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Recensione di Voi non la conoscete di Cristina Comencini

Creato il 20 maggio 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

4 Flares 4 Flares × Recensione di Voi non la conoscete di Cristina ComenciniVoi non la conosceteCristina Comencini
Pubblicato daFeltrinelli
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:I narratori
Genere:Narrativa Contemporanea
Pagine:
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La trama:

Nadia, una giovane donna, sposa e madre di due bambini è in carcere per aver partecipato con un’altra coppia, conosciuta casualmente in un bar, ad alcune rapine. Prima del carcere, Nadia aveva vissuto una vita familiare come tutti. Era stata “una madre attenta, una moglie affettuosa” ma è sufficiente un incontro casuale con Pietro e Lara per iniziare a vivere un’altra vita, “di nascosto” dai suoi familiari. Probabilmente Nadia non esiste più, ma il percorso seguito durante gli anni trascorsi in carcere, con l’aiuto di uno psicologo, le rivelerà una nuova coscienza di sé.

In Voi non la conoscete, con profonda intensità Cristina Comencini dedica il proprio romanzo alla figura femminile in una condizione estrema, come quella del carcere. E’ la storia di Nadia, che, inizialmente come figlia, poi come sposa ed infine madre di due figli maschi, si ritrova a vivere un’altra vita oltre a quella familiare, con il desiderio disperato di riappropriarsi di qualcosa che, a causa degli stereotipi, della sua solitudine e incomunicabilità con i suoi cari, ha irrimediabilmente perso o forse non ha mai avuto la fortuna di avere. La famiglia è il nucleo iniziale e imprescindibile dal quale ha origine la storia di Nadia, che lei stessa inizia a raccontare in terza persona, a sottolineare la distanza che la separa dalla sua vita, dalla sua condizione femminile, da quella di figlia innanzitutto.

Nadia porta dentro di sé un segreto che riguarda la sua famiglia e la madre in particolare, un trauma vissuto durante la giovinezza che la condizionerà negativamente nel proprio rapporto con l’altro, con la figura maschile. Anche la distanza fisica che la separa dal padre e dal fratello, morti durante un incidente stradale, nel quale invece le due donne riescono a salvarsi, diventa una profonda distanza morale, che condiziona dolorosamente la sua esistenza. Nadia non sente inizialmente la necessità di risolvere la lontananza che la separa dalla sua famiglia e principalmente da sé stessa, non fa nulla per cambiare la sua vita. Si sposa infatti con Giorgio, un impiegato di banca, ha due figli e conduce quindi una vita familiare comune a molte altre donne. Con il trascorrere degli anni, messo da parte il ruolo di figlia, l’incapacità di accettarsi come moglie e madre premurosa, la porta a sentirsi definitivamente esclusa dall’amore e quindi dall’accettazione di sé e della propria femminilità. “Nadia dice di non essersi mai sentita libera veramente nella sua vita” ed è così distante da tutto ciò che la circonda che finisce per aggregarsi casualmente a una giovane coppia, Pietro e Lara: è sufficiente un incontro casuale in un bar per cambiare in un attimo la propria vita. Nadia quindi va oltre, supera il limite, la soglia, oltre la quale “era tutto uguale” e si trova coinvolta in alcune rapine e finisce in carcere, dove rischia di trascorrere i prossimi cinque anni della sua vita.

Il carcere, oltre ad essere un luogo fisico, che limita la sua libertà, diventa gradualmente il simbolo della sua condizione esistenziale, una prigione interna nella quale Nadia si trova probabilmente da sempre. Il tempo in carcere sembra quasi sospeso ma è qui che Nadia inizia a scoprire sé stessa, a riappropriarsi di ciò che aveva perduto, per colmare quella distanza che l’aveva allontanata da tutto. Nadia però non esiste più, il suo corpo è cambiato, non solo nel taglio dei capelli, Nadia è sparita, è trascorso troppo tempo. E’ significativo che questo percorso inizi in una condizione estrema, come quella del carcere, in cui la negazione di sé e l’incomunicabilità con l’altro sembrerebbero una condizione essenziale. Ma è grazie all’ascolto, all’incontro con uno psicologo, che diventa possibile il cambiamento. La terapia è quindi un momento centrale, perché lo psicologo riesce a mettere Nadia in condizione di raccontare la sua storia, rendendo possibili quei cambiamenti, che la salveranno e saranno da stimolo del senso di sé. E questo è possibile soltanto perché c’è qualcuno disposto ad ascoltare Nadia e la sua storia. Grazie ad una profonda indagine introspettiva dell’animo umano, questo breve ma intenso romanzo insegna come la relazione umana sia essenziale, poiché è solo in essa che è possibile riconoscere sé stessi ed essere finalmente liberi.

Chiara Torelli



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