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Recensione di Tre stanze per un delitto di Sophie Hannah

Creato il 22 febbraio 2016 da Leggere A Colori @leggereacolori

Informazioni sul libro
Titolo:
Autore: Sophie Hannah
Pubblicato: Mondadori
Collana:Omnibus
Genere: Gialli
Formato: Copertina RigidaPagine:

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Giudizio sintetico: five-stars


Il protagonista il noto investigatore belga Hercule Poirot, grande creazione di Agatha Christie, ma riscritto dalla famosa autrice di thriller Sophie Hannah. Dopo circa quarant'anni dalla sua ultima apparizione letteraria, in questa nuova avventura Poirot viene rispolverato dalla penna di una scrittrice dei nostri giorni, famosa autrice di thriller psicologici nel Regno Unito.

Londra, anno 1929. Per godersi un periodo di meritato riposo, lontano dalle beghe poliziesche in cui si trova perennemente e volontariamente invischiato, Poirot decide di allontanarsi per qualche tempo dalla sua dimora londinese per rifugiarsi in una confortevole pensioncina da dove potrà condurre, anche se per poco, un’esistenza tranquilla senza timore di essere disturbato.

La tanto agognata pace, però, non è destinata a durare a lungo.

Mentre sorseggia una bevanda calda al caffè Pleasant, si imbatte in una giovane donna terrorizzata che teme e sa di dover essere uccisa a breve. Incuriosito e turbato dall’incontro, Poirot decide di andare a fondo della questione. Dopo poco tramite Catchpool, giovane investigatore di Scotland Yard, suo vicino di camera nella pensione, viene a sapere che presso il lussuoso hotel Bloxham sono stati commessi tre delitti nella stessa manciata di minuti.

Recatosi sul luogo in questione insieme a Catchpool, Poirot collega immediatamente le tre uccisioni con quanto riferitogli poco prima dalla giovane donna al Caffè Pleasant. Partono da qui le indagini dei due uomini, alla ricerca di un possibile collegamento tra i tre omicidi e la donna terrorizzata incontrata poco prima e sparita nel nulla nella notte londinese.

A photo posted by Leggere a Colori (@leggereacolori) on Feb 2, 2016 at 1:57am PST

Approfondimento

L’intreccio di si dipana in maniera serrata fino all’ultima pagina, come nella migliore tradizione dei gialli di Agatha Christie, i cui eredi hanno acconsentito a far rivivere in Tre stanze per un delitto il personaggio da lei creato, tramite la maestria della scrittrice Sophie Hanna, che riesce magistralmente nel compito.

Gli appassionati dei gialli della Christie, a parer mio, non saranno delusi dal risultato, il personaggio di Poirot è rappresentato in maniera molto fedele all’originale: identica l’arroganza, immutate la pignoleria e la saccenza volutamente esibita. Le “celluline grigie”, come lui stesso le definisce nella storia, vengono da lui citate a più riprese e sono perennemente al lavoro per sbrogliare l’intricata matassa dei tre omicidi e dare così un volto al colpevole.

Posai la penna e dissi con un sospiro: “Non son sicuro di voler portare con me un elenco interminabile di domande delle quali non conosco le risposte e che probabilmente non avrò mai la speranza di conoscere”.
Non avete fiducia, Catchpool.”
Già. Cosa posso farci?”
Non lo so. E’ un problema che non ho mai avuto. Io non ho timore di incontrare un enigma che non sarò in grado di risolvere.”
Credete che riuscirete a risolvere anche questo?”
Poirot sorrise. “Desiderate che vi incoraggi ad avere fiducia in me poiché non ne avete in voi stesso?

L’azione per una parte del romanzo si sposta a Great Holling, paesino della campagna inglese. Qui si reca Catchpool su incarico di Poirot per indagare sulle tre vittime e sul loro legame con il borgo in questione.

L’atmosfera tipicamente vittoriana che permeava le descrizioni campestri della Christie, fatta di vecchie zie, pettegolezzi e misteri celati, qui risulta meno evidente; l’ambientazione è più lugubre, c’è meno chiacchiericcio salottiero, ma segreti e bugie celati dietro la patina del rassicurante perbenismo borghese infine emergono, quasi a confermare la presenza del male e dell’intrigo dietro ogni apparente esemplarità di comportamento. Pertanto anche il lettore più fedele dei romanzi della grande giallista inglese non potrà fare a meno di essere catturato dalla prova fornita da Sophie Hanna: una trama ben congegnata, anche se a tratti si perde nei meandri dell’eccessivo dettaglio tutto sommato ininfluente, uno stile semplice e lineare, in cui i dialoghi tra Poirot e Catchpool e i monologhi di quest’ultimo appaiono chiari, sempre funzionali alla storia.

Per tutta l’indagine Poirot dissemina e fornisce indizi sui quali fa soffermare le sue proverbiali cellule grigie; Catchpool ne è travolto ed avverte la sua inadeguatezza di poliziotto di Scotland Yard nei confronti delle ben più spiccate capacità investigative del suo compagno. A tratti emerge persino una malcelata sua ostilità nei confronti del troppe volte esibito acume di Poirot, anche se alla fine egli stesso sa che la risoluzione del caso sarà dovuta principalmente all’abilità di quest’ultimo.

Cominciai a chiedermi se non avrei preferito fallire da solo, affidandomi unicamente ai miei mezzi, piuttosto che avere successo soltanto grazie all’intervento di Poirot, e mi addormentai prima di giungere a una conclusione.

Roberta Morico




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