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Informazioni sul libro
Titolo:Autori Vari
Pubblicato da:Einaudi
Collana:L'Arcipelago Einaudi
Genere:PoesiaRacconti
Formato e pagine:
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Trama:
Sei scrittori sardi hanno pensato di riunirsi e organizzare una piccola antologia da dedicare alla loro terra natia, che raccoglie racconti e intrusioni poetiche, che con continuità o discontinuità partono da e ritornano in Sardegna. Un orizzonte e un punto di osservazione comune a tutti e sei gli autori. Chi compra questo libro aiuterà la comunità di uno dei paesi più devastati dall’inondazione che ha colpito la Sardegna nel 2013.
Sei autori (Francesco Abate, Alessandro De Roma, Marcello Fois, Salvatore Mannuzzu, Michela Murgia, Paola Soriga) sotto l’etichetta di Einaudi e uniti da un profondo amore per la loro terra la Sardegna, dopo la terribile alluvione del novembre 2013, che ha distrutto molti paesi, in particolar modo Bitti, si sono uniti e hanno creato una compilation a scopo benefico. Nasce così Sei per la Sardegna, sei personalissime divagazioni letterarie accomunate dall’amore per la propria terra, un’isola, un mondo, un sentire, la “sarditudine”.
Apre l’antologia Francesco Abate con Un uomo fortunato, la storia di chi sardo non è di nascita ma lo è voluto diventare di adozione. Abate partecipa all’antologia con questo racconto inedito che è un’elaborazione di un suo spettacolo teatrale che si chiama È colpa tua ed è dedicato alla storia di un bambino escluso, emarginato, per colpa della sua malattia. La storia di Abate, come dice lui stesso nell’incipit, è un piccolo risarcimento , uno di quei rimborsi che solo la letteratura può dare fissando nella memoria comune, attraverso una pagina stampata, sofferenze, ingiustizie, vite incredibili e perigliose (ma sconosciute) che rischierebbero di essere archiviate in un amen e destinate all’oblio. Gabriele, figlio di Anna e Ciccio, trasferitesi in Sardegna per lavoro, è un bambino dagli occhi profondi, brillanti come una buccia di castagna, capelli ricci e neri, così neri da sembrare penne di corvo. La sua specialità era il sorriso, quel fantastico sorriso che ha saputo tenere saldo anche nelle peggiori avversità, capace di far innamorare chiunque lo incontrasse per tutta la sua breve e intensa vita.
Segue E se fosse una malattia? di Alessandro De Roma , un interessante diario di viaggio. La malattia in questione è il turismo una specie di virus che ha contagiato milioni di persone nel corso degli ultimi secoli. Secondo l’autore, infatti, la smania di fotografare e catalogare tutti quei luoghi che visitiamo in fretta e furia, è una malattia dell’anima, un’ingordigia della conoscenza; è soprattutto una malattia dei luoghi. Ci sono posti del mondo che sono diventati la caricatura di se stessi, e dove i viaggiatori sono trattati come mucche da mungere. Viaggiare non è fare turismo afferma e dimostra con convinzione in questo breve racconto lo scrittore. Il viaggiatore De Roma si pone questi interrogativi a Calcutta, una delle città fuori dai circuiti turistici, dove lui è rimasto a vivere per un periodo. Partendo poi da Calcutta l’autore arriva a Machu Picchu, fino a raggiungere il centro e le periferie che conosce: Roma, Torino, Olbia, Cagliari.
L’infinito non finito di Marcello Fois è un accorato canto in otto strofe in cui il finalista del Premio Strega e del Premio Campiello nel 2012, accusa se stesso, spietatamente, per essersi comportato come un turista a casa sua, un traditore verso quella sua terra tanto bella ma tanto martoriata, lui archetipo dell’uomo sardo dopo molto pellegrinare, dopo esseri trasformato in tour operator per gli amici, dopo aver scelto di vivere lontano dalla sua città natale, giunge alla certezza che solo dalla Sardegna bisogna partire, perché questo è il posto giusto, di bellezza violata, di roccia stuprata, d’acqua strozzata nell’arteria di cemento armato. Da qui, da questo centro, ha origine l’infinito non finito…
Il contributo di Salvatore Mannuzzo alla raccolta è un breve libretto per musica Cantata profana che ti riporta alla mente le litanie struggenti e melanconiche delle vecchie sarde, donne minute, rugose, vestite di nere, sedute nei cortili delle loro case rurali a sbrigare le loro faccende. Di fatto, intorno a un morto per soffocamento un giudice, un prete, un medico e un carabiniere s’interrogano e rispondo sulla cattiveria umana, sull’essenza della vita.
Gli ultimi due racconti sono firmati da due donne, scrittrici affermate, Michela Murgia e Paola Soriga. Il contributo della Murgia è un racconto che porta ad atmosfere antiche, a tradizioni lontane, a sacrifici disumani fatti da un padre verso un figlio, all’amore profondo che li lega, al rispetto e riconoscenza del figlio diventato avvocato verso il padre e all’affermazione conclusiva che I figli dei tuoi amici fanno l’unica cosa che gli hanno insegnato i loro padri ed è per questo che stanno appresso alle pecore. Io invece faccio l’unica che volevo fare ed è questo, non le pecore, che fa di me un pastore. Grilli in testa di Paola Soriga conclude l’antologia in maniera. Il breve racconto della Soriga è un inno alle donne, alla lettura, ad avere appunto “grilli per la testa”. La giovane protagonista, l’io narrante, ricorda con immenso affetto e gratitudine un’amica della mamma, signorina, che ogni anno il 26 dicembre le regalava un libro, un classico della letteratura mondiale, e come questo fosse visto in famiglia come uno spreco, un’inutilità soprattutto per una bambina che non doveva perdere tempo leggendo, appunto non doveva avere “grilli per la testa”.
Approfondimento
Riporto le parole dell’introduzione che spiegano gli intenti dell’instant book e rendono perfattamente l’idea del perchè e di come questo libro sia stato scritto: Dopo tanto silenzio, il fragore detonante degli scrosci di pioggia si è schiantato su una terra che il secco, e l’uomo, avevano radicalmente modificato. Ma, s’abba tenet memoria , l’acqua ricorda, e ricorda dove stava il suo letto nonostante le villette a schiera che gli uomini vi hanno costruito sopra. E ricorda che da sempre, e per sempre, nei casi di piena eccezionale, andava a sversarsi in quelle zone umide che l’uomo ha prosciugato per costruire parcheggi o centri commerciali». L’acqua ricorda, l’acqua sa. E lo sanno anche coloro che senza muovere un dito o urlare il proprio dissenso vedono il loro territorio trasformarsi: gli alberi tagliati, le costruzioni in bilico su costoni fragili come wafer, i letti dei fiumi coperti da cemento, camere stagne e tappi mortali. Così è andata in Sicilia, in Calabria, in Liguria, in Campania, nel Vajont.
Milena Privitera