Questa settimana sono stata un po' latitante per via degli impegni lavorativi, ma ho già ben tre post abbozzati per i prossimi giorni, quindi la prossima sarà una settimana ricca e varia!
Oggi, però, mi dedico a una recensione, anche perché con questo libro partecipo alla #Secretbookchallenge del blog My Secret Diary ed è l'ultimo giorno per svolgere questo compitino!
La sfida prevede che per ogni mese si scelga un libro il cui titolo (o autore) cominci con la lettera del mese in corso: per Gennaio ho scelto "Garden - Il giardino alla fine del mondo" di Emma Romero.
Titolo: Garden - Il giardino alla fine del mondo Autore: Emma Romero Editore: Mondadori Data di uscita: aprile 2013 Genere: Distopico Collana: Chrysalide Prezzo: 14,99 € (cartaceo) / 7,91 € (ebook) Pagine: 270 Link per acquisto: amazon
Sinossi: Il ritardo è negligenza. La negligenza è disordine. Il disordine è il seme della perdizione. Maite è tra le operaie più efficienti nella fabbrica in cui lavora. In fondo non ha scelta: se commettesse un'infrazione sarebbe punita con la morte. Maite coltiva in segreto la sua passione, il canto, e sogna di raggiungere il leggendario giardino alla fine del mondo, dove si narra vivano i ribelli in completa libertà e dove pare siano sopravvissute le lucciole. Perché il suo paese è diventato una prigione fredda e spoglia. Dopo una lunga guerra, l'Italia è stata divisa in Signorie e, per impedire il ritorno al caos, le arti e le scienze sono riservate a una casta di eletti, mentre gli esclusi sono condannati a una vita di obblighi e privazioni. L'unica fonte di svago è la Cerimonia, la grande festa celebrata per l'anniversario della Rinascita. Maite ha sempre voluto esibirsi su quel palco, ma il giorno in cui potrà finalmente ottenere il suo riscatto scoprirà che, in un paese che ha ucciso ogni speranza, anche dai sogni si può desiderare di fuggire... Un romanzo italiano dal sapore internazionale che dipinge con lucida spietatezza uno scenario più vicino di quanto possiamo immaginare.
Le recensioni e gli articoli di Universi Incantati
Leggere questo libro è stata una tortura, e se non l'avessi scelto per la challenge lo avrei mollato dopo le prime venti pagine. Essendomi ridotta al 26 del mese ormai era tardi per cambiare libro, e se volevo scrivere una recensione dovevo continuare, seguire tutta la storia prima di poterla giudicare. Purtroppo, però, il mio giudizio non è cambiato.
Non sono mai stata curiosa di scoprire come andava a finire, questo perché la trama è inconsistente, insensata; assistiamo passivi ai movimenti della protagonista Maite in questo mondo che è appena abbozzato.
Fortunatamente è un libro che mi sono aggiudicata grazie a un giveaway, ma lo avevo comunque scelto attirata dalla prospettiva di leggere un distopico italiano che affondasse le radici (e trovasse ispirazione) nella nostra cultura, richiamata anche dalla fascetta gialla che cita a caratteri cubitali: "l'Hunger Games italiano".
Al di là della trovata commerciale, il libro è davvero una fastidiosa scopiazzatura di "Hunger Games": c'è la povertà, la fame, e qui anche la sete, ma non sono affatto resi con la stessa drammatica intensità dell'opera di Suzanne Collins; si limitano ad essere un contorno, così come la società e la distinzione tra ricchezza e povertà.
Ci sono le telecamere che sorvegliano le genti e la stessa idea dei filmati che si diffondono come una legge che ricorda costantemente cosa accade a chi si oppone alle autorità, ma non bastano qualche sparizione e qualche morto per rendere la storia credibile.
C'è un Presidente, solo che invece di chiamarsi Snow si chiama Octavio, e tra lui e Maite s'instaura una conversazione che ricalca fin troppo quanto già visto ne "La ragazza di fuoco".
C'è un triangolo amoroso che coinvolge la protagonista: da una parte ha l'amico Luca, e dall'altra ha Einar, il figlio del Presidente che non si riesce subito a inquadrare bene da che parte sta, un po' come Peeta. Ma non coinvolge, non tiene sulle spine, perché ognuno di questi personaggi si muove come un burattino che si comporta così semplicemente perché è così che si deve comportare, punto. Sembrano seguire un copione; nessuno di loro è caratterizzato nella sua individualità.
La cosiddetta "Mietitura" di Hunger Games è sostituita dall'"Assegnazione", e i Giochi diventano qui la "Cerimonia", un evento televisivo dove coloro che sono stati assegnati al ruolo di "Artisti" (Tributi?) sfoggiano le diverse arti fino a quella che è forse ritenuta la più sublime, quella del canto.
E qui arriva il peggio: quanto è forzata la scena che coinvolge Lucilla! Si sente l'autrice che mirava a questo e non si cura di alcun dettaglio, che sia la descrizione della sequenza o i sentimenti.
Questi personaggi non hanno emozioni.
Riguardo le descrizioni, sono limitati anche i riferimenti al nostro paese, ossia l'aspetto che più cercavo in questo romanzo.
Sappiamo solo che le vicende sono ambientati ad "Amor", che è Roma detta al contrario, e purtroppo, che la nostra penisola sia divisa in signorie resta una frase di testo: nessuna spiegazione e nessuna scena ci viene mostrata.
E' una storia incapace di dare stimoli perché, effettivamente, non narra nient'altro che i movimenti di una sventurata di cui non ci è nemmeno chiaro lo scopo, perché persino il leggendario Garden non è un sogno credibile! Garden può rappresentare il desiderio di ognuno di trovarsi in qualsiasi altro posto anziché in quelle fabbriche, ma nessuno a parte Maite sembra conoscerlo, e l'immagine che abbiamo è troppo scarna. La trama è incongruente: nei primi capitoli, Maite dimentica la cuffia di rete quando è una cosa contro il regolamento, eppure non le accade nulla, mentre all'amica Erika solo perché arriva in ritardo al lavoro viene fatta sparire con la prospettiva che le capiti il peggio. Poi ancora, Maite e Luca che fingono di passeggiare tranquillamente: sono equipaggiati di zaini per la fuga ma nessuno s'insospettisce, mentre un destino ben diverso è riservato al fratello di Erika e senza tanti preamboli.
Il motivo per cui Maite è arrestata, poi, è davvero assurdo: perché fare una cosa che ormai si sa che porta a determinate conseguenze, se poi queste conseguenze le vuoi evitare? Quello non è un gesto d'affronto, ma un'altra forzatura nella trama.
Non mi sono piaciute nemmeno le scene d'azione: in generale credo che sia più difficile creare certe scene quando si narra in prima persona, ma non penso sia questo il modo di farlo, anche perché Maite sembra ricalcare le azioni di una che fa la spia di mestiere, e oltretutto combatte come una lottatrice allenata; un po' troppo per una diciassettenne dalle umili origini e poco nutrita.
Mi dispiace dare così tanti giudizi negativi, ma la cosa che più mi ha colpito di questo libro è che non solo non mi ha trasmesso un messaggio di speranza o mi ha dato spunti su cui riflettere, al contrario, l'ho trovato alquanto deprimente.
Il finale che lascia intuire un seguito è l'unica scena che mi è veramente piaciuta, capace addirittura di riaccendermi l'interesse. Ma la carenza di basi in questo primo romanzo mi allontanano dall'idea di acquistare un eventuale seguito.
Il voto di Universi Incantati: