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Recensione di Strategie per arredare il vuoto di Paolo Marino

Creato il 04 agosto 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

23 Flares 23 Flares × Recensione di Strategie per arredare il vuoto di Paolo MarinoStrategie per arredare il vuotoPaolo Marino
Pubblicato daMondadori
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Scrittori italiani e stranieri
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:
 

I genitori di Edo sono scomparsi. La zia Selma vorrebbe prendersi cura del ragazzo rimasto solo, ma lui preferisce rimanere tra i ricordi e i mobili di mamma e papà. E tra i bizzarri personaggi che invaderanno la sua casa Edo proverà ad “arredare” il vuoto lasciato dai genitori, incontrando non poche difficoltà.

 

“Ci sono cose che capitano e si possono serenamente ignorare. Gli oggetti si urtano, cadono, si rompono. Succede, e per te non fa nessuna differenza. Il mondo è intasato e sovrappeso, ogni tanto qualcosa si muove, s’inclina appena un po’ e si acquieta in un nuovo assetto.” – Strategie per arredare il vuoto

Ecco, ad Edo però è successa una cosa che non ha potuto ignorare. E la sua vita si è inclinata, ed ha poi pian piano ritrovato un nuovo assetto. Edo ha tredici anni, adora stare solo, è dotato di una sensibilità straordinaria, sogna ad occhi aperti ed è un attento osservatore, tanto che è capace di ricordare a distanza di tempo anche il minimo dettaglio. Però non gli va molto a genio il mondo degli adulti; sta bene da solo, con la sua immaginazione. Quando i parenti cominciano a stargli vicini per troppi giorni di seguito, poi, capisce che c’è qualcosa che non va. I suoi genitori, infatti, da un giorno all’altro non torneranno più. Non si sa di preciso cosa sia successo, ma il povero Edo non avrà più possibilità di abbracciarli. La zia Selma promette che si prenderà cura di lui. Peccato che andare a vivere con la zia sia l’ultimo dei pensieri nella lista di Edo. Così un giorno, approfittando del fatto di dover prendere da casa dei vestiti da portar via, deciderà di non andarsene più. Senza urlare né combattere, ma semplicemente dicendo che preferisce restare, costringerà gli zii a lasciarlo in pace a casa sua, tra i mobili, la biancheria ancora da lavare, le foto e i ricordi. Tutti i tentativi degli zii, le telefonate e le improvvisate saranno vani: Edo, da lì, non si muoverà più.

Il ragazzo però non rimarrà solo: la casa verrà letteralmente occupata dalle impertinenti gemelline Lavinia e Greta che si cureranno di non fare mai mancare il cibo, da un rappresentante di aspirapolveri ossessionato dai microbi che si depositano in ogni dove, da Enea che non sa mai se entrare o convincere Edo ad uscire, e da un gruppetto di ragazzotti volgari e prepotenti. Solo raramente Edo riuscirà a godersi la pace che cerca, ma tutto il susseguirsi di incontri, scavi nei ricordi, e discorsi con i suoi ospiti lo porteranno comunque a crescere e a confrontarsi con la realtà. Forse questo romanzo aveva diverse chiavi di lettura ed io ho beccato quella sbagliata, chissà. Abbiamo a che fare con un ragazzino che si ritrova di punto in bianco a dover vivere da solo, e malgrado tutto ce la fa. C’è il dolore che si cela dietro il suo bisogno di far sgombrare le stanze e dietro la sua necessità di rinchiudersi in luoghi dove nessuno può scovarlo. C’è il passaggio all’età adulta. C’è il valore dell’amicizia, quello dell’empatia e quello della solidarietà. Ma c’è un intero monologo del protagonista che si fa fatica a mandar giù perché monotono, decisamente apatico e intriso di dettagli spesso irrilevanti. Edo rinchiude tutto nella sua fantasia, si rifugia in un bozzolo di impassibilità, e sembra che si accontenti di vivere il niente pur di non dover affrontare la triste realtà.

E questo lo capisco, ognuno ha il suo modo di reagire. Ma anche la storia in Strategie per arredare il vuoto è tutto un covo di dialoghi sconnessi, campati per aria, che rendono poco scorrevole e soprattutto ben poco avvincente la lettura. I personaggi poi sono strampalati e talvolta assumono comportamenti a dir poco surreali, che mal si adattano ad una vicenda come questa. Insomma, più volte mi è capitato di inciampare nella lettura e dover tornare indietro: ciò significa che se anche l’intento dell’autore poteva essere buono e interessante, il romanzo non decolla. O perlomeno non per quel che mi riguarda. I discorsi schietti e le parole affilate, anche se ben studiati, servono a poco. Va bene riempire il vuoto, ma è giusto farlo con qualcosa di sensato, che sia stabile, che resti nel tempo. Scegliere dei bei mobili non basta: bisogna anche sapere dall’inizio come e dove andranno collocati.

MartaBlog personale



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