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Recensione di Nel mare ci sono i coccodrilli (Storia vera di Enaiatollah Akbari) di Fabio Geda

Creato il 19 ottobre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

42 Flares 42 Flares × Recensione di Nel mare ci sono i coccodrilli (Storia vera di Enaiatollah Akbari) di Fabio GedaVoto:
Informazioni sul libro
Titolo:Fabio Geda
Pubblicato da:Baldini&Castoldi
Collana:I tascabili
Genere:Narrativa Contemporanea
Formato e pagine:
Social:Goodreads
Disponibile su:
in offerta
scontato
usato
Trama:

Enaiatollah Akbari, bambino afghano, viene lasciato dalla mamma, dopo una serie di raccomandazioni, in Afghanistan. Da solo. Meglio lontano dalla mamma ma vivo che vicino ma in serio pericolo. Ed è così che Enaiat comincia a viaggiare, tra Afghanistan, Iran, Grecia, Turchia e Italia, alla disperata ricerca di un posto dove poter smettere di lottare per salvarsi la pelle e cominciare finalmente a vivere come un bambino.


Prima di lasciarlo per sempre da solo in Pakistan, la mamma gli ha preso la testa e se l’ha stretta forte al petto, per un tempo che a lui è sembrato lunghissimo. Gli ha fatto promettere che non avrebbe mai fatto tre cose nella vita: assumere droghe, usare armi e rubare. Poi è sparita. Khoda negahdar, addio. Ed è in quel momento che Enaiat, dieci anni o poco più (non esiste anagrafe nella provincia di Ghazni) ha dovuto smettere di esser campione di Buzul-bazi, di svegliarsi accanto alla mamma, di nascondersi nella buca scavata vicino alle patate, di rincorrere aquiloni..smettere di esser bambino.

Crescere. Da solo. E in fretta.
Ed è lì che che per lui ha avuto inizio la lunga traversata verso la libertà. Libertà che Enaiat neanche sapeva cosa fosse. Già, perché in un paese dove ad una certa ora non si può più mettere il naso fuori casa, dove le scuole possono chiudere da un giorno all’altro, dove non si può tenere il copricapo fuori posto solo perché i talebani regnano sovrani, beh.. è dura capire il significato di libertà. Dal ripulire fogne, al portare il chay ai negozianti; dal vendere accendini e gomme da masticare, allo scaricare sabbia e pietre, Enaiat ha fatto di tutto, pur di salvarsi la pelle. Ha lavorato come uno schiavo – fino a ridursi, a fine giornata, a “mangime per galline” – senza più distinguere il giorno dalla notte, cercando di guadagnarsi un posto per dormire e qualcosa da mettere sotto i denti. Ha viaggiato tra Afghanistan, Iran, Turchia, Grecia e Italia, stipato in camion, treni, auto, schiacciato fra altri mille disperati. Ha macinato chilometri a piedi, sofferto la fame, la sete e la febbre che, in certe circostanze, può trasformarsi in un qualcosa di mortale.
Poi però è arrivato in Italia. E’ andato a scuola, ha imparato la lingua, ha trovato qualcuno che gli volesse bene, senza chiedergli niente in cambio. E si è salvato.

Fabio Geda e Enaiatollah Akbari

Fabio Geda e Enaiatollah Akbari

Quello del lungo viaggio di Enaiat, è un racconto che fa riflettere, commuove, fa una immensa tenerezza. Insegna molto. Ed è necessario, in un periodo come questo. Un periodo in cui si discute giornalmente di immigrazione, clandestinità, intolleranza, razzismo. E’ uno di quei libri che andrebbero fatti leggere nelle scuole e in tutti gli altri – possibili e immaginabili – luoghi pubblici. Perché l’intolleranza nasce da ciò che non si sa, perché le vite di questi uomini che arrivano sulle nostre coste sono tanto distanti da noi, ed è per questo che ne abbiamo paura. Ma con la paura non si va da nessuna parte, anzi, si rischia solo di remare controcorrente. Forse non basteranno centocinquanta pagine a convincere tutti, ma credo siano sufficienti a innescare una sorprendente catena di solidarietà.

 

Approfondimento

La storia di Enaiatollah si conclude con un lieto fine. Come una favola. E il sorriso e il coraggio con cui il piccolo affronta tutto ciò che è costretto a vivere, lo rendono degno di esser chiamato eroe. Proprio come quelli di qualsiasi favola che si rispetti. Il bello è che qui, tra l’Afghanistan e l’Italia, si parla di vita vera. Cose successe realmente. E che si verificano ancora, tutti i santi giorni. Ah, ma stiamo parlando di zone di guerra, di talebani, di traffici di esseri umani..si, ok, le raccontano al tg, ma alla fine ci sfiorano a malapena, no? Insomma, se arrivano qui vuol dire che sono vivi. No, italiani, stiamo sbagliando l’approccio. Guardate come arrivano fino a noi. Guardate cosa sono disposti a fare pur di guadagnarsi un pezzo di pane e un briciolo di dignità. Enaiat è solo uno dei tanti arrivati in Italia, dopo mille disavventure, dopo aver messo a serio repentaglio la propria vita. E uno dei pochi che ce l’ha fatta.

Enaiat racconta, Fabio Geda scrive.
E’ così che è venuto fuori questo libro. E’ così che il protagonista, ora (circa) venticinquenne, ha trovato un suo posto nel mondo. Un posto nel quale ha imparato a ridere e ad amare usando una lingua che non è quella che gli sussurrava sua madre, ma in cui sta bene, è salvo, non rischia di morire ogni volta che cammina per la strada.
– “Come lo si trova un posto per crescere, Enaiat? Come lo si distingue da un altro?”

– “Lo riconosci perché non ti viene voglia di andare via. Certo, non perché sia perfetto. Non esistono posti perfetti. Ma esistono posti dove, per lo meno, nessuno cerca di farti del male.”

Ma, oltre ad educarci ad affrontare il prossimo con uno spirito diverso, Nel mare ci sono i coccodrilli è anche un libro che ci fa capire quanto siamo fortunati. Perché tante volte lo dimentichiamo: ma ci sono bambini là fuori, superati i nostri confini, che lottano per qualcosa che non è uno zaino fucsia o con i brillantini…si chiama vita. E tutti – senza nessuna distinzione – abbiamo il diritto di viverla.



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