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Recensione di Zorro un eremita sul marciapiede di Margaret Mazzantini

Creato il 17 giugno 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

7 Flares 7 Flares × Recensione di Zorro un eremita sul marciapiede di Margaret MazzantiniZorro un eremita sul marciapiedeMargaret Mazzantini
Pubblicato daMondadori
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Piccola biblioteca oscar
Genere:Teatro
Pagine:
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La trama:
Zorro rappresenta un intenso monologo tramite cui la Mazzantini da voce ad un senzatetto. Se pur breve, se pur da adattare al teatro, si fa amare dalla prima all’ultima pagina. Il protagonista è un barbone che ripercorre la sua vita, la sua scelta di autoescludersi da un sistema sociale fatto di regole e limiti e di vivere oltre ciò che vivono gli uomini cosiddetti normali (da lui soprannominati Cormorani).

Zorro ci parla della sua infanzia, del suo primo cane, della sua prima amicizia finita ‘male’, delle prime delusioni, della sua famiglia ‘ordinaria e per bene’. Apprendiamo dalle sue parole che egli in realtà non è un vero senzatetto, poiché inizialmente aveva una casa, una famiglia e una moglie, ma quando all’improvviso tutto precipita, egli decide di gettarsi la vecchia vita e il vecchio sè stesso alle spalle e ricominciare. Egli prende la decisione di prendere le distanze da quella società in cui non si riconosce, dalle sue regole, dalle sue ingiustizie, dalla sua routine e dalla fretta; e grazie al suo prezioso puto di vista veniamo a conoscenza della realtà degli emarginati, di quegli ultimi che quotidianamente ci capita di vedere ma che percepiamo così lontani dalla nostra presunta normalità.

Zorro È un personaggio positivo e ricco d’umorismo, che, nonostante tutto, conserva intatta una sua dignità: è un’anima errante, un emarginato che osserva il mondo circostante e che parla tutto il giorno con se stesso. Egli conosce in prima persona e descrive la disumanità della strada, ma anche la possibilità che offre di usufruire di un dono che i “Cormorani” non possono comprare in nessun modo: il tempo. Tramite il susseguirsi delle pagine capiamo che il protagonista non si è mai adagiato su se stesso, non è mai ceduto alla rassegnazione e ride di noi, ride della nostra rincorsa al tempo, dei nostri limiti mentali, della nostra cecità di fronte alla vita, quella vera, che ci facciamo scappare da sotto il naso troppo presi dalla nostra corsa indefinita.

La sua vita si svolge tra la mensa dei poveri, le chiacchiere con le volontarie e i suoi ‘deliri riflessivi’ che nascondono al loro interno delle grandi verità che tutti noi ci troveremo a condividere, e a chiederci ripetutamente se i normali siamo noi o loro. La profondità che scaturisce dalle sue argute riflessioni ci seguirà anche quando ci troveremo all’ultima pagina del libro. Margaret Mazzantini ci regala la storia un uomo capace di farci riflettere sulle bizzarre e inaspettate pieghe che può prendere la vita di ognuno di noi, e di quel destino che a volte ci schiaccia con violenza. Toccante, intenso, profondo e originale, ci aiuta a comprendere quanto siamo ciechi di fronte a ciò che è scomodo, di quanto spesso non riusciamo e non vogliamo vedere oltre le apparenze, per pigrizia o per mantenere intatte le nostre rigide convinzioni. Lo stile è inconfondibile, realistico e diretto capace di colpire il lettore in profondità e condurlo verso delle profonde riflessioni: la Mazzantini non si smentisce mai.

Valentina Pitzanti



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