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[Recensione]- Farfalla nera di Emilio Martini, ovvero il vizio di insabbiare la verità.

Creato il 05 ottobre 2012 da Luca Filippi

Non c’è pace per il commissario Gigi Berté, protagonista di “Farfalla nera” (Corbaccio, 8 euro) secondo romanzo del misterioso Emilio Martini. Dopo la movimentata estate, che lo ha visto alle prese con il delitto de "La regina del catrame", Gigi vorrebbe godersi il soggiorno a Lungariva. Nella piccola località sulla riviera Ligure, il vicequestore con la coda è stato confinato dopo aver combinato un non meglio specificato “casino” a Milano. [Recensione]- Farfalla nera di Emilio Martini, ovvero il vizio di insabbiare la verità.E invece l’autunno si tinge di sangue. In un vicolo del paese viene trovato il cadavere di Adelaide Groppini, preside di un esclusivo liceo privato di Genova. Gigi, mezzo calabrese e mezzo meneghino, è risucchiato dal vortice di un’indagine che si preannuncia difficile, e molto delicata. La Groppini ha molti amici tra coloro che contano, e la sua morte alza un gran polverone. E il nostro poliziotto non ama né essere delicato, né trovarsi sotto i riflettori. Come non bastasse, alla pensione Aurora, dove Gigi ha trovato alloggio, si è invaghito della locandiera, la bella e formosa Marzia. “La Marzia”, come la chiama lui, sembra ricambiarlo. Peccato che lei sia (felicemente?) sposata. Peccato anche che il legittimo consorte, comandante di lungo corso, abbia fatto ritorno a casa. Insomma, troppe complicazioni per il commissario Berté. E così, tra emicranie lancinanti e indigestioni di focaccia ligure, lui si sfoga scrivendo racconti. Una passione segreta, che ritorna con prepotenza ogni volta che Gigi è sotto pressione. Mentre si dipana l’indagine sulla preside, parallelamente leggiamo la storia di Farfalla nera, una giovane donna africana, creata dalla fantasia del commissario. Una donna che troppo presto impara quanto possa essere dura la vita. A Lungariva l’assassinio della preside scoperchia un vaso di Pandora. Dietro la sua esistenza apparentemente irreprensibile, Adelaide nasconde un mondo sotterraneo, fatto di sotterfugi e squallidi compromessi. E' una donna abituata a insabbiare la verità e a vivere solo di apparenze. E così, proprio come una farfalla bruciata dal fuoco, Adelaide trova nella morte la nemesi ai suoi ingiustificati silenzi. Ottima questa seconda prova di Martini. Il personaggio del commissario-scrittore appare ancor meglio delineato, con le sue introversioni e le sue istintive antipatie, ma anche con un’autenticità e uno slancio che non possono non farcelo amare. La trama gialla è ottimamente congegnata e rivelata al lettore passo dopo passo. Godibile la carrellata degli archetipi della provincia: il genero che campa a spese della suocera, il marito cornuto che cerca inutili rivalse in amori a pagamento, i ragazzini viziati del liceo. Il valore aggiunto del romanzo sta tuttavia nel coraggio con cui, nelle ultime pagine, la risoluzione del caso scioglie un grumo di sofferenza e di silenzi. Un epilogo amaro, in cui convergono le due storie – l’indagine sulla preside e la novella del commissario-, ma anche un monito per tutti noi. Apriamo gli occhi per seguire il volo delle nostre farfalle. Bella prova, misterioso Martini, ora aspettiamo l’inverno del commissario Berté, la terza puntata: “Chiodo fisso”, atteso per novembre.

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