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Recensione di Sorridi Bellezza di Simone Sarasso

Creato il 04 settembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

2 Flares 2 Flares × Recensione di Sorridi Bellezza di Simone SarassoSorridi Bellezza Simone Sarasso
Pubblicato daRizzoli
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:You Crime
Genere:Gialli
Pagine:
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La trama:

Pennellate, di colore che si imprimono in una tela. In questo quadro il rosso è il colore che predomina per eccellenza. Rosso come il sangue che sgorga, travolgendo in un attimo la vita di persone che vogliono soltanto vivere. La follia corre sulle righe di tutti e quattro i racconti della collana You Crime. Ma gli altri colori, amici lettori, sarete voi a metterli, forti, intensi, sempre che non veniate prima della fine travolti da brividi anche di orrore. Oltre a Simone Sarasso in Sorridi Berllezza, troverete Riccardo Bruni, Marco Scarlatti e Cristiano Tandueo. In You Crime, gli autori si sfidano come dei campioni di fioretto che vogliono conquistare il primo posto, ed è proprio il caso di dire che l’allievo ha superato il maestro, perché nei racconti le tragiche azioni dei protagonisti sono scandite da brevi descrizioni che danno movimento, togliendo con incredibile maestria ciò che di atroce sta invece ahimè accadendo. Spennellate miei cari lettori, spennellate!

Sorridi Bellezza di Simone Sarasso

Il primo dei quattro racconti è quello di Simone Sarasso, che propone una rivisitazione dell’ormai nota storia di Bonnie e Clyde, dal titolo “Sorridi bellezza”. Scorrendone le pagine scopriremo che la frase “sorridi bellezza” può sembrare quasi una sorta di parola magica, che ad ogni clik fotografico riesce ad immortalare i momenti più rappresentativi e il sorriso della signorina Bonnie Elizabeth Parker. Gli anni sono quelli del 1929, o giù di là, e il West Dallas (dove parte del racconto è ambientato) ha l’aspetto di un luogo che non esiste. Bonnie si innamora di balordi che sposa. Più che balordi, assassini, ladri senza una coscienza e più niente da perdere. A soli 16 anni giurerà amore eterno, facendosi ricamare con un tatuaggio un paio di cuoricini nell’interno coscia destra. Il suo primo balordo o marito (come preferite chiamarlo) si chiama Roy, Ma nonostante l’accesa passione tra i due, il matrimonio finirà dopo appena un paio di anni. Il secondo invece sarà per sempre! E mai come in questa storia la pelle si accapponerà “nella buona e nella cattiva sorte”! Clyde, prometteva bene fin da ragazzo. Aveva infatti iniziato la sua carriera con qualche furtarello che consisteva nel rubare prima i tacchini, poi le automobili. Successivamente la posta si alzò: le sue rapine lasciavano il segno oltre a una lunga scia di morti stecchiti, grazie alla sua impeccabile mira o a quella degli “amici balordi” che componevano la banda. Non si contano quante furono e quanti – per usare il loro gergo – ci lasciarono le penne.

Ma quel giorno arrivò. Clyde si fece beccare e iniziò “un percorso” dentro e fuori dalle prigioni, da lui descritte come “inferni medioevali”. Una volta fuori, non ne volle più parlare e il suo desiderio era quello di dimenticare. Ma per questo non si impegnò mai abbastanza! Nel frattempo Bonnie sempre più cotta a puntino, si traferisce a Waco, cittadina nota per il Mc Cleallan uno tra i carceri più duri, nel quale il suo Sugar era rinchiuso. Scusate, ma presa da tutti questi fattacci dimenticavo di dirvi, che Bonnie e Clyde avevano due soprannomi. Forse la consapevolezza non era la loro miglior dote, in quanto Bonnie era Honey e Clyde Sugar. Ma non vi ho detto come si conobbero i due zuccherini! Fu infatti Edith, la ragazza del fratello di Clyde, a far incontrare Bonnie a Sugar. Immediatamente scoccarono scintille, in tutti i sensi! Naturalmente il loro fidanzamento non fu segnato dall’ormai trita consuetudine che un anello di fidanzamento può rappresentare. No senz’altro troppo banale per i due piccioncini! Il pegno d’amore di Clyde, fu quello di donarle una pistola fiammante calibro… non ricordo più quale. Lui andava matto per le pistole ed evidentemente era riuscito a trasmettere la sua tenera passione ad Honey. E quel regalo fu la stretta di mano che sancì il loro intenso sodalizio lavorativo, perché da quel giorno Bonnie entrò in affari con Clyde e non solo visto che diventò poi il suo secondo marito. Ogni volta che l’eroe usciva di prigione – successe parecchie volte – formava una banda di tre persone. T

re per lui, era il numero perfetto, in tutte le banda che si rispettino doveva esserci, il calmo, il cattivo e quello che ti guarda alle spalle. E quest’ultimo era il più importante, dato che la loro vita era scandita da molto sesso, dalle rapine che sempre più spesso ormai finivano nel sangue e quindi un guardaspalle era indispensabile. Sempre in fuga! Ma arrivò quella che per molti comuni mortali può essere la notte più magica dell’intero calendario: quella di Natale. Ma non per loro! Fu in questa notte che pensarono di farsi reciprocamente un regalo: far saltare le cervella a qualche povero malcapitato! Meglio ancora se sceriffo. L’adrenalina sarebbe corsa a mille nelle vene e loro non si sarebbero annoiati! Ma per chi ancora non consce la storia di questi due incalliti balordi – e certamente senza ombra di dubbio assassini – vi lascio al finale che grazie all’autore non mancherà di dettagli e minuziose descrizioni. Per quanto mi riguarda pur non amando certamente questo genere di lettura, devo ammettere che la bravura di Simone Sarasso, è proprio quella di raccontare la storia con tutta la naturalezza del mondo, utilizzando un gergo che trasforma le azioni più cruente in quotidianità. “Bang, bang la testa si staccò, rotolando si aprì in due, e un pezzo di torace si sparpagliò qua e là”! Cose di tutti i giorni, le più normali del mondo!

Nicoletta Panciera

L’uomo con la pistola di Riccardo Bruni

L’insegna blu e arancione del Candy Bar aveva l’aria satura dei suoni delle slot machine. Era un locale isolato che ingoiava stipendi e solitudini in tagli da cinquecento euro. Marco andava lì per osservare i giocatori. Tutti perdenti. Tranne lui, che aveva deciso di comprare il fumo dagli albanesi per rivenderlo a scuola e potersi così premiare prendendosi un nuovo scooter. Certamente, lavorativamente parlando, Marco aveva imboccato una scorciatoia, con guadagni più “facili” rispetto a un lavoro più onesto e altrettanto utile come chi “pulisce cessi”!

Marco è amico di Billy che a sua volta é figlio di un pregiudicato, ora agli arresti domiciliari. Lo sfondo nel quale si muovono questi simpatici ragazzi è grazioso e naturalmente prevede un cuore che batte per amore. Quello vero! Quello che non deve chiedere mai, ma che deve dimostrare all’amata, la forza e l’essere uomini veri, con gli attributi, con buona pace per chi non è d’accordo. Ma facciamo un passetto indietro miei cari lettori, perché nel giardino incantato al posto di Eva troviamo una certa Meloni, che porge la sua mela incantata al suo compagno di classe Billy, chiedendogli di tirare fuori la bacchetta magica e far sì che nessuno (ma soprattutto i suoi genitori) possa mai scoprire tutte quelle brutte insufficienze che è riuscita ad accumulare in quell’anno e che ora si trovano sul registro di classe. Grazie al più famoso social network di tutti i tempi, Martina la ragazza di Marco legge un comunicato importantissimo della Meloni che recita: domani ci sarà una bella sorpresa…lasciando tutti con il fiato in sospeso! Martina con un sms degno di tutto il rispetto possibile richiama all’ordine Marco il suo uomo, chiedendogli se dal comunicato della Meloni lui sia a conoscenza di qualche cosa. Lei è preoccupata, e anche molto perché se Marco si mischia a certa gentaglia il rischio che i suoi genitori lo vengano a sapere è davvero grosso! La conseguenza molto preoccupante per lei è quella che poi non la facciano più uscire di casa e naturalmente confessa il suo timore a Marco. Ah l’amore! Come in tutti i film che si rispettino i due ragazzi non ascoltano più nessuno ed organizzano un raid notturno nella scuola per fare un piccolo ma incisivo falò di tutti i registri.

Ma prima di affrontare tutto ciò, bisogna prendere del carburante che corra veloce nelle vene di questi impavidi ragazzi, e quindi un passaggio al bar di Maurone é d’obbligo. Incoraggiati e ringalluzziti dall’alcol sono pronti a partire per il fronte a bordo della vecchia Volvo di Billy. Arrivati nei pressi della loro scuola Don Milani, spengono i fari, scavalcavano il cancello ritrovandosi così nel cortile. Scavalcare segnava il punto di non ritorno e una volta scivolati dall’altre parte, Billy estrasse il piede di porco e con un colpo secco aprì il portone. Entrarono. Nessuno avrebbe mai saputo delle insufficienze della Meloni!, I registri ardevano rapidamente come in un allegro falò nel giorno dell’epifania. Cosa non si fa per amore! E chi riesce più a fermarli ora che l’adrenalina è a mille e che al posto del sangue circola alcol puro? Ora le idee sono a getto continuo. Intasiamo i gabinetti con la carta igienica e lasciamo correre l’acqua, così allaghiamo anche la scuola. Sono entrambi contenti, si divertono, e ritardano nell’ uscire dalla scuola perché a Billy ha un’altra idea grandiosa! ”Perché non ci prendiamo anche tutti i computer, sono nuovi” suggerisce all’amico meno motivato e più impaurito di lui. Marco è preoccupato, a quell’ora avrebbero già dovuto darsela a gambe levate. Ma bisogna mostrare di avere gli “attributi” e quindi in meno di un’ora tutti i computer finiscono in macchina. Si possono rivendere per comperare il fumo. Che idee, una meglio dell’altra! Tutta stava filando liscio fino a quando udirono un colpo provenire dal cortile. Un auto aveva appena sfondato il cancello della scuola. Una sagoma oscura tirava fuori dalla macchina un’altra persona, puntandole una pistola alla testa. Il silenzio diventò così assordante che non si udì nemmeno il tonfo delle loro palle! Erano inchiodati, e seduti sul pavimento. Bylly si fece coraggio alzandosi per cercare di vedere qualcosa di più. La torcia dell’orco illuminò e mostrò soltanto il viso quasi irriconoscibile del povero malcapitato. Lo riconobbe! Tornarono nell’aula insegnanti la più lontana da luogo infernale. Dovevano uscire andarsene al più presto. Ma arrivò un urlo. Fu straziante! Saltarono agilmente dalla finestra, corsero il più velocemente possibile passando davanti alla macchina dell’orco che aveva lasciato i fari accesi e guadagnarono l’uscita. Erano in salvo. Uno di loro due si girò per dire al suo amico “siamo fuori ce l’abbiamo fatta”, ma dietro non c’era nessun amico! Era solo! Chi dei due era finito all’inferno? E chi in paradiso? Ma chi era l’orco cattivo? Cari i miei lettori certo non posso raccontarvi anche il finale. Leggete e vedrete. Io ho sofferto leggendo, perché ho visto. Ora tocca a voi!

Nicoletta Panciera

Lo spettro dei sogni di Marco Scarlatti

In questo racconto il dialogo tra la vita e la morte vi accompagnerà per tutto il tempo. Forse soffrirete, come è toccato a me, o forse no se siete incalliti lettori del genere noir (si dice così?), abituati ai minuziosi e morbosi dettagli. Come d’altra parte fa Marco Scarlatti in. Lo spettro dei sogni, nel quale abbonda, e sottolinea i dettagli più raccapriccianti. E’ proprio il caso di dire che l’allievo ha superato il Maestro! Ma non voglio togliervi la suspense nell’anticiparvi il necessario…Il resto a Vous!. La voce narrante dell’intero racconto ha o meglio aveva un padre che ormai é morto da anni. Ma da circa una settimana lui lo sogna o forse è più corretto dire ha degli incubi continui, come ora che si trova sui camminamenti di un castello, è notte, fa freddo e piove. I soldati sono addormentati, durante tutto il sogno. E’ sicuro che il padre stia cercando di dirgli qualche cosa di importante. Gli parla di un pugnale. “Mi hanno sempre detto che eri scomparso” “No mi hanno ammazzato!” Il padre vuole dirgli chi è stato, ma senza successo e lui si ritrova a piangere senza ritegno, senza più freni, come un bambino. Non riesce a smettere, perché suo padre gli manca tanto. E vuole sapere tutto di quella notte. “Perché lo ha fatto Papà?”. ”Per tua madre” risponde esausto il padre alla fine. “Tua madre era una bellissima donna, da giovane una meraviglia in terra”. “Quella notte lei non c’era… eravamo solo io e l’assassino! Adesso tu sei l’unico che può fargliela pagare cara”.

Davvero di più non posso e non voglio dirvi, perché vi toglierei il gusto di capire e di scoprire cosa sia successo in quella terribile notte. Sprazzi di sogni, di incubi, di dialoghi di sofferenze, di morte, ma non di vita. Nessuna speranza! Pennellate di rosso descritte, purtroppo per chi come me è debole di stomaco, magistralmente dall’autore. Fate bei sogni miei cari lettori!

Nicoletta Panciera

Rosso Veneziano di Cristiano Tanduo

Anche in questo racconto la follia si impadronisce dei suoi protagonisti. Joseph fa il pittore, ma la sua arte per essere perfetta si spinge ben oltre il confine del bene. Vive a Venezia ed il suo unico e fedele non amico, ma servitore è un povero deforme, dal nome Isaia, che faceva il saltimbanco e chiedeva l’elemosina nei sobborghi di Praga. Il suo” tassello mancante”, il complemento ripugnante e deforme che avrebbe fatto da contrappeso alla natura del Maestro “nobile e raffinata”. Con il contributo di Isaia, Joseph produce le migliori composizioni pittoriche di ogni tempo. Il colore viaggiava su quelle tele nella stessa direzione di quegli ignari uomini o donne che venivano così brutalmente assassinati. L’ ossessione che Joseph aveva era per i colori. Cercava la perfezione! In particolare del rosso. Rosso sangue. E solo madre natura riusciva a dare dei colori così perfetti, nel corpo umano! Questo era il pensiero del Maestro, divenuto negli anni un pittore conosciuto in tutto il mondo. La sua convinzione era che la vita doveva sottomettersi all’arte. Ogni volta che compiva un omicidio, incideva sotto alla cornice di pietra del tabernacolo di Sant’Antonio (non aveva altri posti?) un segno verticale. Quindici vittime, ma nessun rosso perfetto era stato ancora messo su quella tela. Si, perché esisteva una tela immacolata che aspettava di essere macchiata dal sangue perfetto. Chissà se sarebbe rimasta sempre bianca, o se un giorno avrebbe visto spargere su di sé quel rosso che le avrebbe tolto per sempre la sua purezza? E chissà mai quante persone avrebbero chiuso gli occhi per non riaprirli più? E chissà di chi sarebbe stato alla fine il rosso veneziano che avrebbe finalmente dato a Joseph la pace nella sua perfezione? Quel giorno sarebbe mai arrivato? A costo di ripetermi non sarò io a svelarvi il finale, che resta di tutto il racconto la miglior cosa. A differenza degli altri racconti, in Rosso Veneziano più che un dialogo esiste una voce narrante, che proprio perché è tale riesce a prendere le distanze da quella sequenza di scene a volte davvero raccapriccianti, durante le quali mi sono chiesta se l’orrore poteva avere la meglio, pur di scoprire il finale. Io purtroppo ho sofferto e molto, ma per natura sono molto curiosa!

Nicoletta Panciera



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