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Recensione: Falsi dèi

Da Flautodipan @miriammas
Recensione: Falsi dèi Titolo: Falsi Dei 
Autore: Francesco Trocoli 
Editore: Armando Curcio 
Collana: Electi 
Pagine: 320 
Prezzo: 15,90 Descrizione: Dopo "Ferro Sette", proseguono le avventure di Tobruk Ramarren nell'Universo senza Sonno. La lotta contro i Longevi continua: sotto le insegne dello Stato Libero di Haddaiko, la nave spaziale Hebron è diretta verso un lontano sistema ai confini della Galassia. A bordo, a fianco del presidente Hobbes, Tobruk Ramarren è a capo di un Corpo di spedizione di "dormienti", in stato di ibernazione, che avrà il compito di insegnare il sonno alla popolazione indigena. Ma un'inspiegabile contaminazione e un attacco improvviso costringono la nave alla deriva, scagliandola in un pianeta ignoto e dimenticato. Sulla superficie del Nuovo Mondo, sarà molto alto il prezzo che il protagonista dovrà pagare per scoprire la verità della storia umana.  
L'autore:
Recensione: Falsi dèi
Francesco Troccoli, è scrittore, traduttore e speaker. Nel bel mezzo di una invidiabile carriera in una multinazionale farmaceutica, cambia vita per  dedicarsi, in gran parte, alla scrittura. Ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il Giulio Verne e il Nella Tela, pubblicato oltre trenta racconti su raccolte e riviste e ricevuto numerosi apprezzamenti della critica. Blogger tra i più attivi del settore in Italia, firma le pagine di «Fantascienza e dintorni» ed è membro del collettivo di autori «La Carboneria letteraria». Quest’anno un suo racconto concorre al Premio Italia per la categoria “racconto professionale”. Ferro Sette è il suo primo romanzo.
La recensione di Miriam:
Ferro sette ci aveva trasportati in un futuro senza sonno raccontandoci la storia di un eroe (o meglio di un antieroe) che, guidando una rivolta, era riuscito a riconsegnare questo dono all’umanità. Il suo nome era Tabruk Ramarren e, Falsi dèi, scandisce l’ora del suo atteso ritorno.
Ibernato, insieme agli altri membri di un nutrito equipaggio, il protagonista è in viaggio sulla nave spaziale Hebron per compiere una nuova missione: raggiungere i pianeti meno ricchi e meno produttivi del sistema e ripristinarvi le facoltà del sonno. Lo scopo ultimo è quello di fare nuovi proseliti che possano ingrassare le fila dei ribelli e contrastare l’egemonia dei Longevi. Prima tappa designata di questo lungo viaggio è il pianeta Maraar III.
Prima ancora di poter raggiungere la meta, tuttavia, si verificano delle strane morti a bordo e si teme che altri componenti del corpo di spedizione possano perdere la vita al termine dell’ibernazione.
Risvegliato in anticipo dalla criostasi, Tobruk sarà così chiamato a indagare sul mistero ma non sarà che l’inizio. Una volta raggiunto Marrar III, egli si imbatterà in un altro imprevisto: il pianeta appare molto diverso da come viene descritto nei documenti a disposizione della sua gente; diversa appare anche la sua popolazione che, tra le altre cose, parla una lingua sconosciuta agli harrissiani.
Che la Hebron abbia perduto la sua rotta indirizzando il suo equipaggio su un mondo sconosciuto?
Avrà inizio così una nuova avventura all’insegna di enigmi da risolvere e pericoli sempre in agguato. Partita come una comune missione tesa alla colonizzazione, quella del comandante Ramarren si trasformerà in un’impresa di ben altra portata. L’esplorazione del nuovo mondo coinciderà, infatti, con l’esplorazione di un vecchio tempo e la conquista di una verità che rimanda alle origini della storia.
Pur essendoci un filo diretto che lega Ferro sette a Falsi dèi, il primo elemento che colpisce e stupisce leggendo questo secondo capitolo della saga è il taglio differente che lo contraddistingue.
Ritornano gli stessi personaggi e la centralità del Sonno permane ma, se il volume precedente si connotava sostanzialmente come un romanzo distopico, ascrivibile al filone della fantascienza sociale, quest’ultimo ci riporta alla sci-fi più classica − quella dei viaggi interstellari e del confronto tra differenti civiltà.
Mentre Ferro sette faceva perno sull’originalità dell’idea da cui scaturiva e sulle implicazioni di carattere filosofico che la stessa idea implicava, Falsi dèi sembra rinunciare all’innovazione preferendo ripercorrere sentieri già battuti, sebbene non rinunci a reinterpretarli proponendone una riscrittura inedita. Questa volta, Francesco Troccoli si cimenta con tematiche tradizionali come l’esplorazione dello spazio e i viaggi temporali facendo della sua personale abilità interpretativa, nonché della sua capacità di reggere il peso della tradizione,  il nuovo punto di forza.
Il rapporto tra azione e riflessione, qui si ribalta a vantaggio della prima. Ampi margini per le speculazioni non mancano, ma in questo caso il ritmo è più serrato e l’avventura predomina. Lo stupore si attenua mentre piacevoli reminiscenze riaffiorano richiamando alla mente i classici della space opera (non solo in campo strettamente letterario).
Le capacità descrittive dell’autore, la freschezza dello stile, la maestria nel costruire una storia in grado di inglobare nelle giuste dosi intrattenimento e impegno, tuttavia si confermano intatte in questo come nel romanzo precedente.
Trattandosi di un capitolo di transizione, la Storia di Tobruk Ramarren non si conclude definitivamente nell’epilogo. Benché soddisfacente e per nulla sospeso, il finale ci lascia uno spiraglio attraverso cui intravedere la promessa di un seguito. Personalmente, dopo l’inattesa virata
di Falsi dèi, sono molto curiosa di scoprire cosa ci riserverà.

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