L’Italia, quel paese creativo, solare, allegro, della dolce vita che vede sempre il bicchiere mezzo pieno, emerge da ogni catastrofe e piace tanto a tutti. E l’Italia dagli occhi tristi, che riesce a non annegare, a convivere con la miseria, il degrado e il senso di colpa. Esatto, quella sensazione di fallimento misto a responsabilità che ci è stata inculcata da secoli di storia non sempre esattamente gloriosa ma di sicura matrice cristiana. Ma l’Italia è anche quella colta, ironica e forte, con le aule ricolme di adolescenti parcheggiati durante gli anni in cui sono in balia degli ormoni imbizzarriti, mentre la società è sempre più crisi e dimentica quella scuola senza risorse, in mano ad un gruppo di persone dall’indole di Don Chisciotte che ogni giorno stoicamente ci prova pur sapendo che probabilmente sarà un fallimento.
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Eccoci qui, in un liceo capitolino non per il consueto affresco coatto, nessuno scorcio romano o circoscritto ad altro luogo preciso, solo una classe qualunque dell’Italia di oggi. Tanti giovani obbligati a trascorrere molto tempo insieme loro malgrado, costretti a conoscersi, a sopportarsi forzatamente e scontrarsi quasi per forza. Stanchezza, degrado, strafottenza, ignoranza, umiltà e curiosità verso il mondo vengono frullati e concentrati in uno spazio troppo ristretto in cui sogni, speranze e menzogne si confondono mentre ci raccontano la vita e la confrontano con quella dell’uomo dall’altra parte della cattedra, il professore, l’unico adulto in classe.
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È un uno contro tutti! Cosa può fare il singolo di fronte al branco? Riuscirà a resistere? Sino a dove potrà spingersi? Ma soprattutto quali speranze di successo o anche solo di fare breccia negli animi disinteressati dei giovani alunni avrà questa figura caduta in disgrazia? L’insegnate, quel mentore adulato nei secoli andati che nei tempi moderni è sottovalutato e spesso maltrattato. Quanti ripongono ancora in questa figura fiducia e credono possa formare i propri figli? Ben pochi, vero?
E sono gli occhi e il vissuto di Marco Lodoli ad aver ispirato il regista Giuseppe Piccioni e la sua storia che oggi approda sul grande schermo. Un libro carico di esperienze divenuto un garbato film dalla (talvolta) sagace risata un po’amara. Scontro generazionale tra i banchi, ma pure tra professori e tra docenti e pubblica amministrazione. Tutto è accennato, nulla è urlato, sbandierato o sguaiato.
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Inaspettatamente una pellicola nostrana riesce ad intrattenerci piacevolmente, grazie anche ad interpreti perfettamente calati nella parte ed in situazioni che non divengono mai troppo leggere o pesanti. Intelligente narrazione che riesce ad unire una triste realtà con un messaggio mai angosciato o angosciante. Il film non è pesante, la storia a tratti si fa intrigante e solare. Menzione speciale a Roberto Herlitzka magnifico interprete di un personaggio che presto mancherà nel panorama dell’istruzione: l’insegnate di una volta, carico di sapere e saggezza che si ritrova a gettare nel vuoto vere e proprie perle, lo sa ed è disincantato da un mondo che va alla rovescia. Unico in grado di farsi rispettare in un’aula, invidiato in sala professori, incompreso da una società che non è più la sua. Nostro vero rimpianto in un futuro non troppo lontano.
Voto dal 6 al 7, massimo sostegno ad un cinema italiano che rimbocca le maniche, non rinuncia alla propria storia (cinematografica e non solo) ed ha innegabili qualità. Il Rosso e il Blu è una fotografia di quotidiana dignità.