Stop. Fermo immagine. Rewind, andiamo indietro sino al 1974, torniamo a Newt in Texas e rivediamo gli eventi di quasi quarant’anni fa nella casa della famiglia Sawyer, in cui la scelta di proteggere un figlio con abitudini poco ortodosse ha comportato una vera e propria esecuzione sommaria per mano di improvvisati giudici e boia. Ora ritorniamo al 2013, ci spostiamo di un bel po’ di chilometri e incontriamo la giovane Heather che un giorno eredita una villa (da una parente di cui ignorava persino l’esistenza) che, com’è facile intuire, aprirà la porta a ricordi e persone che credevamo sepolti.
Inizia così il nuovo capitolo di “Non Aprite quella Porta”, un vero e proprio sequel dello storico film diretto da Tobe Hooper, che ci fa ri-incontrare diversi membri del cast originale (Gunnar Hansen, Marylin Burns e Bill Moseley). Inevitabile che protagonista si ritrovi faccia a faccia con la storia della famiglia Sawyer e che lei stessa divenga un nuovo tassello di un puzzle che si rivela differente da come credevamo e altrettanto scontato è che i suoi compagni di viaggio faranno una gran brutta fine…
L’idea di sfruttare il successo dell’opera originale era indubbiamente buona, se non fosse che il risultato ha ben poco di horror e molto di comico. Nonostante, infatti, i passi da gigante di tecnologia ed effetti speciali, non si prova mai paura e ogni scena che dovrebbe farci saltare dalla seggiola è talmente chiamata da apparire quasi fuori luogo; l’uso del 3D che dovrebbe far piombare sulle nostre teste brandelli umani e la famigerata motosega, neppure si avverte; e – solo per citare un esempio – “l’insalata” che trionfa in una delle prime scene pseudo-splatter, ci fa faticare non poco ad associare i cilindretti gommosi in primo piano con delle dita umane.
Ma non finisce qui, una menzione particolare meritano i protagonisti di quest’avventura che vorrebbe aprire lo spiraglio ad una possibile saga. Il fatto è che il cast, sicuramente non aiutato dalle situazioni troppo telefonate per suggestionare il pubblico famelico di paura, non è mai credibile e la recitazione ci fa sospirare non poco. L’ilarità in sala nella seconda metà della pellicola diviene, addirittura, plateale al punto che a più di una persona è sorto il dubbio di essere di fronte ad uno spin-off di “Scary Movie”, indice di inesorabile delusione.
Lascia da ultimo perplessi che non vi sia neppure un tentativo di nobilitazione di un genere che seppur splatter vanta un folto gruppo di affezionati cultori che probabilmente rimarranno di stucco davanti alla grossolanità di questo film. Perché se gli effetti sono poco accurati (e talvolta grotteschi) e la recitazione è scolastica, la tensione non è neppure accennata col risultato di avere solo un interminabile elenco di cosa NON si debba fare quando ci si prefigge l’obiettivo di confezionare un film dell’orrore (e qui vi è pure l’aggravante di proporsi come sequel).
Dato che i mezzi e l’esperienza per offrirci un gran bel lavoro c’erano, il mio voto finale è una bocciatura piena. Un merito però lo devo riconoscere: offrirà la possibilità a tutti i curiosi dal cuore tenero di fare un’incursione in un genere a loro normalmente proibito, senza procurarsi incubi notturni. Pellicola che potremmo quindi definire una piacevole intro all’horror e vista sotto questa luce, quasi quasi potrei promuoverla