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Recensione di "Non lasciarmi" - Kazuo Ishiguro

Creato il 11 dicembre 2013 da Annie_caffeine @annie_caffeine
Cari visitatori della Tana,
scrivo questa recensione dopo cinque o sei giorni dall'aver terminato Non lasciarmi.

E' un libro che ha bisogno di un paio di giorni per essere capito sino in fondo, così stasera cerco di raccogliere i miei pensieri su questo romanzo.
Il libro è del 2005, ed è arrivato in Italia nel 2007 per l'editore Einaudi. Le pagine sono 291 e il libro costa €12,00.

TRAMA
Kathy, Tommy e Ruth vivono in un collegio, Hailsham, immerso nella campagna inglese. Non hanno genitori, ma non sono neppure orfani, e crescono insieme ai compagni, accuditi da un gruppo di tutori, che si occupano della loro educazione. Fin dalla più tenera età nasce fra i tre bambini una grande amicizia. La loro vita, voluta e programmata da un'autorità superiore nascosta, sarà accompagnata dalla musica dei sentimenti, dall'intimità più calda al distacco più violento. Una delle responsabili del collegio, che i bambini chiamano semplicemente Madame, si comporta in modo strano con i piccoli. Anche gli altri tutori hanno talvolta reazioni eccessive quando i bambini pongono domande apparentemente semplici. Cosa ne sarà di loro in futuro? Che cosa significano le parole "donatore" e "assistente"? E perché i loro disegni e le loro poesie, raccolti da Madame in un luogo misterioso, sono così importanti? Non lasciarmi è prima di tutto una grande storia d'amore. È anche un romanzo politico e visionario, dove viene messa in scena un'utopia al rovescio che non vorremmo mai vedere realizzata. È uno di quei libri che agiscono sul lettore come lenti d'ingrandimento: facendogli percepire in modo intenso la fragilità e la finitezza di qualunque vita.


LA MIA OPINIONE
N.B. possibili spoiler sulla trama
Per parlare di questo romanzo, comincerei dalla struttura: protagonista e voce narrante è Kathy, una donna ormai trentenne. Questa storia è fatta dei suoi ricordi.
A partire da quando riesce a ricordare, ci racconta della sua infanzia e a partire da lì, della sua vita fino al presente.
Kathy ricorda solo un luogo nella sua infanzia: Hailsham, un collegio immerso nella campagna inglese. Pur se tutti i ragazzi non hanno genitori, Hailsham non è un orfanotrofio, ma un luogo speciale, in cui dei tutori educano degli studenti, che non hanno rapporti con il mondo esterno finché non compiranno sedici anni e potranno recarsi ai Cottages.Kathy comincia a ripercorrere così le sue memorie, raccontando in particolare della sua amicizia con Ruth e Tommy, due bambini della sua stessa età. I tre hanno delle personalità completamente diverse, ma sono legati profondamente. E' in questi ricordi che è semplice perdersi per Kathy, in continue digressioni, mentre racconta della sua vita e di quella sei suoi amici tra le mura del collegio e poi ai Cottages.
Ma da subito si avverte una nota stonata nel racconto. Kathy dice subito di essere un'assistente, e di assistere dei donatori, ma il quadro non si chiarisce finché non si leggoni diversi capitoli del romanzo.
Quella in cui vivono Kathy, Ruth e Tommy è una società alternativa, in cui dopo la Seconda Guerra Mondiale si sono avuti dei progressi scientifici enormi, che hanno portato alla clonazione umana. Loro stessi sono dei cloni, creati per l'unico fine di donare organi, e guarire le persone "normali" dal cancro.
E' nel corso del romanzo che capiamo come questa situazione sia accettata ma allo stesso tempo temuta all'interno della società in cui questi ragazzi vivono, e proprio per questo, di fatto, ne restano isolati. Tutti vogliono una cura per il cancro, ma allo stesso tempo temono coloro che lo possono curare.
L'idea delle donazioni, ad Hailsham, viene somministrata agli studenti a piccole dosi. E' la stessa Kathy a non sapere quando le è stato raccontato per la prima volta di dover diventare una donatrice. E' un'idea che i tutori insinuano poco a poco nella testa dei bambini, e questi ne diventano coscienti ben presto. Diventare un donatore è l'unico destino possibile per gli studenti di quel collegio.
Non lasciarmi non è il solito romanzo distopico, e non sto parlando solo della sua struttura particolare. Mentre nei romanzi distopici ce ho letto fin ora c'era molta azione, voglia di ribellione da parte dei protagonisti, regimi dittatoriali da abbattere, in questo romanzo non c'è nulla di tutto questo. L'elemento distopico è qui ben nascosto tra le pagine, somministrato a piccole dosi anche per il lettore, eppure è allo stesso modo terrificante, perché si parla di un mondo e di una società che sarebbero, anche in un futuro non troppo lontano, possibili.
Il messaggio che vuole mandare e la traccia che lascia fanno discutere e riflettere, non solo sulla vita in generale, ma anche sulla morte e sulle cure mediche. Su quanto lontano può portare il progresso scientifico e di ciò che è capace di fare l'uomo nel momento in cui si tratta della propria sopravvivenza.
E poi ovviamente c'è il tema dell'impossibilità, da parte di questi cloni, di scegliere per sé stessi. Nessuno di loro è libero di costruire un proprio futuro, e la loro destinazione è stata già scelta, anche se sono essere umani a tutti gli effetti, con la stessa voglia di vivere, amare, viaggiare e vedere il mondo e provare emozioni.
In sintesi, un romanzo spiazzante, forte nonostante la sua delicatezza e tremendamente triste. Per quanto mi riguarda lo considero imperdibile.





Il mio voto per questo libro è cinque riccetti!


Dal libro, come alcuni di voi sapranno, è stato tratto l'omonimo film con Carey Muligan, Andrew Garfield e Keira Knightley, uscito nel 2010. Spero di rivederlo presto e di inserirlo in uno dei prossimi appuntamenti con Dal libro al film.

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