Confesso che questo disco mi ha quasi fatto soffrire la sindrome del collezionista insoddisfatto: l’ho cercato in lungo e in largo per più di due anni prima di riuscire a procurarmelo chiedendolo direttamente all’autore. Un vero peccato la sua difficile reperibilità perché questo cd meriterebbe di essere distribuito e rintracciato con la facilità che viene destinata ai dischi delle stelle della musica pop. Dico questo perché questa registrazione è un vero concentrato di idee ricche e intelligenti che non si esauriscono con pochi ascolti ma che lasciano il segno indugiando ancora a lungo nell’aria.
Qui sono presentate alcune composizioni di cinque compositori di origini italiane, statunitensi e coreane: i “pezzi grossi” sono ovviamente John Zorn e Steve Reich, gli italiani Claudio Lugo e Giorgio Tedde, dulcis in fundo la coreana Junghae Lee.
Ero molto interessato alla interprestazione di Cappelli dei brani di The book of Heads. Nel cd sono ospitati 10 dei 35 studi ideati da Zorn nel 1978, avendo a modello la figura e la tecnica anarcoide di Eugene Chaudborne e interpretati da Marc Ribot nel disco uscito per la Tzadik nel 1995. L’interpretazione di Cappelli mi è sembrata più ricca e dinamica di quella di Ribot, si sente cioè la diversa estrazione dei due chitarristi e qui l’italiano fa ben valere il suo background di musicista classico. Altrettanto strepitosa è la versione di Electric Counterpoint di Steve Reich brano che si sta sempre più imponendo come uno dei pezzi “classici” e di repertorio obligato per gli interpreti di musica contemporanea. La versione di Cappelli è decisamente particolare e insolita: la sua scelta di non seguire pedissequamente la struttura originaria del brano e di registrarlo ricorrendo non solo alla chitarra acustica e alla classica (qui modificata con l’aggiunta di altre corde libere di vibrare per “simpatia”) ma anche a un ricco repertorio di strumenti derivanti dalla tradizione folk accordati in modo ad aggiungere un suono etnico, si rivela vincente dando luogo a una versione originale e insolita, ma allo stesso tempo impeccabilemnte eseguita e rispettosa del credo sacro di Reich: “music as a process”.
Di Claudio Lugo "la Fabrica de Carillon-Nana" è il pezzo più breve e forse soffre il suo posizionamento tra Zorn e Reich. Cinque minuti in cui la chitarra viene usata in maniera poco ortodossa, armonici, pizzicati, corde stoppate in un insieme armonico e percussivo assieme che risuona come gli ingranaggi delicati e meccanicamente precisi di un carillon nascosto all’interno di un uovo Fabergé. A chiudere i nove minuti circa del brano che da il titolo al cd della compositrice Junghae Lee e i tredici minuti di Napoletap di Giorgio Tedde, due pezzi diversi tra loro che a mio avviso condividono un senso di profonda intensità. In "Napoletap" come esplictamente dichiarato dal titolo fa riferimento alle matrici folk della musica partenopea inserendole in un contesto sonoro dove la chitarra viene “processata” anche elettronicamente e dove mi sembra vengono date al chitarrista molte possibilità di espressione e di gestione del suono.
Nulla da eccepire: un disco semplicemente eccellente sia per la scelta del repertorio, che per la qualità delle interpretazioni che per l’abilità tecnica e artistica di Marco Cappelli … un solo dispiacere … ma perché un disco così non riesce ad “accasarsi” presso una casa discografica in grado di offrirgli le possibilità di distribuzione che meriterebbe?
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