Voto:
Informazioni sul libro
Titolo:Adriano Sofri
Pubblicato da:Sellerio
Collana:La memoria
Genere:Attualitá / Reportage
Formato e pagine:
Social:Goodreads
Disponibile su:
€ in offerta
€ scontato
€ usato
Mauro Rostagno fu ucciso dalla mafia il 26 settembre 1988 a Lenzi, in provincia di Trapani. Questo libro è il racconto dei venticinque anni d’indagini, interrogatori e accertamenti che, nel 2014, hanno condotto alla condanna all’ergastolo per i suoi assassini.
Mauro Rostagno fu ammazzato il 26 settembre del 1988. Era nato il 6 marzo 1942, era passato da tante vite, chissà quante ne avrebbe avute ancora. Di tutti quelli che ho conosciuto, era il più pronto a prendersele tutte, le vite che abbiamo in offerta.
La storia di Reagì Mauro Rostagno sorridendo, raccontata da Adriano Sofri, inizia una sera d’autunno di ventisette anni fa: la sera in cui il suo amico e collega Mauro Rostagno venne prima colpito, all’interno della sua auto, da alcuni proiettili di fucile calibro 12 per poi essere finito da due colpi di revolver 38. Ma per parlare di Mauro Rostagno non si può partire da quel 26 settembre: quella fu la sera in cui tutto, o quasi, ebbe fine. Per parlare di lui, è necessario fare un balzo indietro per capire quando e dove tutto ebbe inizio. Chi era dunque Mauro Rostagno? Un clic su Wikipedia vi risponderebbe con il binomio “sociologo e giornalista italiano”, ma forse è necessario scavare più a fondo per capire che strade l’abbiano portato a incrociare quei proiettili fatali. Agli inizi degli anni Settanta, Rostagno fu uno dei leader più carismatici del movimento Lotta Continua; nel 1981, fondò a Lenzi (Trapani) la comunità Saman, per il recupero dei tossicodipendenti; dalla metà degli anni Ottanta, iniziò la sua campagna di denuncia contro la mafia attraverso le trasmissioni dell’emittente locale Radio Tele Cine (RTC). Ed è qui che la nostra storia può ricongiungersi con quella sera di fine settembre: la sera in cui la vita di Rostagno ebbe fine. La pista mafiosa apparve immediatamente come la più plausibile eppure, per qualche strana e confusa ragione, fu messa in un angolo e dimenticata. Si parlò di delitto passionale: la moglie Chicca, dipinta come una moderna Clitennestra, fu prima arrestata per l’omicidio del marito e poi rilasciata come se niente fosse successo. Si parlò di vendetta politica, ipotizzando che Rostagno fosse stato condannato a morte dai suoi ex compagni di Lotta Continua. Perché? Sono anni confusi, in cui ogni omicidio sembra legato, per uno strano gioco del destino, ad altre morti e ad altre storie.
In questo caso, la vicenda di Rostagno, avendo come tramite Adriano Sofri, s’incrocia con quella del commissario Luigi Calabresi, ucciso il 17 maggio 1972. Per quell’omicidio, a essere indagato come mandante fu lo stesso Sofri: perché allora non ritenere che quest’ultimo, scoperta l’intenzione di Rostagno di testimoniare contro di lui, avesse deciso di eliminarlo dalla scena nel modo più brutale? E fu così che le indagini per la morte di Rostagno seguirono percorsi incerti e accidentati: venticinque anni di ricerche, dubbi, interrogatori, smentite e ipotesi che alla fine hanno portato la dove tutto aveva avuto inizio. Non fu né la gelosia di una moglie né la paura di un amico a condurre Rostagno alla morte. A volere il definitivo silenzio di Rostagno, furono i boss mafiosi Vincenzo Virga e Vito Mazzara, condannati all’ergastolo, nel 2014, dalla Corte d’Assise di Trapani.
Approfondimento
Chi ci è caro, e muore prima del tempo, lo teniamo tanto più caro. Gli antichi, che sentivano fortemente, capovolgevano la cosa: è morto prima del tempo perché era amato dagli dei. Era un modo di consolarsi, certo, un risarcimento.
Reagì Mauro Rostagno sorridendo non racconta solo di mafia, di morte o di criminalità: è, principalmente, una storia di vita. Di vita in tutte le sue forme. La vita di una ragazza, Maddalena, che aspetta un quarto di secolo per ottenere una qualche risposta capace di dare senso al suo dolore per l’assassinio del padre. La vita di chi è rimasto e ha deciso di combattere per chi non c’è più. La vita che si respira dentro le aule di un tribunale, dove la stessa vicenda può essere rivissuta fino allo sfinimento, sotto luci e profili diversi capaci di farla apparire a tratti contradditoria e a volte quasi surreale:
“E siamo arrivati così al capitolo più romanzesco ed emozionante dell’indagine condotta nel vivo del processo: la perizia genetica. Sorriderebbe Mauro, all’idea che, senza i ventisei anni di ritardo, del DNA non ci sarebbe stata traccia: nel 1988 la genetica forense era ai primi albori, e ai carabinieri di Trapani perfino una seria indagine balistica sembrava troppo.”
Da ogni parola di questo libro, emerge l’affetto dell’autore nei confronti di quell’amico andato via troppo presto, strappato alla vita in modo crudele ma, in fondo, quasi banale. L’affetto di chi non dimentica e, nonostante tutto, cerca strenuamente di difendere la verità.
Mariangela Pala