottile e profonda del turbinio mentale che può nascere in un uomo avanti con gli anni di fronte ad un sentimento mai provato prima, il tutto in una Venezia decadentisticamente descritta in cui il mondo vibra all’unisono col sentimento irrazionale del protagonista che si agita tra opposti sentire. L’atmosfera è conturbante e le luci soffuse come metafora di una vita che va spegnendosi proprio quando si trova di fronte alla rivelazione del suo sentimento.

Infatti il tempo caldo e umido incide negativamente sulla salute di Gustav, già molto provato fisicamente; decide quindi di partire, ma vedendo Tadzio, viene travolto da un sentimento di mancanza e di rimpianto dell’oggetto del suo desiderio. Alla stazione scopre che i suoi bagagli sono stati inviati per errore con altra destinazione; quindi, costretto a tornare in albergo, è nell’intimo estremamente contento: potrà ancora contemplare la classica bellezza stupendamente incarnata nel ragazzino. Questi diventa una autentica ossessione, lo segue con lo sguardo su è giù per i ponti e le calli di Venezia, sentendo smarrirsi tutto quel senso di una vita artisticamente costruita:” Sì, anche se la consideri nei suoi riflessi personali l’arte è una vita sublimata: più profonde sono le gioie che largisce , ma consuma anche al più presto…”. Così il protagonista , che ha condotto una vita da esteta in ascesi rimane sconvolto di fronte a Tadzio che vi rivolge un sorriso conturbante: gli appare come una Narciso della Mitologia greca. Di fronte a simile visione, finalmente si dichiara con un “Ti amo”.

Intanto impazza il colera; Il protagonista sarebbe tentato di informare i parenti del bel fanciullo, ma l’amore lo trattiene dal farlo: si priverebbe dell’estasiante visione. Rimangono quindi nell’albergo e una sera , mentre Gustav giace morente su una sdraio, ammira il giovinetto che gioca con gli amici, gli appare sempre l’ultima visione di lui che lo saluta amabilmente mentre si proietta in una dolce visione di amore eterno, di tipologia platonica. Il testo esprime in modo artisticamente intenso il dissidio tra l’elemento apollineo e quello dionisiaco: così il protagonista che per una vita intera ha fatto della sua vita un’opera d’arte contenuta equilibrata, all’insegna dei più alti ideali di armonia interiore, sul finire della sua esistenza si sente dionisicamente, tragicamente, travolto dalla dimensione più viscerale ed istintiva. Dietro l’opera si agita il pensiero greco e nietzcheano di contemperamento degli opposti, di ricerca degli equilibri che si sfaldano nella rivelazione di un giorno. Presente anche l’influsso tragico greco, in cui il soggetto teme in un attimo di perdere tutta la costruzione cui di è dediziosamente dedicato per un’intera esistenza. Dice Tiresia ad Edipo: “ In un sol giorno ti rivelai a stesso”: tragicamente è quanto succede al protagonista che nell’arco di uno sguardo capisce vede vacillare la percezione che ha di sé e sente crollargli il mondo addosso, mentre si stupisce e gioisce e si duole della scoperta cui involontariamente è andato incontro:

”Vi giunse, salì a bordo ed ebbe principio un vero pellegrinaggio del dolore, un angoscioso percorso attraverso gli abissi del pentimento. Era la familiare via della laguna, quella che passa davanti a San Marco e percorre il Canal Grande. Sul sedile semicircolare di prua, Aschenbach se ne stava col braccio appoggiato al parapetto, facendosi schermo della mano agli occhi. Oltrepassati i Giardini Pubblici, si schiuse ancora e sparì la grazia principesca della Piazzetta; poi cominciò la grande sfilata dei palazzi, e allo svolto dell’arteria d’acqua apparve la mirabile campata marmorea di Rialto. Egli guardava col cuore infranto; e respirava a lunghe boccate, piena di dolorosa dolcezza, l’atmosfera della città, quel lieve sentore putrido di mare e di palude : quello stesso dal quale aveva voluto fuggire tanto in fretta. Come, come mai gli era stato possibile non sapere , non pensare fino a qual punto tutto ciò facesse parte del suo cuore?”.



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