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Recensione di Nuovo dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini

Creato il 07 agosto 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

0 Flares 0 Flares × Recensione di Nuovo dizionario delle cose perdute di Francesco GucciniNuovo dizionario delle cose perduteFrancesco Guccini
Pubblicato daMondadori
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Libellule
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:

Il cantautore, musicista e scrittore Francesco Guccini con il suo Nuovo dizionario delle cose perdute regala al pubblico una raccolta di oggetti smarriti nel vortice del tempo, accuratamente descritti dalla penna di chi, il passato, lo porta scolpito nella memoria.

Dalle drogherie alle letterine di Natale, dall’idrolitina alle cabine telefoniche. Guccini, pagina dopo pagina, snocciola un vasto assortimento di piccole memorie private, ripescate dai passati anni ’50, recuperate dalla sua infanzia e gioventù. Dai suoi anni d’oro, quegli anni così diversi dalla nostra modernità. Una gamma di oggetti, di cose perdute, che a poco a poco il tempo ha messo da parte. Nel seguire il filo dei suoi pensieri, Guccini consegna al pubblico il suo vissuto con ironica retorica, con un lessico altisonante dietro il quale fa capolino una prosa genuina.

Dal resoconto dell’epoca che è stata ad una sottile critica del presente (che si sta lentamente spogliando di bellezza), viene alla luce un passato semplice, chiaro, come le lenzuola bianche di bucato che le donne lasciavano asciugare sull’erba.

“Chi non lo ha visto non potrà descrivere il biancore accecante di quelle lenzuola e chi non l’ha sentito non potrà mai sapere cos’era l’odore, la fragranza di quella biancheria che usciva dal bucato e si mescolava col profumo dell’erba e di qualche fiore di campo.”

Scrive Guccini.

Un universo che fa a pugni con la nostra modernità, fatta di lavatrici e di articoli usa e getta. Non è passato neppure un secolo, ma tra quel mondo ed il nostro c’è un piccolo abisso. Perché, un tempo, si era “[...] più casalinghi, più attaccati a lari e penati, diciamo, in una parola sola, un po’ più coglioni.”

E, forse, è il sintomo di una società in evoluzione quello di distaccarsi dalle radici; o, invece, stiamo solo progressivamente rinunciando ai nostri sentimenti, in favore di un universo popolato da mezzi uomini e da apparecchi elettronici che non lasciano spazio all’umanità. Guccini ci regala un decennio di gioventù, della sua gioventù, e ce lo racconta come si fa ad un amico. Lo fa con la semplicità dei gesti quotidiani. Perché le sue parole non vogliono abbindolare, sedurre, affascinare. Le sue parole vogliono portare alla luce oggetti coperti dalla polvere dei giorni trascorsi; e, allora, la sua prosa diventa un soffio leggero che spazza via la polvere e porta alla luce piccoli tesori del passato, come se fosse un antiquario di parole.

Descrizioni dettagliate di oggetti, compiute con la meticolosità di un orologiaio, si alternano all’esposizione di etimologie di termini, messe in piedi con maestria, in una danza stramba e brillante che, naturalmente, non dimentica le emozioni. Nuovo dizionario delle cose perdute è un tributo ai ricordi. E, nei ricordi, ogni cosa acquista una luce nuova, ogni cosa ridiventa viva. E, nei ricordi, possiamo ancora sentire il sapore del passato.

Emanuela Quaranta



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