L’atto ed ogni gesto creativo di Paolo Spalluto è quell’immergersi nella sua propria esperienza quotidiana.Il tentativo di ricucirne i frammenti per poi provare a creare nuove corrispondenze tra l’istante di pura intuizione di uno scatto fotografico con la varietà dei fenomeni del reale, con la sua pittura .In entrambi i momenti Paolo cerca di costruire le ragioni del suo esistere ,organizzando come per fotogrammi la messa in opera di uno spostamento di linguaggi in un sistema di ricerca dell’arte contemporanea.La sua tensione è di consapevolezza del filo che unisce tutta la sua operatività. Sempre desiderando,lottando, domandando un “qui” e “ora”, quasi esasperato da un occhio intimo,troppo coinvolto a catturare emozioni, quasi incantato dal tempo-abisso da cui tenta di emergere. Coinvolgendosi come le sue spirali, catturandone gli istanti,dilatandoli ad una distanza infinita. Paolo vive in una sorta di perenne veglia, come per sfuggire al sonno della falsità, e accetta di essere sfidato dalla vita, plasmando con tutti gli strumenti che ha non soltanto i valori simbolici , ma il problema di un umanità che a volte si manifesta con agghiacciante estraneità.Ed ecco quindi la sua opera, con i volti di guerrieri epici che evocano le ossessioni di ghilgamesh nei fiumi cromatici dove si intrecciano segni che portano in trionfo il colore, che non assistono all’impotenza della paura ma che si trasformano in spazi aperti. Da qui l’intelligibile connessione con il passato , un presente inaspettatamente prolifico e un futuro già conquistato dall’infinita e misteriosa storia degli uomini e dell’arte . Tutto questo è una “presenza” come una fotografia di Paolo non riproducibile perché abbandonata ad una smemorata sequenza / esistenza , ma che pone come osservazione l’interrogarsi come un oggetto,un luogo, un volto si trasformi in uno zoom sull’anima.
Con indetermanenza Mario Schiavone
Mario Schiavone in studio ,Campi Salentina 2009