Trama: Beit Safafa è il quartiere più ricco di Gerusalemme est. Prediletto dagli Arabi israeliani provenienti dal nord, il quartiere ha prezzi di case, carne e altri generi di prima necessità così alti che nelle panetterie vi sono due tariffari, uno per i locali e un altro per gli immigrati. A Beit Safafa vive l’avvocato protagonista di queste pagine, un giovane procuratore con una promettente carriera da principe del foro gerosolimitano davanti a sé. Vive in una villetta, due piani con salotto spazioso, cucina ultramoderna e due ampie stanze da letto. E ogni giorno raggiunge il centro a bordo della sua elegante Mercedes nera. Insomma, l’avvocato è, come si usa dire, un uomo che ne ha fatto di strada, un bravo ragazzo che ha di certo realizzato il sogno di sua madre, comune a tutte le madri arabe in Israele: avere un figlio medico o avvocato di successo.Tuttavia, ha anche un cruccio che l’affligge non poco. Si vergogna delle sue lacune in fatto di musica, letteratura, teatro e cinema. Lacune rilevanti, visto che suoi colleghi israeliani parlano disinvoltamente di tali argomenti. Perciò, di tanto in tanto fa una capatina in una vecchia libreria a dare una sbirciata ai titoli di narrativa raccomandati da Ha’aretz, il giornale cui è opportunamente abbonato. Un giorno, nel settore dei libri usati della libreria, scopre, e decide di comprare all’istante, una copia gualcita di Sonata a Kreutzer, il celebre racconto di Tolstoj, che sua moglie gli ha una volta stranamente menzionato. La sera a letto, prima di spegnere la luce sul comodino, sfoglia delicatamente il libro e, a pagina centodue, si ritrova tra le mani un minuscolo bigliettino bianco, con un testo scritto in arabo con la grafia di sua moglie: « Ti ho aspettato e non sei venuto. Spero che vada tutto bene. Volevo ringraziarti per la notte scorsa, è stata meravigliosa. Mi chiami domani?». Da quell’istante l’avvocato dismette i panni del professionista illuminato e prende quelli dell’arabo consumato dal sospetto e dalla gelosia. Umiliato nel suo onore, comincia a seguire la moglie per le strade di Gerusalemme, cercando di scoprire il suo tradimento. Si imbatterà in un giovane assistente sociale arabo, che accudisce un israeliano in stato vegetativo dopo un incidente, e cerca anche lui di trovare il suo posto nel mondo. Romanzo che descrive magnificamente l’incontro-scontro tra i due mondi, arabo ed ebraico, in una Gerusalemme dov’è impossibile non schierarsi dall’una o dall’altra parte, e dove ogni scelta è gravida di conseguenze, Due in uno ha ottenuto uno straordinario successo di critica e di pubblico in Israele.
Recensione: Non avevo mai letto nulla di Sayed Kashua - scrittore e giornalista arabo-israeliano che preferisce scrivere i suoi romanzi in ebraico - eppure questo che ho letto è già il suo terzo romanzo. I primi due (Arabi danzanti e E fu mattina) sono stati pubblicati da Guanda in passato e hanno già richiamato l'attenzione del pubblico. In enorme ritardo, pertanto, arrivo a scoprire un autore (e il suo romanzo) interessante e profondo. Due in uno può essere considerato il titolo giusto per questa storia e per entrambi i suoi protagonisti, ma non solo; due in uno sembra il riassunto perfetto di una terra divisa tra due popoli; due in uno può essere rappresentativo dello stesso autore, della sua origine araba e della necessità di farsi accettare dagli ebrei. Mi ha stupito come Kashua Sayed abbia saputo magistralmente mettere su carta la difficoltà di un'integrazione e la necessità di un'accettazione attraverso la vita dei suoi due protagonisti, estranei tra loro ed entrambi arabi. Si entra nella storia con una sorta di timore: di non riuscire a comprendere ciò che si svolgerà in quelle pagine, perché troppo distante da noi. Eppure l'autore sa mettere in scena con naturalezza e con un pizzico di ironia un dramma che non ci si aspettavamo. Leggendo la trama eravamo preparati a una storia di gelosia, tradimenti e doppia vita e invece ci ritroviamo ad avere a che fare con la sofferenza dettata dalla ricerca dell'identità, dalla necessità di costruirsene una diversa dalla propria. Incontriamo dapprima l'avvocato, poi Amir: il primo è riuscito ad affrancarsi dalle sue umili origini divenendo un avvocato di successo, costruendo il suo nuovo io attraverso l'inseguimento di status symbol materiali che contribuiscono a dargli conferme e sicurezza; il secondo, un assistente sociale in cerca di se stesso, cerca di farsi accettare dalla società non per ciò che è ma per ciò che vorrebbe essere, ossia una persona diversa. La storia dei due uomini, e l'espediente con cui l'autore intreccia le due vite, è un pretesto per descrivere la difficoltà di vivere in una terra in cui non ci si sente accolti, in cui è difficile restare se stessi senza essere guardati con pregiudizio. L'autore non ci rivelerà mai il nome dell'avvocato, lasciando che la sua professione diventi la sua essenza: dal momento in cui è diventato avvocato, l'arabo sente finalmente di far parte a pieno titolo nella comunità israeliana. Come se i soldi e il successo gli garantissero la scomparsa delle sue origini arabe. Eppure l'avvocato non si sente mai pienamente all'altezza del suo ruolo: ha bisogno di continue conferme, di essere riconosciuto dagli altri come persona intelligente, ricca, colta. Ogni settimana acquista un classico per potersi migliorare, per potersi sentire più sicuro di sé. Nell'ultimo classico acquistato, in un negozio che vende libri usati, troverà un biglietto di una donna che ringrazia un uomo per la bella serata passata insieme. La scrittura è quella della moglie, il destinatario è sconosciuto. Da quel momento l'avvocato inizia a perdere ogni sicurezza lasciando spazio esclusivamente alla gelosia più atroce. Ad alternare il racconto sull'avvocato e la sua gelosia, arrivano capitoli narrati in prima persona dal giovane Amir, assistente sociale che non ha ancora capito cosa desiderare dalla vita. La sua strada incrocerà quella di Leila, futura moglie dell'avvocato, senza che l'incontro acquisti abbastanza peso da restare impresso nella memoria dei due. Amir è alla ricerca di se stesso, o forse cerca di sbarazzarsi di se stesso per poter diventare finalmente qualcuno di cui non deve vergognarsi. Amir ha bisogno di diventare un altro, perché solo così riuscirà a vivere una vita più vera. "Voglio essere come loro" è il suo bisogno più forte, parlare come loro, avere la loro cultura, consapevolezza, disinvoltura: Amir vuole essere un ebreo. Questo è il tema di fondo della sua vita, così come della vita dell'avvocato e dell'intero romanzo. Si avverte un forte bisogno di costruirsi una identità che non sia la propria, ma sia compatibile con quella israeliana. Si avverte il desiderio di far parte di una società, di una comunità che non è la propria, ma è quella cui si aspira. Attraverso episodi a volte simpatici, a volte duri, attraverso drammi e sofferenze l'autore ci racconta la difficoltà di essere arabi e di accettarsi come tali, riuscendo a farlo con una leggerezza che non è mai superficialità, con una naturalezza tale da rendersi comprensibile e sicuramente piacevole a tutti. Una scoperta interessante da non lasciarsi sfuggire. (e aggiungo una piccola nota: trovo che la copertina sia davvero adeguata e intelligente)
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