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Pubblicato daEinaudi
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:L'Arcipelago Einaudi
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:
Jamila vedova e giovanissima con suo figlio Farid scappa dalla Libia, devono lasciarsi la guerra alle spalle: si può, ma bisogna attraversare l’inferno del viaggio nel deserto prima e sul mare poi, per trovare rifugio in Italia.
“ Il viaggio durerà poco…” dice la mamma al bambino, il tempo di una ninna-nanna e canta piano per farlo addormentare. Non ce la faranno, a riva sulla sabbia solo pochi resti trasportati dalle onde…
Sull’altra sponda, dalla spiaggia di un’isola, Vito guarda le barche arrivare e raccoglie la memoria di non è arrivato. E’ un ragazzo siciliano, cresciuto ascoltando le storie raccontate da sua madre Angelina nata a Tripoli da genitori italiani trascinati in Libia dalla politica di Mussolini. Angelina nata lì si sentiva africana. Aveva undici anni quando è stata costretta ad andare via, ha lasciato la sua infanzia, la fabbrica di cera e Alì che sembrava essere il suo amore. Un altro dittatore, Gheddafi, aveva deciso di scacciare tutti gli invasori italiani e quindi tutti via, attraversando il mare verso l’isola che non sa accoglierli Poi, con gli anni, Angelina si ambienta, si sposa, ha un figlio, Vito che ama il mare…
Mare al mattino é un un libro molto bello, le storie troppo vere: è stato molto difficile per me farne il riassunto senza sentire forte la colpa di rovinare il racconto poetico, la musica, il profumo e i colori che ho visto e sentito … Vito, diciottenne, guarda il mare, dove non si tuffa più, ora raccoglie oggetti portati a riva dalle onde, cose di poveri esuli, cacciati com’era stata cacciata sua madre. E al di là, dalla riva africana parte su una barcona troppo carica c’è Jamila, poco più grande di Vito con il suo bambino in braccio che scappano dalla guerra che incendia le case, ma “nessuno approderà da quella barca”. Io non riesco più ad uscire da queste pagine, perfino il ricordo della gazzella di Farid, “addomesticata” poco, come la volpe del piccolo principe, mi riempie l’anima di tristezza. L’immagine della copertina, è bellissima, Vito che scappa dall’isola, il mare vero protagonista della storia, sembra inseguirlo!
Vito è nato cresciuto sull’isola gli è sempre piaciuto nuotare e tuffarsi, ma quest’anno l’acqua non gli va. Ora non può più mettere la maschera e tuffarsi, mai più potrà vedere i pesci in fondo come faceva da bambino, ora che ha visto i migranti arrivare stanchissimi, li vede disperati e li aiuta come può… “Ha visto gli occhi allucinati, il passaggio dei bambini sopravvissuti, le crisi di ipotermia, le coperte d’argento. Ha paura del mare che copre ” corpi calati verso il fondo… creature di sabbia gonfie di mare, sbrindellate dalla fame dei pesci”. Il mare e i pesci sono ora un incubo da cui fuggire via. Il suo grande pannello azzurro, (“ho fermato un naufragio” dice alla madre) è un monumento scolpito. Perché “qualcuno ne avrà bisogno un giorno. Un giorno un negro italiano avrà voglia di guardare indietro …e di trovare qualcosa. La traccia del passaggio. Come un ponte sospeso”. Bellissime le pagine finali del romanzo: Jamila che culla Farid tra le braccia e gli bagna le labbra aride con la saliva e Vito che raccoglie i resti del mare come pezzi di storia, ”pezzi di quelle fughe interrotte” testimonianza dell’inutilità della guerra e della crudeltà umana. Mare al mattino che ho letto al computer, e che ho voluto poi comprare in libreria per leggerlo ancora, ma avendolo in mano e toccandone le pagine, per conservarlo tra i libri più cari.
Biancamaria Leschiutta