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Recensione: Frankenweenie

Creato il 25 gennaio 2013 da Giobblin @MrGiobblin
Recensione: Frankenweenie
1984: un giovane Tim Burton lavora presso gli studi Walt Disney e realizza Frankenweenie, un cortometraggio live-action incentrato sull'amicizia tra un ragazzo e il suo cagnolino. Una storia classica che più classica non si può, se non fosse che il cagnolino in questione muore...per poi essere resuscitato dal padroncino grazie al potere della scienza. La Disney licenzia Burton, accusandolo di aver sprecato preziose risorse per un cortometraggio troppo cupo e strambo per essere proposto al pubblico infantile. 2012: dopo essere tornato nelle grazie degli studi Disney Burton riprende in mano il suo vecchio cortometraggio e lo trasforma in un film in stop-motion, chiudendo così il cerchio e ottenendo una (piccola?) rivincita. Frankenweenie segna anche il grande ritorno del regista al cinema d'animazione, territorio perfetto per dar vita ai suoi strambi ed inconfondibili personaggi.
Recensione: Frankenweenie
Chi scrive aveva perso quasi ogni speranza riposta in Burton. Dark Shadows, il suo ultimo film in live action, è un pasticcio senza arte nè parte, e non fatemi parlare di Alice in Wonderland, per cortesia. Il Burton degli anni 2000 ha toppato spesso pur confezionando alcuni film davvero lodevoli (Big Fish, La Sposa Cadavere) e pareva ormai intrappolato in una spirale discendente fatta di collaborazioni "a zero sforzi" con Johnny Depp e Danny Elfman. Posso tuttavia affermare, tirando un bel sospiro di sollievo, che Frankenweenie aggiusta il tiro e riporta la media di Tim Burton a livelli accettabili. Una sorta di ritorno alle origini, se vogliamo, con uno stile unico e una realizzazione tecnica impeccabile.
Recensione: Frankenweenie
Rigorosamente in bianco e nero, con una stop motion fluida e assolutamente in grado di competere con la CGI dura e pura dei moderni film d'animazione, Frankenweenie è una classica storia di amicizia e allo stesso tempo un calderone di strizzate d'occhio e citazioni ad una cinematografia tanto cara a Burton (e ai geek come noi). I capisaldi horror Universal e Hammer sono i più presenti (Sparky è un ovvio rimando al mostro di Frankenstein, ma abbiamo anche un gatto-vampiro, un criceto mummificato e una sorta di "ratto mannaro"), Vincent Price è esplicitamente omaggiato tramite l'eccentrico professor Rzykruski, e persino i film di kaiju hanno un posto d'onore.
Recensione: Frankenweenie
L'inconfondibile character design di Burton dà vita a personaggi... diciamo, eccentrici. La classe del protagonista Victor è una collezione di freaks e mostriciattoli assortiti, tra cui un gobbo deforme, una ragazzina allucinata, un colosso con la testa squadrata, e uno scienziato pazzo in erba. Se amate i suoi modellini di plastilina (vedi The Nightmare Before Christmas o La Sposa Cadavere) sapete già cosa aspettarvi. Torna poi un altro elemento tanto caro a Burton, la suburbia americana tanto impeccabile quanto bigotta e assolutamente impreparata ad ogni incontro col "diverso". Non ci sono i toni pastello di Edward Mani di Forbice, ma anche la grigia New Holland è più che disposta ad allontanare ogni elemento destabilizzante, che si tratti di un professore di scienze o di un  affettuoso cagnolino riportato in vita dal suo proprietario.
Recensione: Frankenweenie
E ancora una volta (ennesimo caposaldo della cinematografia burtoniana) sono i freaks, i mostri, e i defunti stessi ad avere più cuore degli esseri umani. L'esperimento condotto da Victor con tutti i buoni propositi possibili darà il via ad una serie di catastrofici eventi che cambieranno per sempre la cittadina. Apprezzabile (anche se gestito in maniera approssimativa) il tentativo di illustrare agli spettatori come la scienza non sia di per sè buona o cattiva, ma di come siano le intenzioni dello scienziato a condizionare gli esiti di ogni esperimento. Frankenweenie è una "vittoria facile" di Burton, un autentico distillato delle sue stramberie più popolari che non può non conquistare. I maligni potrebbero insinuare che non si tratti altro che di un frullato di "già visto, già fatto" realizzato ad arte: il cortometraggio originale allungato a dismisura aggiungendo in parti uguali Ed Wood, Edward Mani di Forbice e La Sposa Cadavere. Mi trovo d'accordo, nel senso che è evidente l'intento di richiamare i vecchi film del regista, ma non si tratta necessariamente di una brutta cosa. Per quanto mi riguarda avrei dato un pò di mordente in più a certe scene, rinforzato alcuni personaggi (come Elsa, ad esempio) e, a costo di sembrare cinico, rimosso l'ultimo stralcio dell'happy ending (identico a quello del vecchio cortometraggio). Ma sono opinioni, e ai più piccini andrà benissimo così.
Recensione: Frankenweenie
Frankenweenie è un film che merita la vostra attenzione. Non è il miglior Burton di sempre, ma risolleva l'appeal del regista dopo la deludente serie di pellicole degli ultimi anni. Ah, e nel caso ve lo steste chiedendo: ParaNorman è comunque infinitamente meglio. Non si può battere la perfezione, sorry. ;)

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