Compito del giorno: una volta lasciata la scrivania, concluso il giardinaggio, completato le commissioni, o qualunque altra cosa stiate facendo in questo 30 aprile, il miglior regalo che possiate farvi è ritagliarvi 90 minuti per voi, andare al cinema e puntare determinati alla sala in cui proiettano “Locke”.
In una stagione di alti e bassi, costellata da super-eroi e travolta da una valanga di filmini che hanno deluso le aspettative, “Locke” emerge, è il vostro premio di primavera, è uno di quei casi in cui un attore belloccio, che fa sognare le ragazzine, ha talento da vendere e sa pure calcare il palcoscenico. E parlo di quello intimo di un teatro, in cui sei a nudo difronte a un pubblico impietoso in caso di errori, sbavature, tentennamenti. Tom Hardy dimostra di riuscire a tenerci testa, anzi di poterci sfidare e alla fine avere la meglio.
Tom Hardy in una scena di “Locke” – Photo: courtesy of GoodFilms
Il coraggio di Steven Knight merita un appaluso: con una buona sceneggiatura in mano, pericolosissima per la sua carriera e per quella del protagonista, punta tutto su Tom Hardy e riesce a stupire, rapire, ammaliare, vincere tutto e le resistenze di tutti. La critica per una volta è compatta, senza distinzione alcuna, neppure di nazionalità, cultura o sensibilità: all’unanimità promuove la pellicola, la elegge a sorpresa dell’anno, a opera perfetta, a sogno ad occhi aperti. E noi non possiamo che unirci al coro, perché “Locke” è di un equilibrio e di un’intensità rari nell’attuale panorama cinematografico.
Ma chi è Ivan Locke? È un capo-cantiere, il migliore in circolazione, è responsabile di grandi imprese e stasera si è messo in auto con uno scopo preciso, soprattutto diverso dal solito. Con una lucidità che costerebbe a chiunque il sistema nervoso, imbocca l’autostrada in direzione Londra per fare ciò che è giusto in modo efficiente, coordinando il lavoro e la famiglia senza MAI crollare.
Tom Hardy in una scena di “Locke” – Photo: courtesy of GoodFilms
Minuto dopo minuto scopriremo qualcosa in più su ciò che ha in mente quest’uomo. Emergeranno i suoi piani, i suoi segreti, i suoi pregi e limiti. Lo stimeremo, lo odieremo, ci immedesimeremo al punto da provare compassione, paura, e tifare per lui come se fossimo anche noi in quell’abitacolo. Esatto, il film si svolge tutto in un veicolo, mentre sfreccia a 90 miglia orarie verso la City. Conosceremo i colleghi, la famiglia, gli amici, attraverso le conversazioni del guidatore. Nonostante si veda sempre un unico attore al volante, inquadrato da sole tre angolazioni, il resto del cast pian piano prende forma e alla fine ci illudiamo di aver visto una storia ricca di personaggi, con un protagonista così reale da poter essere uno di noi, una persona cara o un collaboratore.
Tom Hardy è semplicemente incredibile nell’essere credibile. Mentre l’uomo-Locke emerge, siamo rapiti dalla sua umanità e dalla perfezione con cui l’attore modifica l’espressione e i toni, tra scatti di rabbia, commozione e un’infinita e impostatissima concentrazione. Hardy riesce a esprimere così tante umane caratteristiche da farci dimenticare vi sia uno schermo tra noi e lui, ci trascina in quell’automobile e non ci lascia andare sino a quando siamo più esausti del suo Ivan.
Tom Hardy in una scena di “Locke” – Photo: courtesy of GoodFilms
“Locke” è un’opera drammatica con più suspense del migliore thriller; è un’intensa parabola discendente che neppure le migliori intenzioni riescono a frenare; è un tremendo specchio dell’anima; ci ricorda il potere devastante della debolezza umana che solo a fatica il raziocinio può contenere; ci mostra l’ineluttabilità del destino, del DNA, delle imperfezioni incorreggibili, e come le cose capitino tutte insieme per una ragione, anche quando essa a prima vista ci sfugge.
“Locke” è un film da vedere: ci emoziona, ci disarma e ci rammenta perché amiamo tanto la settima arte.
Vissia Menza