Diario di Santiago
di
Giovanni Bernuzzi
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Titolo: Diario di Santiago
Autore: Giovanni Bernuzzi
Prezzo: euro 15,00
Casa editrice: Happy Hour edizioni
Pagine: 144
Recensione a cura di Jessica Ravera
Spesso mi è capitato di pensare: mi piacerebbe, almeno una volta nella vita, fare il cammino di Santiago. Ma per ora, almeno per me, è solo una di quelle cose nella lista immaginaria a tempo indeterminato. Credo che sia un’esperienza da fare “al momento giusto” e per me questo momento non è ancora arrivato. Giovanni Bernuzzi, invece, ha vissuto intensamente quest’esperienza e i suoi personali appunti di viaggio sono poi diventati un libro: Diario di Santiago, del quale ho il piacere di raccontare oggi.
Mi piace definire questo libro come un viaggio di testa, di cuore e di piedi!
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Di cuore perché un viaggio come quello per arrivare a Santiago, è un’esperienza che non si dimentica, un’emozione costante, che oscilla costantemente fra la solitudine dei tratti a piedi che sembrano non finire mai, dove solo i tuoi pensieri riempiono in vuoto dell’orizzonte, e la promiscuità del dover condividere spazi spesso scomodi e angusti con perfetti sconosciuti provenienti da tutto il mondo. Memorabili le descrizioni dei pellegrini, un pout pourrì di persone che intrecciano con quella di Giovanni la propria esistenza, i propri modi di agire e pensare. Ma il cammino è anche un viaggio intimo, dove la delicata spiritualità di chi racconta si affaccia sulla Storia di chi per secoli ha compiuto lo stesso tragitto mosso solo dalla fede e dalla speranza. La Cattedrale di Santiago de Compostela, infatti, è l’emozione più grande!
Di piedi, perché anche se si è uomini intrisi di vasta cultura e di profonda religiosità come Giovanni, non bisogna dimenticarsi mai che con questo mondo si interagisce soprattutto per mezzo di un corpo fatto di carne e sangue, e i piedi distrutti dal troppo camminare te lo fanno ricordare molto molto bene! Sorridiamo (tanto non siamo lì noi con piaghe e vesciche!) e soffriamo (noi lettori in fondo un po’ empatici lo siamo) nel sentire come il nostro autore e gli altri pellegrini alla sera non discorrano di problemi aulici e trascendentali ma si scambiano consigli e impressioni sui rifugi dai bagni più umani e i problemi alle estremità che mettono a dura prova il proseguimento. L’immagine del ragazzo con il secchio di plastica per il pediluvio curativo rimane più impresse di tante sindromi di Stendhal da paesaggi di Castiglia!
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p.s. in appendice al libro si trovano tutte le fotografie scattate in 26 giorni. Non un reportage fotografico professionale da guida turistica, ma immagini che potremmo fare noi per portarci a casa un ricordo del nostro cammino! Per questo più vive, più reali e umane. Mentre leggevo tenevo un dito fra le pagine della narrazione e un altro in quella sezione, per correre a vedere ogni volta cosa l’autore avesse deciso di “portarsi via” da ogni luogo.