Recensione: Folle estate

Creato il 05 aprile 2012 da Topolinamarta

Lascio da parte per un attimo il progetto per scrivere una recensione che dovevo fare già da un po’ di tempo.

Titolo: Folle estate
Autore: Giulio Pinto
Genere: narrativa
Editore:  Gruppo Albatros – Il filo
Collana: Nuove Voci
Pagine: 360
Anno di pubblicazione:  2011
ISBN:  9788856742473
Prezzo:  €19,50€
Formato: brossura
Valutazione:

    

La Folle estate è quella di Silvia, insegnante in un liceo statale e nella scuola privata di proprietà familiare, e di Samuele, poliziotto a suo modo “integerrimo”. I due amanti vivranno avventure fuori del normale, tra corse di cavalli, tesori trafugati, truffe e leopardi “da compagnia”. Un romanzo particolare che parla di un mondo “pazzoide” di personaggi curiosi e al di fuori della legalità, di problemi scottanti e ancora attuali come le Brigate Rosse e la Banda della “Uno” bianca, il tutto condito dai ragionamenti originali e dotti dell’autore, in una scrittura pantagruelica e mista, di gaddiana memoria.

Come la disastrosa verifica di ieri mattina ha avuto la premura di ricordarmi, io e la fisica non siamo mai andate d’accordo. Ciononostante, a volte mi capita di leggere certi romanzi che risvegliano l’”istinto fisico” che c’è in me e che mi facciano venire una voglia sopraffina di ripassare il moto parabolico dei proiettili, lanciando il malcapitato libro dalla finestra… Ma ho deciso che per tutte le vacanze non voglio più sentire parlare di fisica, perciò mettiamoci seri e torniamo a parlare della recensione.

Ho fatto davvero una fatica tremenda a concludere Folle estate, tanto che più di una volta ho avuto l’istinto di seguire il 3° diritto del lettore di Pennac, quello che non obbliga a finire il libro. Tuttavia ho stretto i denti e, in un modo o nell’altro, ci sono arrivata in fondo.
Perché tutta questa fatica?, domanderete voi. Be’, permettete che vi illustri il mio parere.
La sensazione dominante che ha caratterizzato tutto il libro, fin dalle prime pagine, è stata una snervante pesantezza: frasi contorte e di difficile comprensione (più di una volta sono stata costretta a tornare indietro per rileggere), perlopiù scritte con un carattere aulico che però risulta spesso eccessivamente pomposo, e per questo sgradevole.
L’aspetto peggiore di questo stile tutto sommato ridondante, tuttavia, è che in Folle estate la pesantezza gira a braccetto col fenomeno del cosiddetto “muro di testo”… che in questo caso è poco meno della Muraglia Cinese.
In pratica, l’intera storia si articola in quattro capitoli piuttosto lunghi (il secondo, quello maggiore, è più di 100 pagine), e ciascun capitolo è un unico blocco di testo. Avete capito bene: è scritto tutto di fila, senza neanche una riga di spazio, nemmeno quando servirebbe per separare le varie scene.

Il risultato è che, per esempio, a pagina 15, dopo aver conosciuto uno dei protagonisti che risponde al nome di Samuele, si “salta” di punto in bianco nella testa di Silvia, altro personaggio importante: dato che non era mai stata nominata prima di allora, un cambio di scena così repentino senza – ripeto – nemmeno una riga di spazio è stato piuttosto scioccante, oltre che fastidioso.
Penso che a volte nemmeno l’editor più bravo e preparato del cosmo sia in grado di fare miracoli, ma sono del parere che, almeno in questo caso, una passata di editing più approfondita avrebbe aggiustato o perlomeno migliorato molte cose, come la scarsa scorrevolezza di stile.
Invece, per quanto riguarda lo stile, ho beatamente ronfato per buona parte della lettura, anche se ciò non mi ha impedito di andare a caccia anche di quei (rari) aspetti positivi. Per fortuna sono riuscita a trovarne almeno qualcuno, perciò continuate a seguirmi.

La caratteristica più evidente, secondo me, è questa: si sente che l’autore si è molto documentato sulla cronaca italiana, sulle corse dei cavalli e, in generale, sulle situazioni che fanno da sfondo al libro, e questa sua profonda conoscenza viene fuori ogni volta che se ne presenta l’occasione. Il rovescio della medaglia, però, è che spesso l’importanza data al background sia risultata a mio parere eccessiva: sembra che la storia vera e propria non fosse nient’altro che un pretesto per particolareggiare il sottofondo, l’unico autentico punto forte del libro. Il risultato, ahimè, è che la trama risulta priva di un filo conduttore che la porti dall’inizio alla fine.
Un’altra cosa che mi è piaciuta abbastanza sono stati i personaggi: brillanti, carismatici e con una personalità fuori dagli schemi, come piacciono a me. Inoltre, l’ironia con cui descrivono le varie situazioni a volte è stata davvero divertente: si percepisce che è stata dedicata molta cura nella loro caratterizzazione, e i risultati si vedono.

A mio parere, dunque, Folle Estate è uno di quei romanzi che solo i diretti appassionati possono gustare veramente: i pregi non mancano, ma bisogna saper scavare a fondo per riuscire a trovarli e ad apprezzarli, e purtroppo non è sempre facile.

*       *       *

Silvia negli ultimi giorni di scuola era molto stressata. Doveva cambiare quasi tutti i giudizi analitici e soprattutto sintetici degli alunni che nei due diplomifi… ehm… nelle due scuole di famiglia avrebbero affrontato gli esami di maturità. Era un lavoro enorme. Anche nel ginnasio statale, dove insegnava materie letterarie, latino e greco, doveva formulare i giudizi, ma naturalmente solo in merito alla sua classe ed alle sue materie. Lavorando di giorno, sia nella scuola statale che in una delle due scuole parificate dei suoi genitori, il Crispo Gaio Sallustio, che comprendeva l’istituto magistrale ed il liceo classico, si ritrovava perciò a fare le ore piccole davanti ad un computer per “revisionare” i giudizi in questione.
Silvia dedicava gli ultimi giorni di lezione nella classe terza del liceo classico ad insegnare ai suoi alunni come copiare una versione senza farlo capire a chi passava tra i banchi, elemento di fondamentale importanza per la preparazione della seconda prova scritta della maturità.


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